«Caro Segni, tu ci hai danneggiati» di Pierluigi Battista

«Caro Segni, tu ci hai danneggiati» «Caro Segni, tu ci hai danneggiati» I candidati sconfitti si sfogano contro il leader ROMA. Il mancato sindaco di Ancona è furibondo. Carlo Marcelletti, il cardiocliirurgo candidato dei «partisti» che non è riuscito a piazzarsi al gran finale del ballottaggio, rilascia dichiarazioni di fuoco contro Mario Segni: «La sua posizione, che ha suscitato perplessità ed equivoci per le sue supposte lontananze o vicinanze dal pds, ci ha nuociuto». Proprio così: Segni «ci ha nuociuto». Il suo carisma non è bastato, il suo trasversalismo si è ritorto come un boomerang, i suoi tentennamenti hanno sortito un effetto negativo. Per la prima volta la stella di Segni esce come offuscata dal responso delle urne. Non si stappano bottiglie di champagne, non vengono diramati bollettini trionfali. La Prima Repubblica esce sconvolta e irriconoscibile dal terremoto che l'ha investita. Ma l'uomo che con i referendum elettorali ha acceso la miccia sotto le fondamenta del regi¬ me sembra consegnare ad altri protagonisti la palma del primato. Mario Segni non si scompone. Anzi, sembra che sprizzi soddisfazione da ogni poro. «Emerge prepotentemente la voglia di cambiamento della gente e la volontà di spazzare via il vecchio», dice Segni. Parla di «aggregazione di rottura», di «nutrita presenza di cattolici democratici», e naturalmente di urgenza della riforma elettorale. Eppure i numeri dicono che malgrado il big bang del vecchio sistema, lo spappolamento della de, i plebisciti riservati al «nuovo», il tracollo del centro, nonostante tutto questo, le liste che fanno riferimento ai «Popolari per la Riforma» non hanno raggranellato granché. Loro, i «Popolari», dicono invece che non è andata malaccio. «A Torino con Castellani e soprattutto a Catania con Bianco, abbiamo avuto successo», ripe¬ tono in coro. Cesare San Mauro, segretario generale dei «Popolari», aggiunge i brillanti risultati di Ravenna, di Città di Castello, di Cassino. A Milano Teso non è riuscito a sfondare? «Ma ha ottenuto un risultato senz'altro lusinghiero», replica San Mauro, «soprattutto se si tiene conto dei tempi brevissimi che abbiamo avuto a disposizione». Segni aggiunge che la colpa è dell'«egoismo degli altri due candidati del centro». Intanto però il nome di Teso viene associato a Milano, assieme a quelli di Bassetti e Borghini, alla disfatta del centro e al trionfo delle due estreme. Poi c'è il buco nell'acqua di Belluno, dove il candidato pattista non entra nel ballottaggio. Poi il tonfo di Ancona e quello di Grosseto. E il destino ha voluto che pure nella Sardegna di Mariotto, per l'esattezza in provincia di Nuoro, i «partisti» siano stati sconfitti. Dalle urne l'unità politica dei cattolici esce frantumata, ma i Popolari per la riforma che hanno rotto con la de non ne hanno approfittato. Colpa della mano tesa di Segni alla sinistra e al pds, dice il candidato di Ancona bocciato dagli elettori. L'unica via resta «la costruzione di nuove aggregazioni che sappiano prendere le distanze sia dall'arroganza delle Leghe, sia dall'atteggiamento anacronistico e distruttivo delle sinistre estreme», spiega Segni. Ma intanto Bossi e Orlando cantano vittoria, e con il conforto dei risultati di domenica il pds si dimostrerà vieppiù restio a sciogliersi nel capiente contenitore di Alleanza democratica. Ma proprio una «grande alleanza di persone e di culture» continua ad essere l'obiettivo di Segni. Ma per stappare lo champagne, stavolta bisogna aspettare un'altra occasione. Pierluigi Battista