Dal celerifero alla bici di Silvia Francia
Due ruote in mostra all'ex Maggiora di Collegno Due ruote in mostra all'ex Maggiora di Collegno Dal celerifero alla bici Cento modelli, alcuni rarissimi, raccontano le tappe fondamentali Le fibre di carbonio hanno sostituito il legno di rosa scolpito Viaggio nel tempo sulla «Bicicletta dalle origini ai giorni nostri». Questo è il titolo della mostra allestita a Collegno, nello stabilimento ex Maggiora in corso Francia 178, aperta fino al 16 giugno (tutti i giorni 10-19, il mercoledì dalle 15 alle 19; biglietti 5 mila lire). L'esposizione, inaugurata l'altra sera, è organizzata dal comune di Collegno, da Regione e Provincia, e dal «Museo Miscellaneo Galbiati» di Brugherio, da cui provengono quasi tutti i reperti in mostra. Una vera e propria pedalata a ritroso nella storia della due ruote, attraverso un centinaio di esemplari autentici e tutti funzionanti, alcuni dei quali piuttosto rari. Si comincia dalla preistoria, vale a dire dal tardo Settecento, quando furono costruiti i primi «celeriferi» (dal latino «portare velocemente») senza manubrio né pedali: per avanzare si puntavano i piedi a terra. In compenso, l'aspetto era pregevole: un travetto in legno di rosa scolpito a forma di coccodrillo, collegato alle due ruote. Ancora in legno e senza pedali, ma più elaborata, la «draisina» del 1820 circa (costruita in Germania dal barone Von Drais), completa di «poggiapancia» per consentire una più efficace spinta coi piedi. Il percorso continua con la «michaudina» (dal costruttore Ernesto Micbaud) con telaio in ferro, finalmente completa di pedali montati sulla ruota anteriore e di fanale. Poi le successi- ve evoluzioni: dai freni alla catena, dai sedili molleggiati alle ruote in gomma (le prime erano in legno). Una storia cadenzata su nomi che sanno d'antiquariato: dal celerifero, appunto, al velocipede, dal biciclo al triciclo, dal bicicletto (proprio così: declinato al maschile) sino all'attuale bicicletta. Non mancano vere.e proprie chicche, come lo spettacolare monociclo costruito nel 1869 dall'artigiano marsigliese Rosseau e appartenuto ad un clown. «Un ingegnoso ingranaggio alto due metri, in cui il velocipedista si trova a pedalare sistemato all'interno della ruota stessa» spiega il cavalier Fermo Galbiati, fondatore deh'omonimo museo. Altra rarità, il veicolo usato dai vigili del fuoco, accessoriato di manichetta per l'acqua arro- tolata nel telaio, elmetto e «piede di porco», quelli in dotazione all'esercito all'epoca della prima guerra mondiale. Non mancano tricicli giocattolo per bambini, bici da sci o bici-taxi, modelli pieghevoli, oltre a un carretto da gelataio su ruote: pregevole pezzo Liberty degli Anni 30. Emozioni agonistiche, invece, con il «ciclo Mexico» su cui Giuseppe Saronni vinse nell'83 il Giro d'Italia. Per coronare con una bella pedalata questa «full immersion» nel mondo delle due ruote, ci si può iscrivere domani al «Giroverde '93», corsa non competitiva di 10 chilometri, con partenza alle 9 da piazza Torello a Collegno (la quota è di 6 mila lire, informazioni al 401.52.22). Silvia Francia Una testa di coccodrillo e due ruote da carrozza, ecco la nonna della bicicletta
Persone citate: Ernesto Micbaud, Galbiati, Giuseppe Saronni, Viaggio, Von Drais
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