Franco? Meglio Reagan di Mimmo Candito

la destra affronta il voto Tra gli elettori di Aznar tanti giovani e poch^ nostalgici Franco? Meglio Reagan Il Partido Popular punta al centro la destra affronta il voto VALLE DE LOS CAI DOS DAL NOSTRO INVIATO Dentro questa valle severa, ai piedi della punta bianca del Guadarrama, la strada che si arrampica su, verso l'alto, tagliata dal vento aspro della Sierra, è fatta di sudore e di sangue: ogni pietra, ogni passo, ogni filo d'erba, sono stati calati dentro la terra dal lavoro forzato dei prigionieri della Guerra Civil, i rossi che cinquantanni fa qui avevano combattuto, e perso, l'assedio di Madrid. La capitale se ne sta giù, lontana, perduta nel fondo brumoso della valle, e Franco non può nemmeno vederla. Franco, quando alla fine lo lasciarono morire, nel novembre del '75, dopo cinquanta giorni d'intubamento e di paura, lo seppellirono qui, e Valle de los Caidos fu, per qualche tempo, un pellegrinaggio devoto degli orfani di quella infinita destra politica, ma anche sociologica, che alla dittatura aveva legato la propria sorte e le speranze di due generazioni. Oggi, qui al Valle non ci sale quasi nessuno; i monaci parlano solo col vento che scende dalla montagna puntuta e il piazzale, un tempo pieno di macchine con autista e di pullman, se ne sta vuoto, dentro il sole tiepido. Franco, lui, è sepolto sotto una lastra di pietra che pesa 1500 chili. Non la sposta più nessuno. «Io - ha detto ieri Aznar - non mi identifico per niente con la destra classica, quella di Franco. Il pp è un partito di centro, che ingloba naturalmente anche la destra». José Maria Aznar, leader del Partido Popular, in realtà è da tempo che lo va dicendo, che con Franco lui non c'entra nulla e che, semmai, i suoi punti di riferimento sono Reagan e la Thatcher passando, pensa un po', per Karl Popper: una destra moderna, insomma, anzi un centrodestra; anzi ancora, un centro e basta. À forza dì spostarsi verso dove s'ammassa la gran parte dell'elettorato, il bipartitismo finto di questa nuova Spagna è diventato una gran confusione, dove gli uni (i socialisti) e gli altri (i popolari) dicono la stessa cosa, e perciò tre milioni e più di elettori - a poche ore ormai dal voto - dicono ancora che non sanno bene chi scegliere domani. Ma siccome Franco è venuto a dimorare qui al Valle soltanto 18 anni fa, ecco allora che quando i sondaggi hanno rivelato che Aznar poteva farcela davvero, e che il potere stava forse per passare di mano, ecco che è rispuntata la paura del passato, el miedo, lo dicono qui. Dietro questo miedo, però, che torna ad affollare i giornali e i comizi socialisti, c'è più propaganda elettorale, e confusione opportunista, che non sostanza seria; o comunque c'è una paura ben diversa da quella degli ultimi Anni Settata (diciamo, quella paura che si esorcizzò per sempre col golpe baffuto di Tejeró), ed è solo la pigrizia dell'istinto che fa scattare le vecchie consuetudini ormai estinte. Certo, esistono ancora morbide signore imbustate che, la sera tiepida del 2 giugno, alla festa dell'Ambasciata d'Italia, squittiscono e hanno di nuovo fremiti equini quando nel bel giardino di calle Lagasca sentono suonare da qualcuno la parola «comunista»; ma Paco Umbral, scrittore pungente e anarcoide ribelle senza padrini ideologici, lo dice per tutti: «No, la destra delle caverne, da lì non può uscire. La paura riguarda piuttosto il rischio che, consegnando il potere alla neodestra, si risvegli dal sonno quella intolleranza muscolosa, quello spirito fazioso di egemonia politica e ideologica, quella durezza antidemocratica, che le destre hanno sempre avuto dappertutto, ma che da noi, in Spagna, trovano poi tradizione e radicamento ancora più forti». Questa Spagna che vota domani ha non soltanto un prodotto nazionale che è il doppio di quello degli anni bui, e il doppio di studenti universitari, e 6 milioni in più di assistiti dalla sanità pubblica, e un potenziale economico che la fa settima o ottava potenza al mondo; la sua società ha anche un costume di vita, uno stile, un'abitudine di consumi, un immaginario collettivo anche, che non sono ormai diversi da nessun altro Paese europeo. In un simile orizzonte non c'è spazio più per i vecchi fantasmi sepolti dentro una valle lontana. Certo, si trovano ancora i reperti archeologici della nostalgia, generali reumatici, signore imbustate da ambiasciata, giovanotti rapiti dal passato nazionalcattolico, antichi funzionari di ministero: ma sono una presenza fisiologica nell'arco politico di un sistema democratico, e comunque non trovano alternativa di voto a una collocazione speranzosa nelle file del pp. La Véra destra sta allora in quell'ambigua fascia sociologica che convoglia i risentiménti conservatòri contro la modernizzazione del costume e, insieme, porta il pote¬ re economico che nei dieci anni socialisti ha dovuto subire un minimo, ma minimo davvero, controllo del governo sugli indirizzi di fondo nelle scelte e nelle forme degli investimenti. La Década Roja ha cancellato l'antica tragedia nazionale delle due Spagne eterne, oggi lo spettro politico appare ben piantato nello schema classico della democrazia parlamentare e la dialettica dello scontro non deve scontare pudori innecessari. Oggi la destra può essere anche soltanto un'opzione trasgressiva, antipotere: il 32 per cento degli universitari spagnoli dice che voterà Aznar, il 16 punta sulla sinistra di classe dell'«iu», e soltanto il 12 per cento dà la preferenza ai socialisti. In Spagna i giovani scelgono anche un voto conservatore, pur di schierarsi contro l'Istituzione, quando il potere è socialista; quella tonnellata e mezza di pietra, ormai pare'murata per sempre. Mimmo Candito Lo scrittore Umbral «Ma l'intolleranza non è morta» Il leader della destra Aznar e la moglie con Giscard Nella foto piccola Francisco Franco

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