Ora i Caschi Blu dovranno combattere

Gli Usa votano la risoluzione «senza illusioni», nessuno vuole mandare altri soldati in Bosnia Gli Usa votano la risoluzione «senza illusioni», nessuno vuole mandare altri soldati in Bosnia Ora i Caschi Blu dovranno combattere Sei enclaves da difendere con le armi WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il Consìglio di Sicurezza dell'Orni ha approvato ieri una risoluzione sulla Bosnia, che ha alle spalle uno strascico di polemiche non sopite e davanti a sé un futuro molto incerto per quanto riguarda la sua applicazione. Si tratta della risoluzione che stabilisce in Bosnia sei «zone protette» difese da truppe Onu, ratificando il compromesso che era stato raggiunto due settimane fa tra Stati Uniti, Russia e Paesi europei. Ma, mentre le parti in causa in Bosnia, i musulmani più dei serbi, criticano la risoluzione da opposti punti di vista, gli Stati Uniti, nell'esprimere il loro voto a favore, non hanno nascosto il loro scetticismo sulla risoluzione, condiviso, peraltro, anche dall'ufficio del Segretario Generale dell'Orni. E, quello che è ancora più grave, manca ancora da parte della comunità intemazionale un'offerta di truppe sufficiente. Respinto il piano americano, che prevedeva bombardamenti punitivi sulle postazioni militari serbe e la fine dell'embargo sulla vendita delle armi ai musulmani bosniaci, le principali potenze si erano accordate su misure transitorie volte, almeno, a rallentare il massacro. Ma, se la posizione americana aveva il difetto di buttare benzina sul fuoco incitando i musulmani bosniaci a intensificare la loro difesa armata, il com- promesso, per quanto transitoriamente, accetta la fine della Bosnia come repubblica indipendente, congelando l'occupazione serba del 60% del suo territorio. Il problema principale, però, resta la sua relizzabilità. La risoluzione, approvata ieri con 13 voti a favore e le astensioni di Pakistan e Venezuela, dopo essere stata pesantemente criticata dai Paesi non-allineati e da tutti i membri musulmani delle Nazioni Unite, prevede l'invio di 5000 uomini che, aggiungendosi ai 9000 dell'Unprofor già sul ter¬ ritorio, dovrebbero assicurare la difesa di sei città dichiarate «zone sicure»: Sarajevo, Tuzla, Zepa, Srebrenica, Gorazde e Bihac. I pochi uomini delle Nazioni Unite dovrebbero quindi garantire la pace in assenza di qualsiasi tregua e, anzi, in città, alcune delle quali sono tuttora teatro di raccapriccianti massacri da parte dei serbi. Non si tratta, Quindi, di una missione di «peacekeeping», di salvaguardia della pace, ma di «peacemaking», cioè di costruzione di una pace che non c'è ancora. Per questo la risoluzione au¬ torizza gli uomini dell'Unprofor a rispondere con il fuoco non solo ad ogni attacco contro di loro, ma anche a ogni incursione armata nelle «zone protette». Tra l'altro, solo una parte dei 9000 uomini già sul posto verrebbe dislocata alla difesa delle sei città, ma, quello che è peggio, non si sa ancora chi offrirà gli altri 5000 uomini e se qualcuno li offrirà. Per cui la risoluzione approvata, pur facendo riferimento a «misure ancora più dure che potrebbero essere adottate», prevede che, se non si raggiungerà la quota necessaria di truppe, l'operazione verrà congelata. Madeleine Albnght, capo-delegazione americana all'Orni, ha detto che avrebbe votato la risoluzione «senza illusioni» di sorta. L'ambasciatore della Bosnia alle Nazioni Unite, Muhamed Sacirbey, ha definito la risoluzione una specie di foglia di fico volta a coprire l'irresolutezza della comunità internazionale. I serbi hanno espresso una forte ostilità verso l'invio di altre truppe internazionali sul territorio. Inoltre, come per ricordare i rischi a cui le truppe Onu vanno incontro, ieri due elicotteri delle Nazioni Unite, che trasportavano il capo dei croati bosniaci Mate Boban a colloquio con il mediatore europeo Lord David Owen, sono stati ripetutamente colpiti e costretti a tornare indietro. Paolo Passarìni L'arrivo delle salme dei tre italiani all'aeroporto militare di Ghedi, presso Brescia

Persone citate: David Owen, Madeleine Albnght, Mate Boban, Muhamed Sacirbey, Paolo Passarìni