Ventriglia raddoppia Carlo Zini invece lascia di Zeni

Ventriglio raddoppia Carlo Zini invece lascia Ventriglio raddoppia Carlo Zini invece lascia MILANO. Resta al suo posto, don Ferdinando. Un altro anno ancora sulla poltrona di amministratore delegato del Banco di Napoli: fino all'assemblea di bilancio dell'aprile del '94, come gli ha chiesto il ministro del Tesoro Barucci. Zorro, invece, è pronto ad andarsene: così, ha annunciato ieri davanti agli uomini della deputazione del Montepaschi di Siena il provveditore Carlo Zini detto Zorro, «per il bene della banca sono disponibile a farmi da parte». Ventriglia, classe 1927. Zini, classe 1928. Entrambi nati sotto il segno dell'Ariete. Due Banchieri con la B maiuscola, due curriculum quasi fotocopia, dalla gavetta al vertice tra voglia di emergere e buone frequentazioni politiche: la de partito faro per entrambi, Andreotti l'amico potente. Nel bene e nel male due simboli dell'epoca della lottizzazione. Simili. Ma anche tanto diversi, soprattutto nell'uscita di scena. Don Ferdinando, «'o professore», ha preferito il contropiede: cosa c'è di meglio della sorpresa? E a fine aprile, nell'assemblea di bilancio del Banco, ha detto chiaro e tondo d'avere preso la decisione di andarsene. Due settimane dopo, la conferma del presidente Coccioli: «Ventriglia resta fino al 31 luglio, poi se ne va». Sorpresa, stupore, incredulità. Quarantacinque anni ai vertici del sistema bancario, una vita alla guida del Banco di Napoli con puntate all'Icipu, al Crediop, al Banco di Roma e alla direzione generale del Tesoro: possibile che don Ferdinando lasci così, senza aver designato (e insediato) un delfino? Quindici giorni di interrogativi, forse di trattative. Poi, ieri mattina, l'invito a restare di Barucci: un altro anno ancora, per garantire continuità di gestione al Banco, per dar tempo nella ricerca del successore: impresa non facile fra tante corse dei padrini e rincorse dei papabili. E lui? Lui, 'o professore, ha accettato, prorito come solo un gran commis sa essere: «Signor ministro, lo spirito di servizio che ha contraddistinto il mio lavoro mi comanda di accettare l'invito da lei rivoltomi, sentita la Banca d'Italia», ha scritto a Barucci. Un capolavoro. Quasi un «obbedisco» alla Garibaldi. Zini no, lui il Montepaschi avrebbe preferito non lasciarlo. Avrebbe preferito resistere, nonostante i due avvisi di garanzia: uno della magistratura di Siena (tentata truffa) e uno della fiorentina (concussione e associazione a delinquere). Strasci- chi di Tangentopoli che hanno investito in pieno il vertice della banca più antica del mondo (con l'arresto di due ex amministratori: Alberto Bradani e Alberto Bruschini) e che lui, Zorro, ha sempre respinto al mittente. «Non ho nulla da rimproverarmi, sono completamente estraneo ai fatti», ha dichiarato, deciso, in pubblico e in privato. Ma questa volta l'uomo più potente di Siena, il provveditore intoccabile o quasi, non è stato creduto come in passato. Dubbi, perplessità, insinuazioni. L'immagine del Monte, così hanno subito sottolineato in molti e non solo a Siena, rischia di cadere a pezzi: colpevole o non colpevole, sarebbe bene che Zini si facesse da parte. E lui? Fermo, disposto solo ad accettare la proposta del presidente Giovanni Grottanelli de Santi di spiegare direttamente a Barucci e al governatore della Banca d'Italia la propria posizione. Un incontro rinviato giorno dopo giorno. Fino alla nuova riunione della deputazione di ieri quando anche lui, l'uomo più potente di Siena, ha dovuto cedere: «Sono estraneo alla vicenda giudiziaria», ha ribadito Poi l'annuncio dell'addio: «Visto che il protrarsi dei tempi di indagine deteriora il clima di se renità indispensabile alla ge stione di una banca di grandi tradizioni, ho sentito la necessità di anteporre a ogni interes se personale quello del Monte dei Paschi». La parola, adesso, al ministro Barucci che dovrà nominare il successore di Zini Zorro: questione di giorni, si la scia capire, non ci sarà un invito a restare. Armando Zeni Da sinistra Ferdinando Ventriglia e Carlo Zini

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