Dallo Stato alle banche pubbliche ecco le privatizzazioni col trucco

Lettera semiseria dei ministri di Industria e Tesoro per smentire dissidi NOMI E COGNOMI Dallo Stato alle banche pubbliche ecco le privatizzazioni col trucco N assenza di altri brividi, compresi quelli colti e letterari dei tempi di Carli, la prima relazione del nuovo governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio ha riaperto il dibattito ormai un po' indolente sulle privatizzazioni. Dèi tema si parla del resto fin dai tempi di Beneduce e della fondazione dell'Ili, visto che l'impresa pubblica in Italia - stando per l'appunto a una celebre definizione di Carli - altro non è che «un accidente della Storia»: la sua nascita, nel 1921, deriva dalla hquidazione per insolvenza della Banca Italiana di Sconto. Capovolgendo un'antica teoria cara alla Banca Centrale circa la separatezza tra industria e credito, il neogovernar tore ha detto piatto piatto che auspica «l'emanazione di disposizioni che consentano alle banche di assumere partecipazioni in imprese non finanziarie, completando la gamma delle funzioni che queste possono svolgere nella finanza di impresa». Ma è questo un carburante capace di avviare finalmente quel motore ingolfato delle privatizzazioni che tossicchia invano da almeno due anni? O il turbo applicato da Balladur alle privatizzazioni francesi spazzerà via dalla pista quei pochi clienti internazionali prima ancora che noi riusciamo a mettere in moto? Per carità, lo stimolo del neogovernatore è altamente apprezzabile, ma il dibattito che ne è seguito rivela la malinconica verità. La Francia ha superato da un decennio le polemiche dottrinali, da noi invece si discute ancora, di fatto, se I sia poi proprio opportuno I «svendere» i gioielli di famiglia ai turpi esponenti del capitalismo, a quei terribili «Poteri forti» che invocano la fine dello statalismo economico per affermare la fine della supremazia del potere politico. Citiamo, per tutti, l'onorevole Corsi, relatore democristiano al programma di privatizzazioni: «Quello che conta - ha detto commentando le dichiarazioni del governatore - è la privatizzazione dei comportamenti». Poco importa che il capitale dell'impresa sia detenuto dallo Stato, come nell'Unione Sovietica brezneviana, l'importante è l'efficienza e la redditività. Come se l'efficienza e la redditività non fossero una variabile dipendente dalla proprietà. Proprio per questo, per la presenza di tanti tardi epigoni del pomicinismo, malattia senile dello statalismo, la proposta del governatore Fazio suscita qualche brivido, se non di eccitazione privatizzatrice, certo di angoscia statalista. Le banche entrino nel capitale delle imprese. Benissimo. Ma quando? E quali banche? Le stesse banche pubbliche che son state palestra privilegiata del potere partitico, che hanno concesso il credito politico ai Ciarrapico, a legioni di bancarottieri e di assatanati amministratori di partiti? Magari il Banco di Napoli, dove, mentre l governatore leggeva le sue prime Considerazioni finali, si svolgeva una sorda lotta per ottizzare il Consiglio d'amministrazione, con la partecipazione attiva - a quel che si dice - del pds? O l'andreottiana Banca di Roma che, nata da pochissimo, è sùbito diventata a banca del regime? Le motivazioni del governatore Fazio sono certamente tra e più nobili. Ma trascurano la desolazione del reale. L'80 per cento, o giù di lì, del sistema bancario italiano è in mano pubblica. La vendita del Credito Italiano, annunciata da un anno, è diventata quasi una boutade. Quanto tempo ci vorrà ancora per privatizzare le banche? Nessuno osa dirlo. E allora che. senso può avere adesso il trasferimento di soggetti pubblici ad altri soggetti pubblici, se non quello di rinviare il redde rationem? Il problema si morde la coda. Ecco perché qualcuno ha voluto maliziosamente insinuare che l'ipotesi delle banche nel capitale delle imprese industriali da privatizzare sia nient'altro che una specie di foglia di fico. Un revival delle Superholding di guarmiana memoria capace di non provocare uno strappo troppo violento a un sistema che cerca faticosamente di darsi nuove regole. Ma la rivoluzione silenziosa che il governo commissariale di Ciampi sta compiendo nei territori sconfinati dei boiardi e dei boiardini ci fa sperare che nessuno pensi a trucchi così banali, visto che la buonafede del governatore della Banca d'Italia è un dato che riteniamo fuori discussione. Alberto Staterà Brajj

Persone citate: Alberto Staterà, Antonio Fazio, Balladur, Beneduce, Carli, Ciampi, Ciarrapico

Luoghi citati: Cognomi, Francia, Italia, Napoli, Nomi, Unione Sovietica