Vercelli, undici paladini per cancellare Mani Pulite

Il leader de: non polemizzo con chi dice di essere ringiovanito solo perché si è allontanato da noi Vercelli, undici paladini per cancellare Mani Pulite LA CITTA' DELLE MANETTE VERCELLI DAL NOSTRO INVIATO «Grazie Di Pietro», ha scritto qualcuno sul muro di una casa proprio davanti al palazzo di giustizia. Qui, nell'autunno passato, hanno messo le manette al sindaco e a tre quarti della giunta dc-psi-pli-psdi. Ora, in undici gareggiano al totofascia tricolore, ognuno con una ricetta, naturalmente migliore di quella del concorrente. Sarà dura per tutti far dimenticare il passato. «Una situazione sudamericana, ecco che cosa c'era qui», dica Luigi Carli, procuratore presso la pretura. E ora? «Anche!». Carli, arrivato qui da Genova, aveva subito cominciato a indagare, a far domande, interrogatori, confronti. Si era destato così anche il Castello della giustizia. A forza di lanciar accuse, una sveglia l'aveva suonata anche Dario Roasio, attuale candidato di Rifondazione. «Qui la situazione era ed è incancrenita, peggiore che a Milano o a Torino. Tutto era manipolato da un gruppo trasversale di "amici" che poi militavano in vari partiti. Ultima cosa emersa, l'indagine per la questione parcheggi, altro grosso affare. Eppoi i 50 miliardi inghiottiti dall'inceneritore, i chissà quanti dalla discarica di Alice Castello, i 40 che dovevano servire al restauro del palazzo di giustizia». Quasi a sorpresa arrivò l'«ottobre nero» e Fulvio Bodo, socialista, primo cittadino, con i compagni, socialisti e democristiani, scivolò su una buccia di banana, o magari su due. Perché, come un po' dappertutto, il «business» era quello dei rifiuti, una cosetta da 200 miliardi, si dice. Maneggi inopportuni da parte degli amministratori avrebbero favorito nell'appalto per il lavoro di smaltimento un certo concorrente, Giulio Bensaja. La combriccola si presenterà davanti al giudice per martedì 13 luglio. Risultato: alle elezioni scudo crociato e garofano sono scomparsi, i fedelissimi de si sono divisi in tre gruppi, in due i socialisti. Lo sapevano in parecchi che Bodo era diventato il padrone del psi vercellese. Era stato sindaco per sette anni, sembrava inattaccabile. Si diceva che potesse contare su amici potenti, in grado di coprirlo. «Non su di me, che l'ho fatto arrestare», protesta il procuratore capo, Santi Scalìa. Lo hanno attaccato in parecchi, Scalìa, e l'altra settimana il giornale «La Sesia» ha pubblicato una sua foto mentre affonda in una duna. Sotto c'è scritto: «Scalìa in sabbia». Finora lui non ha reagito agli attacchi, ma ora avverte: «I termini per una querela non sono scaduti». Dopo la retatona d'ottobre il Co mUne è stato affidato a un commissario straordinario, Luciano Corsaro, 70 anni, una vita nell'amministrazione. Ha lavorato sodo, tant'è che qualcuno ha provato a tentarlo, ma lui il sindaco proprio non vuole farlo: «Conto i giorni per consegnare il Comune ai legittimi rappresentanti del popolo». Chiaroscuri di una città che non sembra ricca di entusiasmi, rassegnata ad aspettare non si sa che cosa piuttosto che cercarsi uh ruolo da protagonista. La crisi attanaglia le aziende, la vita culturale 1 angue. Di moda, correre per le vie con i costosi fuoristrada «sovente acquistati con il mutuo agevolato agrario», dice, il tono della requisitoria, il procuratore Scalìa. Al contrario ferve il lavoro nelle banche che crescono di marnerò: ora son 16 gli sportelli bancari e anche il Crédit Lyonnais ha chiesto di aprire. Perché? «Perché i produttori di riso i soldi li mettono in banca», riconosce l'avvocato Dario Casalini, presidente della Cassa di Risparmio, un dicci doc, «ammiratore di Martinazzoli ma anche di Mario Segni, e sarei in difficoltà dovessi scegliere». Aggiunge: «Sei milioni di quintali di risone, prodotto grezzo, a 50-60 mila al quintale, insomma 360 miliardi di reddito lordo, il che equivale al fatturato di una media industria». E' ancora avvertita come una ferita recente la chiusura della «Montefibre»: e se è vero che fu una tragedia perché sfumarono 3018 posti di lavoro, è altrettanto vero che si risale agli Anni Settanta. E oggi? Oggi la popolazione cala. Gli abitanti sono 49.907, dieci anni fa se ne contavano tremila in più; l'età media aumenta ed già superiore a quella delle altre città piemontesi. E', questo, un problema fra i più gravi, sottolinea Giorgio Gaietta, architetto, candidato per il Pds. Quarant'anni, due figli e un suocero illustre: Silvio Piola, il re dei re fra i cannionieri del calcio. Funzionario della provincia e una vita nel partito, naturalmente anche quando il marchio era pei, Gaietta viene presentato come l'uomo nuovo, quello che dovrebbe prendere il posto di Ennio Baiardi, per otto anni sindaco e altri otto senatore. Quando a ottobre successe il patatrac, Gaietta era nel Consiglio comunale e fece un tentativo per salvare la situazione, proponendosi come sindaco. Un fiasco. «Ma perché non patteggiai, come volevano gli altri partiti»'di- ce. E ora? «Ora ripetiamo che "Vercelli può farcela" ma occorre ricostruire il patto di fiducia fra cittadini e amministrazione». Non sarà un affare da poco. Lo sanno tutti, compresa la Lega, naturalmente, che anche qui ha trovato terreno fertile e i bookmakers politici danno come grande favorita. L'uomo nuovo del Carroccio è una donna. Toscana di nascita, piemontese di adozione. «Non sono mai stata iscritta a un partito, prima d'ora, perché cercavo di mantenere libertà di giudizio», dichiara subito Mietta Baracchi Bavagnoli. Ha 52 anni, insegna Storia de2a lingua russa all'università di Bergamo, è sposata con un ricercatore del Cnr e ha due figli «universitari brillanti, al Politecnico di Milano e alla Bocconi». E' talmente «nuova» che tutti si aspettavano venisse presentato Giorgio Sambonet, il vecchio industriale delle posate di classe. «So che lui ci teneva, ma quell'idea è stata abbandonata, ignoro se nella sezione locale o in luoghi più elevati». C'è anche una «Lista per Vercelli». La presenta Carlo Boggio, che il sindaco lo ha già fatto negli Anni Settanta e che chiamano «il senatore». «E' una lista leggera che ha scarsissime probabilità di successo - dice - perché non è legata a partiti o gruppi clericali». Ma avverte: «Se davvero si vuol voltare pagina, non c'è che da votare questa lista». Parla con voce piana: «Ho 62 anni, quando ne avevo 29 diventai democristiano perché ritenevo utile l'unità dei cattolici. Ma da 15 anni sto avvertendo cose gravissime in atto nella de, e l'ho denunciato in aula». Parte cospicua dei cattolici si è riunita sotto la Usta Mani pulite e presenta Francesco RadaeUi, uno che all'interno della de era su posizioni critiche; altri seguiranno Boggio e altri ancora, i più numerosi, pare, hanno scelto il simbolo dell'abbazia di Sant'Andrea. La concorrenza dice che a stilare Ve lenco di questi candidati sia stata sua eccellenza in persona, l'arcive scovo Tarcisio Bertone. E vero? «Ma non è così. Potrei precisare con testimoni al di sopra di ongi sospetto il giorno e l'ora in cui ho avuto in mano la Usta completa, Sono stato forse l'ultimo a conoscerla, come ho ricevuto notizie di tutte le altre liste, sono venuti tutti a parlare da me. Certo, seguo con particolare attenzione il travaglio faticoso e lento di rinnovamento in atto nella de». Ma che città è questa, una sorta di Sodoma e Go morra? «Non esageriamo. E' ima città complessa, che ha subito i contraccolpi del degrado legale e morale. Ma Sodoma e Gomorra, no». La lista «Democratici per Vercelli», che unisce democristiani, gruppo Vercelli 93, gruppi del vo lontariato, presenta Carla Sala Pollerò, detta la «lady di ferro». Non ancora settantenne, vedova, laureata in Economia e commercio, per anni è stata preside di scuola media. Le idee le ha chiare «Chi viene eletto deve ricordarsi che un amministratore deve agire agire con la diligenza del "pater familias"». [v. t." Commissario in Municipio Ma il vescovo: qui non siamo a Gomorra ■ A sinistra Mietta Baracchi Bavagnoli in lista per la Lega A destra: Vercelli, la città va al .voto dopo lo scandalo tangenti