Sventata una strage nel cuore di Roma

Due carabinieri in borghese si sono accorti dell'ordigno e l'hanno fatto disinnescare Due carabinieri in borghese si sono accorti dell'ordigno e l'hanno fatto disinnescare Sventata una strage nel cuore di Roma Autobomba scoperta a 100 metri dalla sede del Governo ROMA. L'ordigno stavolta era nel centro della capitale, a cento metri da Palazzo Chigi e da Montecitorio. E' il 2 giugno, festa della Repubblica. Scalfaro e Ciampi sono all'Altare della Patria. Ma un'altra autobomba aspetta in un vicolo, a ridosso di via del Corso. E' solo grazie all'occhio attento di un carabiniere che ieri si è scoperta un'altra autobomba in agguato. Doveva esplodere tra la gente? Volevano uccidere un'alta carica dello Stato? Certo che questa volta la sfida è chiara. La bomba è stata portata a due passi dai palazzi della politica. Ciampi avrebbe potuto sentire il botto da! suo studio. Un messaggio inequivocabile, come accadde per il cadavere di Moro lasciato in via Caetani: «Noi siamo qui, pronti al peggio». La bomba avrebbe portato morte e distruzione. E' stata disinnescata per la presenza di spirito di due carabinieri m borghese che ieri, intorno alle undici, hanno individuato uno scatolone dall'aspetto minaccioso in una 500 blu, apparentemente inoffensiva, con un vistoso stemma dei puffi sul vetro. Immediatamente danno l'allarme. La zona viene evacuata. Arrivano gli artificieri. E dentro l'auto troveranno una bomba incendiaria, collegata con un telecomando di tipo artigianale. Niente a che vedere con la potenza di via Fauro o di Firenze. «Ma se non altro, avrebbe creato il panico», commenta il comandante generale dei carabinieri Luigi Federici. La scoperta dell'autobomba, in via dei Sabini, blocca per tre ore tutto il cuore della città. Sotto un sole cocente, sudati più per la tensione che per la canicola, intervengono centinaia di carabinieri, vigili urbani, poliziotti, vigili del fuoco. Molti escono dal portone di palazzo Chigi, che è lì di fronte, e bloccano il traffico. Altri, concitati, fanno sgomberare la strada. «Urlavano di andare via. Di sfollare. Io ho tirato giù la serranda della mia edicola alla bell'e meglio e sono scappato», racconterà il giornalaio dell'angolo. In un attimo i palazzi circo- stanti vengono evacuati. E sulla zona scende un silenzio irreale. Neanche un clacson in lontananza. La gente, scappata in preda al panico, si ferma a misura di sicurezza e lì rimane ad attendere con il'cuore in gola. Sembra che tutti si siano già rassegnati a vivere in un'epoca segnata dalle bombe. «Proprio l'altro giorno c'era stato un falso allarme alla Banca Commerciale - raccontato senza troppa emozione la portiera di uno dei palazzi sfollati - e ho visto gli impiegati in strada per tre ore». Ma questa volta nessuno si è voluto perdere la scena. Prima il robot filocomandato che si avvicina all'auto, avanza le due braccia meccaniche e «spara» un getto d'acqua per rompere uno dei vetri. Poi rartificiere dei carabinieri che indossa l'ingombrante tuta antibomba è si avvicina con passo lento da astronauta alla macchina. E finalmente la bomba viene disinnescata. Già alla prima rico¬ gnizione si vede che non c'è tritolo. Nella macchina - risultata di proprietà di un impiegato, Settimio Mattogno, che non aveva denunciato il furto della 500 perché non la usa quasi mai e non si era accorto ancora della sparizione gli investigatori trovano mezzo chilo di nitrato di ammonio più cinque chili di Anfo, ovvero una miscela detonante di gasolio e di fertilizzante a base di fosfati. Una miscela dagli effetti incendiari più che esplosivi. Si tratta co- munque di un ordigno dall'effetto mortale per i passanti. Ma volevano solo spaventare, gli attentatori, o cercavano a modo loro una strage? Il giudice Giorgio Castellucci, sostituto di turno, intervenuto sul posto, non nasconde la preoccupazione: «Se c'è una mente diabolica dietro a tutto questo, non so. Speriamo che sia un gesto isolato». E intanto l'attenzione si concentra sul sistema di trasmissione. Una semplice antenna a molla che sporge- va dallo scatolone. A questa era collegato un telecomando da televisore, parzialmente modificato. I tecnici del settore «bombarolo» storceranno il naso, ma il congegno, pur se casalingo, avrebbe funzionato. «Era un vero cornando a distanza», spiegano i carabinieri. E mentre la 500 viene definitivamente neutralizzata, scattano le indagini. Come prima cosa gli investigatori controllano le altre macchine della strada per vedere che non ci sia qualche altra sorpresa. Temono la trappola. Poi scendono nei tombini. E lì trovano una borsa di attrezzi abbandonata a pochi metri dalla 500. Una lampadina si accende nella mente degli investigatori. Ma non c'è un vigile urbano che ha parlato di due uomini visti uscire precipitosamente da un tombino e scappare? Il vigile ha anche provato a rincorrerli, i due, ma inutilmente. Si sono confusi nella folla. Ed ecco che si pensa a un attentato so¬ fisticato, con la bomba piazzata sotto un tombino, da far esplodere al passaggio di qualche celebrità. In serata, però, questa pista si sgonfia perché la polizia ha individuato due tecnici della società telefonica che hanno spiegato di essere sì scappati lasciando la borsa degli attrezzi, ma perché avevano sentito urlare. «C'è una bomba!», gridavano in strada. E loro se la sono data a gambe. Si passano al vaglio i testimoni, ora. C'è chi dice di aver visto la 500 parcheggiata da giorni e che proprio ieri mattina un meccanico vi avrebbe armeggiato a lungo. Immancabile, la Falange armata si è fatta viva a cose fatte. Ed esattamente negli stessi minuti, a pochi metri di distanza da via dei Sabini, in via del Gallinaccio, un artificiera apriva un'altra 500, ma di colore bianco. Un falso allarme, per fortuna. Francesco Grignetti L'esplosione avrebbe avuto effetti mortali sui passanti Nella carica non c'era tritolo Attimi di panico tra la folla Ore 11: A Palazzo Chigi è in corso un incontro sul costo del lavoro tra il presidente del Consiglio Ciampi e i sindacati. Un'ora prima, a poche centinaia di metri, in piazza Venezia, si era svolta la cerimonia all'Altare della Patria, presenti Scalfaro, Spadolini e Napolitano. Nella foto sopra la «500» ormai «disinnescata» portata via dal luogo del fallito attentato

Luoghi citati: Anfo, Firenze, Roma