Le astuzie del torero Felipe vincono l' ultima corrida tv di Mimmo Candito
Gonzàlez, sicuro e aggressivo, prevale su un incerto Aznar Gonzàlez, sicuro e aggressivo, prevale su un incerto Aznar Le astuzie del torero Felipe vincono Puhima corrida tv LA SPAGNA AL VOTO MADRID DAL NOSTRO INVIATO E' stato un buon assaggio di quello che sarà la Democrazia Elettronica prossima ventura, questa intera Spagna di tredici e più milioni di uomini e di donne, vecchi e giovani, toreri e no, che l'altra sera si è piazzata davanti alla tv a succhiarsi il dibattito all'ultimo sangue tra i due capipartito, il socialista Gonzàlez e il conservatore Aznar, candidati al governo dopo il voto di domenica prossima. Anche se qui si amano ancora le notti lunghe e la dolcezza del vivere tirando mattina per strada, l'altro ieri però, già alle dieci di sera, le città si erano fatte all'improvviso vuote, scarne di traffico, silenziose: il popolo dei cittadini elettori si era infatti trasformato nella docile audience dei televedenti, preparandosi a ricevere dallo schermo la rivelazione finalmente su chi votare domenica. Perché qui, quando mancano soltanto 4 giorni alle elezioni, c'è ancora più del 32 per cento di votanti che si dichiara tuttora indeciso, non sa scegliere, ha paura di sbagliare. I conti sono così: che un terzo dice sicuro che voterà i socialisti del psoe, un terzo lo farà per i conservatori del pp, ma l'altro terzo, appunto, sta lì ad arrovellarsi se sia meglio punire gli undici anni di governo assoluto di Gonzàlez o piuttosto turarsi il naso e continuare adelante. Il dibattito alla fine qualche aiuto lo ha dato, segnalando in Gonzàlez un politico abile e astuto, convincente, efficace, mentre di Aznar ha ridimensionato le aspirazioni, l'ambizione alla guida del governo, la statura reale di leader. Ma è stato un aiuto, come dire, trasversale, di quelli che non rispettano le categorie canoniche della ragione e si appoggiano, invece, ad altre logiche, più fluide, indefinite, anche ambigue: però, questa è la Teledemocrazia, dove assai più di quello che si dice conta il come lo si dica, e il tono, e lo sguardo, e la velocità della parola, perfino l'improntitudine. Ora questo non significa che Gonzàlez sia uno Sgarbi, ma certo ci vuole una bella improntitudine a difendere, per esempio, la indipendenza e la neutralità della televisione pubblica spagnola quando tutti sanno (e ogni giorno lo vedono) che Tve è una sorta di teleAfrica, obbediente al potere, parziale, faziosa, perfino più di certe nostre consolidate abitudini Rai. Gonzàlez, questa improntitudine l'ha avuta, e l'ha usata assai bene, mentre Aznar non andava al di là dei suoi compitini ben preparati ma poi si perdeva di fronte agli obblighi dell'improvvisazione. E così è stato per la distribuzione del carico fiscale, per il Consiglio superiore della magistratura, per il Procuratore dello Stato, per un sacco di altri risultati assai dubbi, controversi, del governo: Gonzàlez calava i suoi colpi, manipolava i numeri, e Aznar se ne restava impappinato dietro quel suo sorriso da Charlot ripulito. «E' stato un oratore meraviglioso, e un meraviglioso bugiardo», ha detto del capo del psoe Antonio Guerra, che di Gonzàlez è biografo e gran conoscitore. In realtà queste elezioni sono una gran trappola, perché si ha un bel dire che da una parte ci sono i socialisti e dall'altra i conservatori, e che scegliere non deve essere poi difficile: Gonzàlez infatti ha un programma (e anche un curriculum di governo) che non è affatto più a sinistra di quanto sia di destra il programma di Aznar, e questo significa perciò che gli uni e gli altri guardano al centro, pensano a una politica centrista, non sanno e non vogliono schieramenti che dal centro si spostino. Sono l'uno la copia dell'altro, né potrebbe essere diversamente: ora che la Spagna sta nel gruppo dei Paesi industrializzati, i suoi problemi sono simili a quelli che hanno Francia, Italia o Gran Bretagna, e come questi perciò deve risolverli, con politiche di austerità, di controllo della spesa pubblica, di recupero della capacità produttiva. (Una differenziazione però nel dibattito di ieri c'è stata, e va ricordata: l'accento che Gonzàlez ha saputo porre sul problema della solidarietà come politica di governo, che certo è propria della tradizione socialista ma non sta molto nei programmi di Balladur o di John Mayor, né di Aznar). Lo spettacolo della Teledemocrazia è andato avanti fino all'una e mezzo di notte, un po' noioso ma anche un po' incantatore, come tutti i serpenti della tv: Gonzàlez giocava a fare il capo dell'opposizione, grintoso, sempre all'attacco, mentre Aznar restava inchiodato a difendersi, e non una parola sapeva sparare sul tema, eppure centrale, della corruzione politica. Ancora a quell'ora tarda, dopo quasi tre ore di faccia a faccia, davanti allo schermo c'erano inchiodati ben 10 milioni di spagnoli; è un numero impressionante, che batte in proporzione qualsiasi confronto delle presidenziali americane (non diciamo delle nostre rachitiche tribune elettorali). La spiegazione si può trovare nelle parole di Gonzàlez l'altra notte, dal televisore: «In questi ultimi anni abbiamo fatto un salto nella Storia, è finito l'isolamento, è finita la sequela dei regimi autoritari». Ancora soltanto 17 anni fa la Spagna era una dittatura, un Paese dove non c'era alcuna cultura di democrazia né pratica di essa; e questi 17 anni sono il periodo più lungo che Madrid abbia vissuto con un governo democratico nell'ultimo secolo. Sembra perfino impossibile, a guardare come viva oggi il Paese questa sua nuova storia, come la interpreti con serenità e anche sapienza, quasi che ben altra sia stata l'eredità del suo passato; quei 10 milioni davanti allo schermo pagavano dunque il conto di questa lunga storia. Un'altra sola notte c'è, nel passato, che gli spagnoli hanno consumato attaccati al televisore, incollati allo schermo come l'altro ieri: è la notte del 22 febbraio dell'81, quando Tejero con i suoi baffi antichi si prese il Parlamento e "Todos al suelo, cono". Nella notte del 22 febbraio finì la transizione del postfranchismo, e cominciò la democrazia. Nella notte dell'altro ieri è finita l'eredità culturale del passato. (E forse è cominciata davvero quella strana bestia della Teledemocrazia). Mimmo Candito Gonzàlez e Aznar entrano negli studi televisivi per il dibattito [FOTO REUTER]
Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna, Italia, Madrid, Spagna
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