Mafia e tangenti, summit a Milano

Il procuratore capo di Palermo, Caselli, ha incontrato il pool «Mani pulite» al completo Il procuratore capo di Palermo, Caselli, ha incontrato il pool «Mani pulite» al completo Mafia e tangenti, summit a Milano Bonelli: Lodigiani è il collegamento fra le due indagini MILANO. Mafia e tangenti, summit di giudici a Milano. Ospite d'eccezione il procuratore capo di Palermo Giancarlo Caselli, accompagnato dal procuratore aggiunto Guido Lo Forte. A fare gli onori di casa il procuratore generale di Milano Giulio Catelani e il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli più i giudici del pool «Mani pulite» al completo. Fuori dall'ufficio di Borrelli, e intorno al palazzo di giustizia, scorte, pistole, walkie talkie, occhi vigili, qualche momento di tensione con gli operatori della televisione. Perché questo incontro segreto? Che cosa si sono detti i giudici in prima linea contro Cosa nostra e quelli alle prese ogni giorno con malaffari e malapohtica? Dice Borrelli: «Non abbiamo parlato delle infiltrazioni mafiose al Nord, non abbiamo parlato di riciclaggio, non abbiamo parlato di Nitto Santapaola». No, nemmeno del boss detenuto nel carcere di Opera, alle porte di Milano, si è parlato nell'incontro durato tre ore. E allora, perché questo incontro al vertice? Spiega Borrelli, e dà la versione ufficiale: «Il procuratore di Palermo si trovava in zona, l'incontro è servito per collegare tra loro le indagini. Avete scritto voi di Vincenzo Lodigiani». Ma insomma, tre ore per parlare «solo» di Vincenzo Lodigiani? Tre ore tutte dedicate all'imprenditore pluriarrestato per Tangentopoli e adesso con mandato di cattura sulle spalle da Palermo per associazione a delinquere di stampo mafioso? Davvero è così importante Vincenzo Lodigiani? Rassicura, e si attiene alla linea del suo collega di Milano anche il giudice Caselli. Apre la giacca azzurra a righine bianche e mostra la camicia rosa pallido, senza cravatta. Come dire: incontro informale. «C'è una comunanza di posi¬ zioni processuali, abbiamo discusso dei profili comuni», conferma il giudice Caselli. E ancora spunta il nome di Vincenzo Lodigiani. Davvero l'imprenditore è al centro di indagini così delicate tanto da essere oggetto di un incontro a così alto livello? Nessuna risposta. Gli altri giudici del pool «Mani pulite» presenti, da Di Pietro a Colombo, da D'Ambrosio a Davigo, da Ielo a Dell'Osso, non dicono nulla. Salutano e se ne vanno. Cena tutti insieme in un ristorante milanese. A parlare di lavoro? Sì, l'inchiesta «Mani pulite» è un fiume in piena. Ogni giorno un arresto (almeno), un av- viso di garanzia, un filone nuovo che si apre. Quali i prossimi? Ieri è toccato ai Telefoni di Stato e ai Beni culturali. Arresti due. Ferdinando Brunelli, amministratore delegato della Aet, è accusato di una tangente da 250 milioni finita a Giuseppe Parrella, l'ex top manager dei telefoni che ha aperto il filone. E già al primo interrogatorio Brunelli confessa pure un'altra tangente. Un miliardo secco. Mandato di cattura in carcere, a Verona, anche per il costruttore Giuseppe Maltauro. L'accusa? Soldi, 850 milioni, finiti all'architetto Antonio Gallitelli per gli appalti sui Beni culturali. Ma nel mirino dei giudici ci sono ben 9 imprese che si sarebbero divise la «torta» delle ristrutturazioni di centri storici. Ieri giornata anche di avvisi a parlamentari. Si apre con Antonio Testa, psi, seguono gli immancabili Craxi e Citaristi, ma l'elenco non è ancora finito. E nel mirino dei giudici ci sono i partiti al gran completo. Indaga il giudice Dell'Osso, quello del conto Protezione, sulle dichiarazioni di Renato Marnetto, ex direttore finanziario Eni. Secondo Marnetto, che dice di avere appreso tutto dall'ex tesoriere del garofano Talamona, pure l'Italcasse faceva da tramite per passare soldi ai partiti, «secondo percentuali correlate alla rappresentanza di ciascuno di essi». Poi la de distribuiva ai partiti di centro-destra, e il psi al pei. Accuse «politiche» anche ad Achille Occhetto da Giulio Caporali, l'ex amministratore delle ferrovie che inguaia il partito. Dice l'ex manager in un'intervista a Famiglia Cristiana: «Un segretario non può dire onestamente di non conoscere la situazione finanziaria del partito: o è un ingenuo o è un bugiardo. C'è del fariseismo». Fabio Potetti Arrestati Maltauro e Brunelli (Aet) Caporali (ex pei) attacca Occhetto «C'è del fariseismo» Il procuratore di Palermo Giancarlo Caselli

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