«Bossi piace a Berlusconi, ecco perché»

«Bossi piace a Berlusconi, ecco perché» «Bossi piace a Berlusconi, ecco perché» Confalonieri racconta tutti i segreti del Cavaliere DEL PRESIDENTE SIGNOR Confalonieri, ci può spiegare questo berlusconismo incazzoso, da Processo del Lunedì? Quella sfuriata in diretta di Silvio Berlusconi... «Beh, mi pare che se uno sta subendo un processo sommario in televisione, abbia anche il diritto di arrabbiarsi un po'». Ma come si fa a prendere - tanto sul serio un processo - istruito da Aldo Biscardi? «Tpuché»,. .. ,. ... > . - «wifflWÉrt!me?- te5Fibile: fallisce il Vietato vietare, scoppia il Milan, partono le inchieste sulla Mammì. E il berlusconismo, costretto per la prima volta alla rimonta, si scopre impopolare. «Guardi che il berlusconismo che dice lei è una caricatura di certi giornali e giornalisti. Guidati dal gusto del dettaglio colorito, ma più spesso da interessi di bottega, come nel caso di Repubblica». Pensa che i tifosi in festa per la sconfitta del Milan in Coppa leggano i fondi di Scalfari? «Anche lì, quanta esagerazione. In questi anni abbiamo speso molto meno della Juventus e passiamo per gli sceicchi del calcio. A noi Van Basten è costato una fesseria: un miliardo e due. Certo, avremo fatto un po' troppo i ganassa, sì gli spacconi, con la fissa dei record. Anche il Vietato ha avuto toni eccessivi. Ma la verità è un'altra. Siamo sotto tiro». Vi sentite accerchiati? «Il vecchio Rizzoli aveva una massima: io dico sempre che ho avuto fortuna nella vita, non è vero ma così mi faccio perdonare il successe. Berlusconi invece è in questo ingenuo, "americano". E si espone ai catoni che usano un clima da ghigliottina per attaccarci su tutta la linea, facendo per di più casino tra Milan e tv, telepromozioni e Standa, Mike Bongiorno e Panorama». Ve la siete cercata: le sinergie. «Ma questo è un processo sgangherato come quelli di Biscardi. Ogni volta tirano in ballo il Caf e Craxi, come se le reti ce le avessero date loro: le abbiamo conquistate sul mercato». Con i metodi del Far West. «Io amo John Ford e il Far West mi piace: è la metafora del progresso, la nuova frontiera». E la sparatoria per prendere le frequenze della Mammì? «Guardi che quella legge ha soltanto fotografato l'esistente. Ancora oggi tutti, non solo noi, continuano a trasmettere sulle frequenze usate in precedenza». Berlusconi è stato l'imprenditore degli Anni Ottanta, Craxi il politico. Ed è un'epoca sotto processo. Hanno scritto che siete «una tigre di carta», «fottuti dalla storia». «Ma chi, quel Serra? Com'è diventato triste. Ricordo quando ci prendeva in giro sulla pagina Spettacoli dell'Unità. Geniale. Silvio moriva dal ridere. Ora credo che se ne vergogni. E' lì che fa il giudice popolare aggiunto, con la fascetta tricolore...». Lasciamo stare Serra e tor- niamo ai ruggenti Ottanta. «A parte qualche pacchianeria, non li rinneghiamo. Sono stati anni di modernizzazione, di rivolta contro la cultura ipocrita del cattocomunismo e del compromesso storico, che oggi magari si vorrebbe riesumare. Ecco, non vorrei che a furia di processare gli Ottanta ci trovassimo a rivivere i Settanta, gli anni di piombo. Già tira un'aria da Inquisizione». Non pensa che senza inchieste sarebbe peggio? Lo vede oggi un governo Craxi a chiedere i sacrifici? «I giudici fanno il loro mestiere. Ma non hanno "sempre ragione". Che devo dire? A me, a noi, questo clima preoccupa. I giudici fanno la rivoluzione e i mass media si offrono a far da ghigliottina. Certi politici che sembrano usciti dai fondali bui di Samarcanda. E i pentiti sacri, la galera usata come strumento di pressione. Il ricatto morale per cui se non urli in piazza che Andreotti era un mafioso e Craxi un delinquente comune, vieni schedato come sospetto. Guardi che cosa succede, Berlusconi va a testimoniare volontariamente dal giudice e si parla di "interrogatorio". Se non è caccia alle streghe questa...». Frequenze a parte, che differenza passa tra distribuire tangenti a un partito e offrire dieci spot elettorali al prezzo di uno? «Non abbiamo violato la legge sul finanziamento dei partiti. Non è reato fare sconti ai clienti». Sconti del 90 per cento? «All'epoca facevamo il 60-70 ai grandi inserzionisti. Con i partiti ci siamo regolati così: uguali condizioni a tutti. Dai missini ai verdi, dalla de al psi ai comunisti. E' come la diplomazia di una potenza che tratta con altre potenze: il sistema dei partiti. Dal quale eravamo nella sostanza distanti». Ma se eravate la tv del Caf, il governo metteva la fiducia sui decreti Berlusconi, la Mammì l'ha redatta un vostro consulente, quel Giacalone. «Alt, questo è vilipendio del Parlamento. Quella legge ha avuto una gestazione di dieci anni, porta 1600 emendamenti, ha provocato le dimissioni di cinque ministri e comunque, tra errori e limiti, sanciva la fine ufficiale del monopolio di Stato. E lei me la chiama legge Giacalone?». Comunque, ora tutti dicono di volerla cambiare. Tre reti a un privato, non esiste al mondo. «Noi abbiamo tre reti perché ne ha tre la Rai». E se l'Iri privatizza una o due reti Rai? «Allora che le privatizzi tutte e tre!». Ma così non se ne fa nulla. Che cos'è la vostra, la linea del Piave o una Maginot? «Queste tre reti, Berlusconi le ha conquistate battendo sul libero mercato editori come Rizzoli, Rusconi e Mondadori, inventando per l'Italia un nuovo modo di raccogliere pubblicità, creando migliaia di posti di lavoro. Ci abbiamo messo 14 anni. In Francia hanno privatizzato in 14 minuti Tf 1, che da sola fa il 45 per cento, come Canale 5, Italia 1 e Rete 4 messe assieme». Pensate di quotare in Borsa anche le televisioni? «Sì, entro l'anno. Una volta scelta la strada di diventare una public company, non ha senso lasciare fuori da Piazza Affari il cuore del gruppo». Basterà a mantenere le tre reti, anche senza più l'appoggio di una lobby politica? «Lobby? Qui i lobbisti, da sempre, sono quelli della Rai. I Pedullà e i Pasquarelli che oggi esaltano le riforme, e sembrano i podestà di regime che il 26 aprile del '45 si mettevano il fazzoletto rosso al collo e dicevano d'aver fatto la Resistenza. Se c'è un gruppo industriale anti-regime, in Italia, questo è la Fininvest. Il primo cuneo nella partitocrazia lo fa Berlusconi». Ci faccia capire, direbbe Fu- nari. «L'avete scritto. Le tv private da noi hanno fatto la rivoluzione culturale, allontanato la gente dalle parrocchie ideologiche, se vuole, prefigurato anche il nuovo sistema elettorale: uninominale, maggioritario, meritocratico». Verso la democrazia anglosassone passando per Drive In. «O da TeleMike, perché no. Detto da noi farà ridere, ma se cito un pensatore liberal va bene? Galbraith dice che oggi senza tv commerciale non esiste democrazia. Provi a dirlo a Veltroni che fa l'americano e intanto rimpiange Bemabei e s'allea con Pasquarelli. E noi saremmo quelli del regi¬ me?». Non sarà che state mettendo il cappello su Bossi? «Finora a noi con i politici è semmai successo il contrario: è stato il Caf a mettere il cappello su Berlusconi. Piuttosto, le leghe sono nate qui, pescano voti tra la nostra gente, tra i giovani che lavorano da noi. Potevamo non farci un'idea in proposito?». E quale idea vi siete fatti sulla Lega? «Tanto per cominciale, non si tratta di un movimento anti-democratico. Questo l'abbiamo sempre saputo, stando qui. Come sapevamo fin dal principio che non sarebbe bastato portarli a cena a Trastevere o invitarli al talk show per normalizzarli. Rappresentano una novità vera nella politica italiana e Bossi è un vero leader, ha fiuto, è un pragmatico, un loico, direbbe il mio caro Brera». Tradotto: logico e laico. Cqme la mettiamo però con la paranoia dei mitra e dei carri armati, con Miglio che parla da Sturmtruppen? «Ma no, io il Bossi che imbraccia il Kalashnikov proprio non me lo vedo. Il fascismo sansepolcrista era un'altra faccenda: anticapitalista, centralista e col mito dei colli fatali. Un federalista che crede nel libero mercato non può essere autoritario». Insomma, Bossi vi piace. Anche Formentini sindaco? «Bossi ci interessa perché rappresenta la novità. Aggiungo che ci interessano tutte le forze che lavorano seriamente a riformare il sistema nel senso del voto referendario. Compreso il pds». C'è chi pensa: con l'uninomi¬ nale Berlusconi si elegge mezzo Parlamento. «Saremmo dei pazzi e degli illusi. In Italia non c'è soltanto la televisione a creare consenso. Esistono movimenti, partiti, sindacati, la Chiesa, le associazioni di volontariato. Non siamo il Brasile. Qui Craxi, con cinque reti a favore, come dite voi, è passato in tutto dal 10 al 14 per cento». E se a Berlusconi venisse voglia di entrare in politica? «Dovrebbe passare prima sul mio cadavere. Ma parliamoci, chiaro, lei guarda le nostre tv: le sentoreno uh pericolo per la democrazia? Abbiamo il miglior telegiornale d'Italia, il più Ubero. Oggi giorno Mentana martella sulle tangenti, e non creda che i politici apprezzino». Però dopo Mentana arrivano gli Sgarbi, i Damato e - spiace dirlo - i Ferrara, cui è affidato il «lavoro sporco». «Parlano a titolo personale e anche spettacolare. Come il fool scespiriano. Ferrara poi mi piace, è un cervello: dovrebbe scrivere». E questa guerra con il gruppo Caracciolo che ha militarizzato la stampa? «Qui sono d'accordo col Bocca: lasciamo perdere, prima che i lettori si stufino. Ma noi ci siamo soltanto difesi». Si dice sempre così. «La violenza di certi toni non è nostra. Ma sarebbe una storia lunga e abbiamo appena detto che è meglio abbassare il tiro». Signor Confalonieri, una volta fatti tutti i processi, veri o falsi, bisognerà pur ricostruire. In dieci anni voi e la Rai vi siete svenati per strapparvi le star e il risultato è una televisione brutta, invecchiata, tecnologicamente povera. Ci attende un futuro da colonia? «Questo è un problema serio. Quando leggo sull'ultimo Newsweek della tv satellitare e interattiva, penso che in quattro anni i grandi network statunitensi hanno perso il 30 per cento di ascolti per concorrenza di sofisticatissimi circuiti locali, e guardo quel che succede in Italia: non abbiamo neppure i cavi per attaccarci le pay-tv. Quante volte abbiamo detto ai dirigenti Rai: piantiamola di svenarci per Dallas e Dynasty, facciamo ricerca assieme. Macché, bisognava ammazzare Berlusconi e allora spuntava un Biagio Agnes pronto a lanciare la crociata miliardaria per Pippo e Raffaella. E Berlusconi che cosa doveva fare, lasciarsi annientare? L'Iri vent'anni fa aveva già tutto: Rai, telefoni, ferrovie e compagnia aerea. Se avessero usato le sinergie, le vituperate sinergie, oggi l'Italia avrebbe una rete di comunicazioni tra le prime del mondo. Ma i boiardi di Stato hanno preferito litigarsi le poltrone a colpi di manuale Cencelli. E ora vogliono massacrare Berlusconi e la Fininvest, che hanno segnato l'unico progresso nel settore. E' una folle vendetta». Siete sempre ottimisti? «In questo momento, un po' meno». Curzio Maltese «Legge di Giacalone? Ma è vilipendio del Parlamento! Ha avuto dieci anni di gestazione, 1600 emendamenti e ha sancito la fine del monopolio» «Abbiamo detto alla Rai: finiamola di svenarci per Dallas e Dynasty. Macché. Dovevano farci la pelle» liardo. Ma neppure una lira di quei soldi, ha sostenuto, gli è rimasta in tasca. Una parte li Qui accanto Silvio Berlusconi. Nella foto grande il suo vice Confalonieri. Sotto Adriano Galliani protagonista di un altro «Processo» incandescente dare i conti della campagna elettorale del «suo» ministro. Era l'uomo della cassa, cioè: i infatti, si gioca sempre più attorno al pia- . Sirena, a restare al suo posto. In mattinata, infatti, Pietro Sirena, strettissimo collaborato¬ «Legge di Giacadel Parlamentodi gestazione, 1e ha sancito la fi Qui accanto Silvio Berlusconi. Nella foto grande il suo vice Confalonieri. Sotto Adriano Galliani protagonista di un altro «Processo» incandescente L'ex ministro delle Poste Oscar Mammì e sopra il suo ex braccio destro Davide Giacalone in carcere a Regina Coeli

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