Catania, un giorno da New Orleans di Francesco La Licata

Campagna all'americana per una città minata da crisi e disoccupazione Campagna all'americana per una città minata da crisi e disoccupazione Catania, un giorno da New Orleans Ipartiti tradizionali puntano su uomini nuovi e hanno rinunciato a presentare i vecchi simboli CATANIA DAL NOSTRO INVIATO La band attraversa la via Etnea trascinandosi dietro un codazzo di curiosi. «Stocca» per via Pacini fino al mercato di piazza Carlo Alberto, preceduta dal candidato che stringe le mani di tutti e dedica i segni della vittoria ai carusi che indossano le magliette bianche con la foto e il nome del candidato. «Ma chi successi, ah?». La domanda non cade nel vuoto perché, un ragazzo molto amerìcaneggiante spiega: «Niente, stiamo facendo un po' di dixieland per l'onorevole Enzo Tramino». Dixieland? Il curioso, sospettoso ma cauto, preferisce non approfondire e si dichiara immediatamente soddisfatto. Catania come New Orleans? Sarà. Eppure queste elezioni all'americana, con la scelta «diretta» del sindaco, non sembrano aver sollevato particolarmente il morale dei catanesi. Qui, la Milano del Sud appare come un pallido ricordo e nessuno osa rinverdire i miti del Bell'Antonio e di Fadron Toni. «Stendiamo un velo pietoso». Qui, semmai, si parla del fatto che «hanno arrestato 'u Nittu», meglio conosciuto ai profani come il boss Santapaola e si grida all'inverosimile per la cattura di un altro «padrone» di Catania, l'andreottiano Nino Drago, «l'ingegnere della politica». «Non c'è più mondo, chi poteva pensare di vedere un giorno Drago in manette?». Sembra depressa,' Catania. A San Cristoforo i carusi dei vicoli «piangono» per l'arresto di Santapaola, i commercianti di viale Ionio, imbarazzati, si atteggiano ad orfani del boss lasciando intendere di aver perso un punto di riferimento, costoso per via del «pizzo», ma sicuro. «I ristoranti ne ricordano le virtù. Gli esercizi pubblici gestiti dai prestanóme del boss sbandano. Le persone perbene gioiscono, sperano che qualcosa stia davvero per cambiare, anche se questi ultimi scampoli di politica stentano a distaccarsi netta- mente dal vecchio sistema. Certo, sarà dura per il nuovo sindaco. Chiunque esso sia. Disoccupazione e depressione economica galoppano, le gioiellerìe di via Etnea, un tempo simili alle banche per via dei sofisticatisssimi sistemi di sicurezza, piangono miseria. Persino le librerie dichiarano lo stato di crisi. «Un tempo - dicono alla "Cultura" di piazza Umberto Catania leggeva. Leggeva più di Palermo. Ora non è più così. Gli effetti di Tangentopoli hanno fatto contrarre i consumi e dove si risparmia di più ovviamente è nel campo dei libri, erroneamente considerati un lusso». I problemi sono tutti lì: incancreniti dall'assenza di amministrazione e di progetto politico. Il traffico continua a strangolare la città e i mezzi pubblici, gli ospedali fanno acqua e non garantiscono nulla, i grandi appalti sono bloccati dagli scandali e il lavoro manca. L abusivato si fa largo. Ma c'è anche qualcosa in più, rispetto al passato: l'ombra del Palazzo di giustizia che incombe sulla pohtica. La Tangentopoli siciliana ha un posto preminente sotto l'Etna e dalle stanze della Procura della Repubblica cominciano a liberarsi le prime inchieste, fino a ieri comprèsse dall'enorme coperchio tenuto dal comitato d'affari, dalla pohtica del voto di scambio e dai mafiosi che andavano a braccetto con gli imprenditori «di stomaco buono». Ora sta venendo tutto a galla ed è un vortice di nomi: Costanzo, Rendo, Finocchiaro, Andò, Ni.colosi. Drago, Tignino. Insomma una «santabarbara». Basta l'elezione all'americana per cancellare tutto ciò? Certo che non basta. Ma potrebbe essere l'inizio. Qualche cambiamento «forzato» si comincia già a vedere. Gran parte del partiti tradizionali non hanno più la faccia per presentarsi coi loro simboli. Si punta allora sugli; uomini, appunto sulle facce pulite. Con la segreta speranza che riescano a far scordare il passato. Ma, sotto sotto, se si va a scavare ci si accorge che il vec- chio modo di far pohtica, le alleanze trasversali continuano a far capolino. Gran favorito alla poltrona di sindaco è il repubblicano Enzo Bianco. Guida una coalizione che racchiude cattolici e pidiessini (non ce la facevano a presentarsi da soli), pri, Verdi e Popolari per la riforma. Una coalizione tenuta insieme miracolosamente da don Salvatore Rosea, prete fondatore di «Città Insieme», anima nuova della «Catania liberata». Bianco dovrà vedersela con Enzo Tran tino, avvocato missino che però - altrimenti come giustificherebbe la musica dixieland? - si presenta con una lista propria. I boókmakers del 6 giugno li danno certamente protagonisti del successivo ballottaggio. Poche chance vengono attribuite al candidato democristiano Antonio Scavone, anche se non ha ancora quarant'anni ed è il «sopravvissuto» di un frettoloso e crudelissimo pensionamento-coatto dello stato maggiore scudocrociato. Poi ci sono due outsider: Claudio Favai figlio del giornalista assassinato dalla mafia, e Mario Petrina, caporedattore alla Rai, di provenienza repubblicana. Il primo conta sull'appoggio della Rete (è deputato nazionale) e di Rifondazione comunista. Il secondo, che ufficialmente si presenta come indipendente con una lista appoggiata da 1200 firme, in realtà potrebbe raccogliere i voti di uno schieramento trasversale di tutti gli scontenti che non vogliono prender posto sotto l'ombrello del «nuovo». E' lo scontro fra «Patto» e Rete, comunque, il tema dominante di questa campagna elettorale tutta giocata sull'antimafia e sulle possibilità «di liberare realmente Catania». Fava e Bianco hanno preso strade separate. «Quelli della Rete - dice don Salvatore Resca - hanno voluto fare questa esperienza da soli, peccato. E dire che è una vita che tento di mettere insieme questa benedettissima sinistra!». La risposta della Rete parla di «confusione» nel «Patto», una coalizione che poggia più «su accordi delle segreterie dei partiti che sul reale sforzo di trovare punti comuni e programmi podici». - «? - Arriva il nuovo, dunque? La campagna elettorale non ha dato particolari segni di vitalità: toni bassi e poco clamore, a parte la band di Tran tino e la musica discutibile di Brigantoni, cantante popolare e candidato di lusso del «Movimento popo¬ lare». Molti dibattiti (noiosissimi) in televisione, molta carta stampata, volantini e tanta attività porta a porta. Claudio Fava batte a tappeto tutta la città e, in televisione, sembra aver abbandonato i toni da tribuno «orlandiano» in favore di una certa flemma riflessiva che gh assicura un'apparenza più rassicurante. E' l'unico che non. teme «sorprese» dal Palazzo di Giustizia. Già, i magistrati. Si sono calati nel clima generale della Tangentopoli italiana. La magistratura catanese ha molto da far dimenticare del suo passato remoto e recente. Tanto che accadono cose incredibili: la riedizione di alcune inchieste sui «cavalieri del lavoro», ancora loro, la' «chiacchierata» del costruttore cavalier Finocchiaro che sembra aver inguaiato tanti big della pohtica. Amministratori come Tignino, ma anche ex stelle di prima grandezza come Salvo Andò. Persino Enzo Bianco, dicono le malelingue^ .non dorme sonni tranquilli. E' stato amministratore di Catania, ha fatto il sindaco e qualche firma l'ha messa pure lui. Arizi, sostengono i suoi nemici, desta molta meraviglia che i giudici abbiano avviato molte inchieste senza aver dato impulsò a inda- gini meno recenti, come quella sui «cottimi fiduciari» concessi dalla giunta presieduta da Bianco. Insomma c'è poco di nuovo, a. sentire certi discorsi. I catanesi sono delusi. Avrebbero voluto una battaglia con più grinta e invece hanno dovuto, attendere parecchio prima che Bianco si decidesse ad entrare nella competizione, forse a lungo tentato da una più esaltante esperienza nazionale. Il gesto più «rivoluzionario» di Enzo Trantino è stato quello di «rifiutare gentilmente» la nomina di Santapaola che lo voleva come difensore. E che dire della de e dei socialisti? Questi ultimi sono tanto malridotti da esser stati costretti a presentare una hsta di consiglieri comunali col nome di «Progressisti per Catania». I primi si sono «inventati» il medico Scavone, stimato professionista. Eppure c'è una parola nuova che potrebbe mimetizzare il vecchio: apparentamento. Sotto questo termine può accadere di tutto. E' una specie di parola magica: tutti cercano di apparentarsi con altri in vista di un ballottaggio - quasi certo perché nessuno sembra tanto forte da superare lo scoglio al primo turno - che appare molto incerto. Bianco spera in un ballottaggio con Fava, perché se dovesse affrontare Trantino (appoggiato dal potentissimo editore Mario Ciancio di cui è consuocero) non avrebbe vita facile. A chi andrebbero, in quel caso, i voti, diciamo, delle ceneri del quadripartito? Ecco perché sono in molti a temere che l'apparentamento si risolva, in buona sostanza, nel solito mercato delle vacche. Chi cerca appoggi deve offrire qualcosa. E il candidato sindaco non può che proporre cariche e posti in giunta. Vedremo se tutti manterranno la promessa di anticipare, insieme coi programmi, anche l'elepco-jdei nomi di chi andrà a far parte della giunta. Se non sarà così la band avrà suonato invano. Francesco La Licata Chi sarà il prossimo sindaco? Favorito il repubblicano Bianco Outsider, Claudio Fava (Rete) i. Due candidati a sindaco di Catania Enzo Bianco e Claudio Fava (a destra) Un'immagine di Catania Domenica la citta andrà alle urne per il rinnovo del Consiglio