Belliazzi, arresti domiciliari di Susanna Marzolla

L'ex direttore Fiat di Roma a confronto con Bernardini mediatore per il metrò L'ex direttore Fiat di Roma a confronto con Bernardini mediatore per il metrò Belliazzi, arresti domiciliari Il commercialista di Intermetro «Tangenti ai socialisti e alla de» MILANO. Umberto Belliazzi, ex direttore della Fiat a Roma, da ieri è agli arresti domiciliari. La decisione è stata presa dopo un nuovo interrogatorio in carcere e dopo un confronto con Crescenzo Bernardini, «mediatore di tangenti» per Intermetro, il consorzo di aziende che ha in appalto la metropolitana di Roma. «Belliazzi - spiega uno dei suoi avvocati, Vincenzo Siniscalchi - ha confermato e ampliato il quadro già delineato». Un quadro, cioè, di pressioni ricevute da vari ambienti politici affinché le aziende della Fiat «mantenessero gli impegni assunti», ovverosia pagassero le tangenti concordate. Umberto Belliazzi era finito a San Vittore sabato scorso, accusato di concorso in corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti. In sostanza, era accusato di aver «sollecitato» Antonio Mosconi, all'epoca responsàbile dell'Impresit, a pagare un miliardo e 750 milioni di tangenti. Ed era stato proprio Mosconi, all'inizio di maggio, a tirare in ballo Belliazzi: «Mi rimproverò - ha detto ai magistrati - perché l'Impresit non pagava i debiti con i politici, e quindi faceva fare brutta figura alla Fiat». Belliazzi viene sentito poco dopo in qualità di indagato, e ridimensiona il suo ruolo: ammette solo una conversazione generica, nega di aver mai citato il nome di Cesare Romiti. Atteggiamento che mantiene anche durante un confronto con Mosconi. Il 18 maggio, però, viene arrestato Crescenzo Berciar- dini, anziano (78 anni) avvocato commercialista di Roma. E' lui il mediatore a cui Enzo Papi, ex amministratore delegato di Cogefar Impresit, ha materialmente versato la tangente. Bernardini ammette e racconta in questi termini l'episodio: «Balzamo mi invitò ad interessarmi presso i dirigenti Fiat di Roma affinché onorassero i loro impegni. Mi disse che ne aveva già parlato con Romiti. Io contattai Belliazzi: mi rispose che si sarebbe interessato presso i suoi superiori; poi mi confermò la disponibilità della Fiat». Il 18 maggio la Procura decide di rivedere la posizione di Belliazzi, che da semplice indagato si ritrova con un mandato di cattura. Quando lo sa, il manager, in pensione da dicembre, si presenta spontaneamente a Palazzo di giustizia e viene interrogato. Su un punto i magistrati insistono: tra quéi «superiori» in Fiat con cui si sarebbe consultato c'era forse anche Romiti, come sostiene Bernardini? Belliazzi nega con forza. Lui si limitò a «riferire» a Mosconi la lamentela del psi, nulla di più. Sabato, dopo l'interrogatorio, finisce a San Vittore; ieri gli arresti domiciliari: Belliazzi ha cambiato qualcosa del suo racconto? «Ribadisco - dice l'avvocato - che ha sviluppato le dichiarazioni originarie, fornendo ulteriori particolari. Ma ha confermato nella sostanza ciò che aveva già dichiarato». E il confronto con Bernardini? «Ciascuno è sostanzialmente rimasto sulle proprie posizioni», rispondono concordi gli avvocati. Nessun avvicinamento tra queste posizioni? «C'è il segreto istruttorio». Però da questo segreto qualcosa filtra. In serata da «ambienti di Palazzo di giustizia» (così li chiama l'agenzia Ansa) si viene a sapere che Bernardini sarebbe rimasto «fermo sulle sue posizioni». Belliazzi, invece, avrebbe fatto «parziali ammissioni» non sulla vicenda dell'Intermetro, ma sul sistema delle tangenti in generale. La decisione di concedere gli arresti domiciliari a Belliazzi, comunque, è venuta non solo dopo il confronto, ma anche dopo un nuovo interrogatorio in cui avrebbe raccontato vicende di tangenti almeno in parte sconosciute, agli inquirenti. E Bernardini che agli arresti domiciliari c'era già, per questioni di età, è rimasto nella stessa situazione: proprio prima del confronto, infatti, ha avuto la sgradita sorpresa di un nuovo ordine di custodia cautelare. Come per il primo, le accuse sono corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti; come per il primo, per tangenti dell'Intermetro di Roma. Solo che stavolta non è stato un manager Fiat ad accusarlo, bensì Bruno Musso, amministratore delegato dell'Ansaldo: la sua azienda aveva promesso una tangente di quasi due miliardi, pagata solo in parte: e anche m questo caso Bernardini aveva le funzioni di mediatore. Una cosa in più Bernardini a questo punto l'ha ammessa: non faceva il mediatore di tangenti solo per Balzamo, di cui si è definito amico, e per il suo partito, ma anche per la democrazia cristiana. Susanna Marzolla fi) A sinistra Umberto Belliazzi ex direttore della Fiat a Roma A sinistra il giudice Tiziana Parenti Qui accanto il manager Antonio Mosconi E' stato responsabile dell'Impresit

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