Treccani «carrozzone» della discordia di Maurizio Assalto

polemica. Il «manifesto» attacca: l'Istituto funzionava meglio ai tempi del fascismo polemica. Il «manifesto» attacca: l'Istituto funzionava meglio ai tempi del fascismo Treccani, «carrozzone» della discordia II direttore: siamo i primi d "Europa /v IUASI quasi era meglio ai 11 tempi del fascismo... No, 11 non è una battuta qua- 11 lunquista figlia di questi Y I tempi calamitosi; è il giuV dizio che si poteva leggere ieri sulle pagine di cultura del Manifesto, ultimo «quotidiano comunista». Obiettivo polemico, una delle più prestigiose istituzioni culturali nazionali: l'Istituto della enciclopedia italiana, meglio noto come «Treccani». Lo spunto è fornito dallo stanziamento - deliberato dal ministero dei Lavori pubblici, gestione Prandini - di 546 milioni in favore dell' Istituto «per l'analisi storica della costruzione e dei restauri» della Torre di Pisa. Che c'entra la Treccani?, si domanda l'articolista, Remo Ceserani. E suggerisce, provocatoriamente: «Un buon modo per impiegare quei 546 milioni sarebbe quello di fare una "analisi storica" dell'Istituto stesso. Andrebbe, per esempio, spiegato come mai esso è riuscito, in epoca fascista, mobilitando il meglio della cultura accademica del tempo, a mettere insieme una delle migliori enciclopedie europee, e invece, in epoca democristiana, non ha mai avuto il coraggio di rifare l'impresa, e si è limitato a gestirne il patrimonio, producendo appendici, riduzioni e una quantità di enciclopedie settoriali e di contorno». Tutto ciò mentre gli omologhi istituti stranieri erano capaci di rinnovarsi e concepire formule più adeguate ai tempi. Forse, dice il Manifesto, «è arrivato il momento di discutere pubblicamente della gestione dell'Istituto, della sua struttura parastatale, dell'impostazione ideologica e culturale delle sue imprese». E denuncia: «Non c'è una forte sfasatura fra gli orientamenti prevalenti nella cultura italiana, quella che dialoga alla pari con i maggiori centri culturali del mondo, e gli orientamenti che prevalgono nell'Istituto e fra i suoi dirigenti: molto spiritualismo, qualche verniciatura laica e modernistica?». Insomma: «un carrozzone editoriale, che monopolizza una grossa fetta di attività culturali del nostro x'aese». Quasi quasi conclude il quotidiano comunista - è meglio privatizzarlo. Come reagiscono all'Istituto? Prima di tutto, puntualizzando. «Sono accuse puerili» ribatte pacato il direttore scientifico, Vincenzo Cappelletti. Punto primo: l'«analisi storica» della Torre di Pisa. «Qual è il problema? L'Enciclopedia è sede di una forte comunità di storici dell'arte, per questo da lungo tempo le vengono affidati accertamenti documentali su progetti che riguardano l'amministrazione pubblica». Punto secondo: non è vero che l'Istituto sia un ente parastatale. «Dopo essere nata dal mecenatismo di Giovanni Treccani, dal '33 l'Enciclopedia è diventata una società di diritto privato. E proprio grazie a questo status negli Anni 30, sotto la direzione di Gentile, potè diventare un rifugio per una larga schiera di intellettuali antifascisti e ebrei, come Ugo La Malfa, Guido Calogero, Nello Rosselli, Rodolfo Mondolfo. Per la sua voce "Risorgimento" Walter Maturi perse la cattedra, ma non il posto all'Istituto. E la voce "Ebrei" fu compilata da Giorgio Levi della Vida, che non aveva fatto il giuramento al regime e si guadagnava il pane qui. Oggi l'Istituto è una spa "di interesse pubblico", che ogni anno paga 8-9 miliardi di imposte allo Stato, ricevendone contributi per 140 milioni». Corollario: macché «carrozzone», macché «sfasatura». «Siamo il maggiore laboratorio culturale europeo, con 600 specialisti delle varie aree: quasi tre facoltà universitarie. Nomi come Giovanni Pugliese Carratelli, Paolo Sylos Labini, Tullio Gregory, Giuseppe Bedeschi, Pietro Rossi». Altro che ristampe: «Negli ultimi decenni abbiamo varato opere co¬ me l'Enciclopedia di arte antica, il Dizionario biografico degli italiani, l'Enciclopedia delle scienze fisiche, la Storia del XX secolo...». «Non è vero che nel dopoguerra la Treccani non abbia prodotto niente - concorda e riassume il germanista Cesare Cases, direttore dev'Indice -. Se non altro ha realizzato il Dizionario enciclopedico, un'opera esemplare, molto meglio di quelle straniere, anche tenendo conto delle sue ri¬ dotte dimensioni». L'italianista Vittore Branca si spinge oltre: «Rispetto alla vecchia e meritoria Enciclopedia di Gentile, quella attuale ha manifestato grande vitalità. Si è sintonizzata con lo spirito della cultura contemporanea che ritiene insufficienti le opere di carattere generale, indirizzandosi nel campo delle discipline particolari: per questo è portata ad esempio in tutto il mondo. All'estero sono ancora fermi alle enciclopedie vecchio stile, come la Britannica e la Larousse». La conclusione a un fruitore: «Veramente non sono un grande consumatore di enciclopedie dice il critico e poeta Edoardo Sanguineti -. Ormai si ricorre più volentieri alle bibliografie specifiche. Riconosco che l'Istituto Treccani ha svolto una positiva attività lessicografica, ma la forma stessa dell enciclopedia oggi è in crisi, e anche i tentativi di rinnovamento, come quello della Einaudi, hanno rivelato i loro limiti. Bisognerebbe trovare formule nuove. Quali? E' un problema». Maurizio Assalto Cases: non è vero che dopo il '45 l'Enciclopedia si sia fermata. Branca: meglio della Britannica A lato Giovanni Gentile, a capo della Treccani negli Anni 30 A sinistra Edoardo Sanguineti, sopra Cesare Cases. In alto Vincenzo Cappelletti e Giovanni Treccani

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