Finalmente la sinistra scopre il dramma balcanico di Aldo Rizzo

La capitale sotto una pioggia di bombe, decine di morti OSSERVATORIO Finalmente la sinistra scopre il dramma balcanico finalmente, per la tragedia della Bosnia, si muove anche la sinistra. A Gorizia (città-limite, città-simbolo della contiguità dell'Italia con la ex Jugoslavia) il pds ha riunito ieri una ventina di partiti postcomunisti, socialisti e socialdemocratici, provenienti dalle ex Repubbliche della Federazione, ma anche dall'Ungheria, dalla Polonia, dalla Boemia e dalla Slovacchia, con l'aggiunta di quattro grandi e storiche socialdemocrazie centro-occidentali (Austria, Francia, Germania e Svezia). Obiettivo: cercare, trovare, una strategia comune, una voce comune, per dare nuovo spazio al sentiero, drammaticamente stretto, della pace nei Balcani. La sinistra europea era un po' (o molto) sotto accusa per le vicende jugoslave. Ma come: furono mobilitate le piazze, e quali piazze, contro la guerra americana in Vietnam; si aprì una discussione, a tratti assai intensa, persino lacerante, sull'opportunità (inevitabilità) dell'intervento armato contro l'Iraq di Saddam Hussein; e di fronte alle carneficine della Bosnia, e alle primarie responsabilità dei serbi, tacevano, o emettevano suoni flebili, le voci e le coscienze? Complesso di colpa, imbarazzo, rispetto alla storia del comunismo e del postcomuniI smo? In ogni caso, una sinistra I «incerta, debole e divisa», come ha scritto Piero Fassino sull'«Unità» di sabato. Di qui l'iniziativa dì Gorizia, che non segnerà una svolta nella crisi dei Balcani, ma sottolinea la necessità che non solo i governi, ma le forze politiche nel loro complesso, anche e soprattutto se di opposizione (e tanto più se di opposizione in Serbia, e nella stessa Croazia, non immune da colpe) facciano i conti con i dati reali della tragedia. In due sensi: intanto riconoscendo che le incertezze dei governi, del potere «ufficiale» dell'Occidente, non sono il riflesso di una Realpolitik deteriore, ma di complicazioni e intrecci quasi inestricabili della situazione «sul campo»; e poi affermando che non ci si deve arrestare a questo dato di fatto, ma contribuire tutti insieme, moderati e progressisti, governi e opposizioni, di qua ma soprattutto al di là di Gorizia, a individuare una via di uscita dal tunnel. Fassino, che di questo convegno è stato il coordinatore, mi ha detto due o tre cose che si possono condividere. Per cominciare, che siamo stati tutti spiazzati, sinistra centro e destra, in Europa, dalla natura, dalla «qualità» della crisi jugoslava. Poi che, fra i vari progetti diplomatici, il Piano VanceOwen, pur con le sue ambiguità 0 velleità, resta il più valido. Infine, che la soluzione che ad alcuni sembra la più realistica (la spartizione della Bosnia in tre entità o ministati etnici), è in effetti la più pericolosa, perché alla fine nessuno accetta, neppure la Russia, una sovranità islamica nel centro dell'Europa, e ne può derivare un focolaio di tipo palestinese, tra diaspore e vendette musulmane, alimentate dai fondamentalisti. Naturalmente c'è la «extrema ratio» dell'intervento militare, in favore dei bosniaci islamici. E proprio ieri è ripresa l'offensiva serba contro Sarajevo. In conclusione. Una crisi sempre più grave, anche se giunge in modo intermittente sui nostri televisori e sui nostri giornali, per la coincidenza con 1 guai italiani. E una soluzione, ovviamente, lontana. Ma da ieri anche la sinistra europea partecipa direttamente e congiuntamente al travaglio. Speriamo che serva a qualcosa. Aldo Rizzo

Persone citate: Fassino, Piero Fassino, Saddam Hussein