Il pellegrinaggio degli sfollati in lacrime davanti alle macerie di Renato Rizzo

Il pellegrinaggio degli sfollati in lacrime davanti alle macerie Gara di solidarietà a Firenze per gli ottanta senza casa Il pellegrinaggio degli sfollati in lacrime davanti alle macerie FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Dietro quelle transenne, dove uomini con il casco e la mascherina sulla bocca lavorano tra le macerie, c'era la loro casa: casa vuol dire affetti, tranquillità, sicurezza, ma in questo maledetto quadrivio di polvere e di ferri contorti, casa significa soltanto dolore. Dalla strada si vedono, sotto quei tetti squassati, scheletri di letti, macchie colorate di maglie e camicie, carcasse di televisori. A guardare lassù sono uomini e donne con gli occhi ancora gonfi di pianto a tre giorni dalla strage: assorti come se osservassero reliquie. Stanno lì pochi secondi, poi se ne vanno scortati dai vigili del fuoco oltre lo sbarramento. E altri subito prendono il loro posto. Sono, queste, le ultime occhiate agli appartamenti, a ciò che resta degli appartamenti, in cui si dipanava la vita di ogni giorno. Tra non molto questo palazzo medioevale di via Georgofili, proprio davanti all'Accademia, che l'esplosione ha devastato e incendiato, scomparirà per sempre. Abbattuto. Qui viveva, con la sua compagna Francesca Chelli, Dario Capolicchio, lo studente rimasto vittima dell'attentato. E qui, fino a quella terribile notte di martedì, abitavano altre tre famiglie: «L'edificio - è stata la diagnosi del capo dipartimento edilizio Todaro - è in uno stato disastroso. Non è possibile salvarlo». Condanna a morte incombente anche per altri due palazzi adiacenti: il sindaco, Morales, con un'ordinanza, ha lasciato ai tecnici ampia discrezionalità autorizzando, comunque, fin d'ora la loro demolizione. Intanto s'è iniziata, su queste case agonizzanti, una serie di progressivi interventi di smantellamento. La condanna o la grazia verrà pronunciata venerdì. Una cosa è certa: tutta la zona verrà ripristinata esattamente com'era prima. La gente che viene qui in pellegrinaggio s'aggrappa a questa certezza di un domani «esattamente com'era prima» ma gli appigli a questo futuro, spesso, franano, proprio come le mura piene di crepe di quest'angolo di Firenze: si sbriciolano davanti ad un ricordo che assale a tradimento, davanti a un oggetto che spunta contorto e perduto dalle macerie. 0 davanti ad un piccolo album di fotografie come quello che i vigili hanno trovato ieri pomeriggio tra ciò che resta della torre del Pulci. In questo piccolo raccoglitore di plastica blu era racchiuso il film degli ultimi mesi di una famiglia felice spazzata via dall'attentato: sono 36 immagini da cui rimbalzano i sorrisi di Angela e Fabrizio Nencioni e delle loro due bimbe, Nadia di 9 anni e Caterina di sette settimane. Ecco Nadia, con sci e scarponi, in seggiovia accanto al papà, eccola imbacuccata nel suo vestito da Pierrot a una festa di Carnevale, eccola con la bocca spalancata in una risata e gli occhi bru- ni che friggono di scintille, seduta con la mamma e alcune amichette mentre mostra un piede infilato in un calzino bucato. Ed ecco Caterina, fermata sulla carta lucida delle istantanee, mentre sgambetta nella culla pochi giorni dopo l'arrivo a casa, in questa casa, dalla clinica dov'era nata il 6 aprile. Ha una tutina bianca, la stessa che indossa in un'altra, dolcissima foto: Nadia tiene tra le sue braccia la sorellina e guarda seria e compresa l'obbiettivo della macchina di papà. Gli sfollati di via Lambertesca, via de' Georgofili, via Por Santa Malia e lungarno Archibusieri, che l'attentato ha reso zingari, arrivano qui a piccoli gruppi, come attratti da una calamita cui non si può e non si vuole opporre resistenza. Ancora non si cono¬ sce con certezza il loro numero: in Comune dicono che si tratta «di circa 56 nuclei familiari». E, proseguendo in questa approssimazione, qualcuno parla di 77 persone, altri di 81. Li hanno sistemati in alberghi dove in queste notti alcuni di loro hanno dormito anche in tre o quattro per stanza: Michele Ugolino, il canottiere scampato miracolosamente all'esplosione, ad esempio, era alloggiato con i coniugi Innocenti. Chi ha fatto richiesta in Comune ha ricevuto, per fronteggiare le spese più urgenti, due milioni da restituire in sei mesi senza interessi. Per mangiare utilizzano i ticket forniti dall'assessorato all'Assistenza: pranzi e cene in un ristorante che dista cento metri dai palazzi devastati: «No, non mi sento abbandonato - dice Alfredo Pampaloni, che abitava in via Lambertesca 14 -. Ma ho voglia, avrei voglia, di tornare presto a casa mia». E Olga Bertelli, con il marito Enzo Siciliano e le due figlie, gli fa eco: «Non so come faremo. Per qualche giorno avremo un tetto, ma poi?». Tra storie di morte e di disperazione c'è posto anche per quella, piccola, certo, e pur dolorosa, di Ida e Gaetano Necco, 69 e 81 anni: dopo la prima notte trascorsa in un albergo di via Cavour, hanno voluto tornare a tutti i costi sull'orlo di quel cratere scavato dal tritolo. «In casa avevamo due gattini - diceva la signora Ida indicando l'alloggio polverizzato - forse si sono salvati e girano qui intorno. Guardate se li trovate». La città si stringe attorno a questa gente che ha perduto le radici. E' solidarietà vera che si traduce anche in gesti come quelli della Confcommercio: oltre ad un cospicuo contributo per la ricostruzione, l'organismo ha deciso di pagare le spese per le perizie che gli sfollati dovranno presentare in prefettura prima di ottenere risarcimenti. E, proprio per dare al mondo la sensazione che «Firenze e l'Italia non chiudono per il terrorismo» il sottosegretario Riggio, inviato qui da Ciampi, annuncia che le stime dei danni dovranno giungere all'apposita commissione istituita in prefettura entro il 10 giugno. Il prossimo Consiglio dei ministri dovrà approvare la spesa e mettere il denaro a disposizione del rappresentante del governo a Firenze che, subito, indennizzerà condomini e commercianti. La procedura ricalca quella seguita per l'attentato di via Favro a Roma e riguarderà anche il risarcimento dei danni subiti dagli Uffizi e dall'Accademia dei Georgofili che potranno contare su uno stanziamento di 30 miliardi. E, intanto, Firenze su cui sono appuntati in questi giorni gli occhi addolorati del mondo, guarda al domani confidando in una solidarietà senza confini: il sindaco propone di lanciare un prestito internazionale per sostenere il patrimonio artistico. Una sorta di buoni del Tesoro dell'arte per consentire alla città di riprendere a vivere: «Se tutti ci sforzeremo di operare al meglio, il turismo arriverà come e più di prima». Renato Rizzo E il sindaco chiede un prestito internazionale per i capolavori d'arte devastati dalla bomba Nella foto grande il dramma degli sfollati Sopra una statua danneggiata agli Uffizi

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