Parlano i manager Fiat

Il magistrato «La loro posizione è di vittime di concussione» Sono durati cinque ore i primi interrogatori ieri in Procura Parlano i manager Rat Tre mazzette denunciate (l'ultimapagata nell'aprile '92) per appalti nei settori dell'ecologia e dei trasporti Tre tangenti, un miliardo e 250 milioni in tutto: è la cifra pagata da aziende del gruppo Fiat negli ultimi anni per aggiudicarsi tre gare d'appalto. Le deposizioni dei primi manager sentiti in Procura hanno portato a queste scoperte. Dopo la consegna della memoria di Cesare Romiti ai magistrati, l'inchiesta sulle tangenti ha subito un'impennata: vengono a galla appalti nuovi, altri vecchi si chiariscono, arresti e «avvisi» sono imminenti. Negli uffici della Procura il riserbo è più che mai rigido. Ma l'attesa è grande: vari segnali indicano che questi primi colloqui abbiano permesso di capire tante cose. Anche a Torino, come a Milano, la decisione di Romiti sembra avere effetti dirompenti. Ieri il pm Corsi ha sentito come testimoni due alti dirigenti di aziende del gruppo. Il primo è uscito dall'ufficio dopo quasi tre ore, l'altro ha risposto alle domande del magistrato per oltre due ore. «La loro posizione al momento è quella di vittime di una concussione», è l'unica precisazione del dottor Corsi. Tre gli appalti denunciati, ma di uno solo si sono appresi i particolari, quello per un lotto del depuratore Po-Sangone, un'opera da 56 miliardi realizzata dalla Cogefar-Impresit. Su quella vicenda era già stata avviata un'indagine della magistratura, in seguito all'esposto di una ditta esclusa dalla gara. Ma l'inchie- sta si era conclusa con l'archiviazione. Dalle deposizioni di ieri sarebbe emerso che per vincere la gara la Cogefar aveva dovuto pagare 250 milioni di tangente. A chi? Nessuna certezza al momento: dovrebbe trattarsi di un politico locale, legato però a un big di livello nazionale. La nuova inchiesta sul PoSangone sarà affidata al pm Giuseppe Ferrando, del pool per i reati contro la pubblica amministrazione. Una seconda tangente, la più corposa, di 600 milioni, sarebbe stata pagata direttamente a Roma. L'appalto a cui si riferisce sarebbe il più lontano nel tempo, inizio Anni Ottanta. La mazzetta sarebbe servita «ad ottenere un atto anuninistrativo», e sarebbe finita nelle mani di un consigliere di uri ente romano. Ed è probabile che l'inchiesta sia destinata a passare di competenza alla magistratura romana. La terza tangente è di 400 milioni, e sarebbe stata pagata nell'aprile del '92, quando già aveva preso l'avvio l'inchiesta milanese Mani pulite. Queste ultime due mazzette sarebbero state versate per appalti nei settori ecologia e trasporti. Mentre il dottor Corsi sentiva i due dirigenti, i carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria della Procura interrogavano manager dell'Ansaldo e dell'Aerini- pianti. Le due aziende sono coinvolte nell'inchiesta sull'impianto di postcombustione dell'Aem alle Vallette. Per questo appalto sarebbe stata versata una mazzetta al psi. La trattativa venne condotta dal consigliere d'amministrazione Aem Pasquale Metallo, de, che nei giorni scorsi aveva ammesso di aver ricevuto un centinaio di milioni, In realtà la tangente sarebbe molto più consistente: oltre 300 milioni. Metallo, che è ancora in carcere, sarà ancora interrogato nei prossimi giorni. Brunella Giovare Nino Pietropf irto Il magistrato «La loro posizione è di vittime di concussione»

Persone citate: Cesare Romiti, Giuseppe Ferrando, Metallo, Nino Pietropf, Pasquale Metallo

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino