Capovilla
Capovilla Capovilla Il segreto di un prete EUNGO tutto l'arco della sua esistenza, Angelo Giuseppe Roncalli rimase lo stesso prete della giovinezza, con quella sua caratteristica e mai smentita coerenza di pensiero e di azione. Fu un prete all'antica. Un prete che recitava il suo breviario, lasciando trasparire sul volto l'intima gioia suscitata in lui dalla lettura degli inni, dei salmi, dei brani biblici e patristici che formano il poema della Liturgia delle Ore; che celebrava la Messa con indicibile trasporto, da lasciar capire che ci viveva dentro, che la sua Messa era la sua vita. Un prete che si esaminava quotidianamente con rigore e si confessava ogni settimana, perché aveva netta la coscienza delle colpe personali e comunitarie; uno che professava incessante azione penitenziale per la conversione del peccatore e dell'eletto; uno che preparava diligentemente il suo ritiro mensile e annuale. Un prete amante degli archivi e delle biblioteche, conoscitore dei classici greci e latini, dell'archeologia e delle arti belle, intenditore di musica sinfonica e lirica, capace di sostenere il confronto con i dotti e gli eruditi del suo tempo. Un prete del confessionale, dell'oratoria accessibile alle menti dei semplici, delle celebrazioni popolari, delle associazioni cattoliche; un prete dei giovani, interessato ai problemi della stampa periodica e quotidiana, del turismo scolastico, delle tradizioni locali, dell'attività missionaria. Rimase autenticamente prete tra gli impegni diocesani che avrebbero potuto turbare la modestia di un giovane; umile prete nel servizio curiale romano, nell'episcopato, nella rappresentanza della Sede Apostolica, nel cardinalato. Parlare ai piccoli, accostare gli ammalati e gli anziani, accogliere a festa gli ospiti, spezzare il pane in fraternità costituivano i momenti più belli della sua innata ed educata inclinazione a comunicare con chiunque e a effondere la ricchezza della sua squisita sensibilità sacerdotale. La preghiera recitata in un incantevole scenario naturale (le montagne bergamasche, i giardini in fiore di Sofia, le rive profumate del Bosforo, l'altana della casa patriarcale di Venezia, il colle vaticano), oppure accanto a un malato, o nelle catacombe romane, o nella tetra rotonda di Regina Coeli coi carcerati, oppure nella fastosa Sala Clementina del Vaticano con i mutilatini di Don Orione, illuminava il suo volto, sino a rifletterne la luce su chi l'osservava e capiva di trovarsi a contatto con uno «che credeva a ciò che leggeva, insegnava ciò che credeva, praticava ciò che insegnava». Perché venne accolto dai poveri e dai semplici? Perché i giovani ne piansero la morte? La risposta è nella presentazione che fece di se stesso il 4 novembre 1958, allorquando, riferendosi alla sua elezione, compendiò il suo curriculum umano e sacerdotale con biblica concisione: «Bisogna lasciarsi portare dal Padre e portare il Padre ai propri simili». Lungo l'itinerario della sua esistenza, lasciò fare a Dio e ne divenne messaggero credibile, uno di quei sacerdoti che passano quasi inosservati, se un segno straordinario non li obbliga ad uscirsene allo scoperto: potè infatti portare il Signore agli uomini, che per lo più sono orfani, perché lui per primo si lasciava portare e condurre dal suo Signore. Loris Francesco Capovilla
Persone citate: Angelo Giuseppe Roncalli, Capovilla, Don Orione, Loris Francesco Capovilla, Sala Clementina
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