Clinton si consola con il sì al bilancio di Franco Pantarelli
Approvata dalla Camera la stangata fiscale I USA Appro Approvata dalla Camera la stangata fiscale Clinton si consola con il sì al bilancio NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Solo sei voti hanno salvato Bill Clinton dalla catastrofe. Con 219 «sì» e 213 «no» il suo piano per la riduzione del deficit pubblico è stato approvato giovedì sera dalla Camera dei Deputati, risparmiando al Presidente una nuova umiliazione che, a questo punto, avrebbe avuto conseguenze gravissime. Scosso dai «problemi di chioma» (ieri ne è uscito un altro, questa volta riguardante Hillary: per farsi acconciare dal solito Christophe di Beverly Hill ha fatto sborsare 2 mila dollari a un giornale che voleva fotografarla) e dalle gaffe dei suoi collaboratori, Clinton ha temuto seriamente la bocciatura del suo piano come una sorta di colpo di grazia. Quei sei voti lo hanno salvato, ma sono costati molta fatica. Per indurre i deputati democratici a votare «sì» i suoi uomini sono ricorsi a tutto: dagli appelli alla disciplina di partito alle minacce (a un centinaio di loro, tutti presidenti di qualche comitato o sottocomitato, è stato detto che se non votavano bene il loro incarico potevano scordarselo)dalle lusinghe (qualche concessione localistica con cui loro potessero vantarsi di fronte apropri elettori); alle promesse (ai deputati provenienti daglStati agricoli è stato garantito che le fattorie verranno esentate dalla tassa sull'energia). Alla fine comunque è andata bene, e ieri Clinton era raggiante. «Sono preparato a portare avanti questo Paese», ha detto durante una cerimonia nell'Ufficio Ovale della Casa Biancaabbordando i giornalisti con insolita cordialità, dimentico dedivertito sarcasmo che negiorni scorsi è uscito dalle loro penne. E tanta era la sicurezzritrovata che si è detto convinto che anche al Senato il supiano non avrà problemi. Dquesto molti dubitano. Al Senato la «disciplina di partito» molto meno sentita che alla Camera, e la maggioranza demoSei voti hanno alvato Clinton cratica è meno forte e anche più divisa. Un senatore dell'Oklahoma, David Boren, ha perfino preparato un piano alternativo a quello del Presidente. Prevede di raggiungere lo stesso obiettivo (l'eliminazione dei 400 miliardi di dollari di deficit entro cinque anni) accentuando però la riduzione delle spese rispetto all'aumentò delle tasse. «Con Boren discuterò a lungo», ha detto Clinton, mostrandosi «aperto» a delle eventuali modifiche, purché non salti il concetto base del suo piano, che è quello di «ripartire i sacrifici in modo equo», cioè poche decine di dollari da pagare in più per quelli che ne guadagnano 30 mila all'anno, fino all'aumento di oltre 12 mila dollari per quelli Hl^ che ne guada¬ gnano 200 mila. I repubblicani dicono che comunque, anche se il piano di Clinton è passato, il voto della Camera è da considerare una loro vittoria. Prima di tutto perché ben 38 democratici si sono uniti a loro, in secondo luogo perché alle elezioni dell'anno prossimo potranno presentarsi come gli strenui difensori dei contribuenti contro un «Presidente spendaccione», e sarà una carta preziosissima da giocare. Ma Clinton ieri non si preoccupava. Al momento delle elezioni, diceva, i benefici della sua politica avranno già cominciato a manifestarsi e la gente «risponderà bene». Una buona giornata di cui Clinton aveva ardente bisogno, insomma, ma dall'andamento non univoco. Oltre alla faccenda dei capelli di Hillary, il destrorso «Washington Times» ha tirato fuori la storia che il segretario alla Difesa Les Aspin, dopo la visita a Bruxelles e in attesa di andare a Roma, si è fermato a Venezia con la sua amica per una romantica va canza di alcuni giorni, mentre il suo staff continua a essere pagato dai contribuenti, per un totale di 5 mila dollari al giorno. Franco Pantarelli Hl^ Sei voti hanno salvato Clinton
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