Costa è segretario ma il pli si spacca di Guido Tiberga

Il congresso si terrà entro 1' 11 di luglio Il congresso si terrà entro 1' 11 di luglio Costa è segretario ma il pli si spacca Difficile scelta di un partito lacerato «Ma io non sarò un leader diparte» ROMA. Raffaele Costa segretario e congresso straordinario entro l'I 1 luglio. I liberali litigano, si dividono, vivono imo dei consigli nazionali più burrascosi della loro storia. E alla fine prendono una decisione che è lo specchio fedele di una frattura nettissima. Costa, che voleva il congresso ad ottobre, dovrà guidare il partito a un appuntamento che nel pomeriggio aveva bollato come «inutile». E sarà ancora lui, il ministro-segretario, a reggere il timone della trasformazione del pli in «Unione dei liberali», una metamorfosi che poche ore prima dell'elezione aveva bocciato come «intempestiva e stanca». Contraddizioni che si spiegano con l'andamento di un consiglio nazionale in cui le due anime del partito si sono sfidate in una battaglia feroce. Da un lato la squadra di Costa, che vuole il congresso in autunno «con regole nuove e persone nuove». Dall'altra gli uomini della vecchia nomenklatura: Zanone, Altissimo, Patuelli, De Lorenzo, tutti sostenitori del congresso estivo, cui arrivare sotto la guida di un leader reggente. Un «traghettatore» sùbito individuato in Gianfranco Ciaurro, il costituzionalista che l'ultimo rimpasto di Amato aveva portato al ministero delle Regioni. Lo scontro è inevitabile. Il primo round va a Zanone e compagni, ma il «sì» alla proposta per il congresso di luglio arriva con 63 voti contro 58: un'arrivo al fotofinish che solleva contestazioni pesanti tra gli sconfitti. «Hanno votato anche i consiglieri nazionali di nuova nomina - dicono gli uomini di Costa - Non ne avevano il diritto». La vittoria di misura provoca il ripensamento di Ciaurro, a disagio nel ruolo di «garante» in un Raffaele Costa partito che per metà non lo vuole. Tanto più che in mattinata si era profilato l'incubo di una nuova diaspora: Paolo Battistuzzi, fino a venti giorni fa capogruppo alla Camera, abbandonava il Consiglio e si dichiarava pronto, con una decina di fedelissimi, a stracciare la tessera. Ciaurro decide di ritirare la candidatura. Ed è solo il primo colpo di scena: Alfredo Biondi, che qualche settimana fa aveva presentato le dimissioni dal partito, annuncia il rientro: «Voglio votare per Costa», dice. Ma non è finita: a pochi minuti dal voto, un consigliere candida alla segreteria il capogruppo al Senato Luigi Compagna. Il vice segretario Egidio Sterpa si oppone, e rilancia la candidatura di Costa. E c'è pure chi candida Vittorio Sgarbi, raccogliendo gli applausi di un paio di delegate. Quando Compagna e Sgarbi si tirano indietro, i nemici di Costa chiedono la verifica del numero legale, che viene raggiunto, ma per un solo voto. Alle 22, finalmente, si vota: il ministro dei Trasporti vince a mani basse con 64 preferenze contro 34 schede bianche. Otto i voti dispersi. La segreteria di Costa si inizia con una dichiarazione di maniera: «Sarò il leader di tutti i liberali». Ma subito dopo il neo-segretario tira fuori le unghie: «Avremo un congresso aperto - annuncia -. I delegati tradizionali non bastano: le sezioni liberali sono inesistenti, incartapecorite. Voglio i consiglieri di Comuni e Regioni, voglio i parlamentari. Il partito non è morto. A Zanone l'ho detto chiaro: il partito è vivo, cambiare nome non basta». Guido Tiberga Raffaele Costa

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