E il Garofano si svegliò con tutti i vizi del psdi

La Ganga: «Sono stanco di fare il socialista sputacchiera» E il Garofano si svegliò con tutti i vizi del psdi AL BELSITO UNA STORIA CHE SI RIPETE ROMA A che cos'è questa strana sensazione di già visto? Questa triste insegna gialla buttata lì, nella galleria fuori dal cine Belsito: «I socialisti marsicani con Del Turco». Quel giovanotto che per far festa, a modo suo, tira coriandoli fuori stagione. Il cartellino d'ingresso artigianalissimo, senza più plastichetta, un attaché al posto del gancetto. Si entra in sala, e il colpo d'occhio conferma l'impressione di già vissuto: baffi e chiome brizzolate troppo lunghe, i colori delle donne troppo vivaci. Un palco su cui spiccano il senatore Ghezzi, che sembra un personaggio da Rivoluzione francese; Lauricella, di cui De Mita disse - nel 1986, mica ieri - che era «una mummia: e noi leveremo le bende a questa mummia!»; Lezzi, che ha parlato a lungo senza rendersi conto di non aver davanti il microfono; Babbini, privo di espressione, una specie di Suslov del tardo craxismo. Quando Venerio Cattani s'infila gli occhiali da sole, la sfilata assume una connotazione bulgaro-social tanassiana. E finalmente acquista un senso quell'iniziale, istintiva sensazione di déjà vu. Eccola: il psi è il psdi. Segretari che durano mesi. Un sindacalista appresso all'altro. Giorgio Benvenuto ci scherza su: «Come all'Inps». O qualche altro baraccone da sempre affidato nelle manine delicate dei socialdemocratici. Quello lì, come si chiamava? Ah sì, Tommassetti, Tommasini, il socialdemocratico che si mangiò un documento per non consegnarlo ai carabinieri: «Un'assunzione di responsabilità...». Si scherza, al Belsito. Ma la sindrome del psdi è reale, pure troppo. lì nuovo segretario Ottaviano Del Turco rischia di essere, più che il successore di Craxi e Benvenuto, quello di Longo, Cariglia, Vizzini. Di trovarsi alla guida di un partito che ha preso tutti i vizi del cuginetto bastardo, e odiato. «Il pericolo - ammette - è proprio questo. Io l'ho paventato già dieci anni fa, in un convegno allo Sheraton. Il pericolo che gli altri ci considerino una riserva indiana, di cui utilizzare di volta in volta i voti». Quel che per Del Turco è un rischio, per Mattina, braccio armato dell'ex segretario, è una certezza: «Sì, ormai il psi è come il psdi». Mentre per Mario Raffaelli, che in pratica ha già fatto le valigie, è pure peggio: «Il psdi? Magari. Qui c'è solo malinconia». In effetti, lungi dall'essere gioioso, il partito di Tanassi non è mai stato triste. Con la sua «banda del buco», la poetica della congiura, l'hobby del tradimento, l'allegro cannibalismo, le mini scissioncine, Ursd, Muis, le teste che saltavano e si riattaccavano ai corpi nel giro di un paio di settimane. Anche lì, c'era un Padre, un padrone, un Dio che atterra e su- scita: Giuseppe Saragat. Anche lì l'avevano fatto fuori. C'era un vuoto immenso. Come, oggi, quello di Craxi nel psi. Molti di quei parricidi sono al Belsito, invecchiati e seduti uno accanto all'altro. Giampiero Orsello, per anni vicepresidente Rai, di psdi se ne intende: ((Assomigliamo sempre di più. Benvenuto fa il rompiscatole come Preti da giovane». Preti non c'è. In compenso c'è Madei, a cui appartenevano certi armadi nei corridoi della vecchia sede di Santa Maria in Via. I giornalisti vi trovarono centinaia di migliaia di «raccomanda». C'è Flavio Orlandi, una persona amabile, che tuttavia firmò un «affidavit» a favore di Sindona. E Chinami, Averardi, con la rivista Ragionamenti... Gente che sta insegnando al psi l'arte del sopravvivere, un po' fregandosene degli altri, un altro po' coltivando una specie di voluttà vittimistica. Quel che Craxi sintetizzava con solennità nel prìmum vivere, Borgoglio se lo rigira in un fatalistico, a suo modo disperato «dicano di noi quel che vogliono, l'importante è esistere». Sì, basta esserci. E allora, ovvio, meglio ridere che piangere. Di nuovo il psdi: la sicurezza di sopravvivere senza onore, in una dimensione di atarassia al di là del comico. Così, quando sul podio Benevenuto riesplode con l'indebitamento selvaggio, in platea un Del Turco spaparanzato fa lo spiritoso: «Io pos¬ siedo una casa a Collelongo, posso fare una fìdejussione». Oppure ci si butta nel patetico, con chiamata a raccolta di sensi di colpa. Un compagno, per dire, che all'ingresso distribuisce una busta chiusa. Dentro una lettera e una foto. «Questa foto è stata scattata in una discarcica di Roma. A qualcuno provocherà una stretta al cuore. Ad altri sarà indifferente, come sono stati indifferenti a tutti gli sforzi fatti negli ultimi mesi per salvare il partito...». La foto, a colori, mostra un'insegna del psi tra rottami e pneumatici, pezzi di legno, un trapano scassato e una lattina di "Agrumol". ((A pochi - comunica il compagno Pasquale Ammirati, a lungo segretario dei socialisti emigrati in Argentina, una specie di Oliviero Toscani del psi - interesserà sapere che l'insegna l'ho recuparata e ripulita di tutto il lordume che la ricopriva». Avutala in mano, Mauro Del Bue l'osserva con attenzione e dice: «E' il simbolo vecchio, c'è ancora la falce e martello sotto il Garofano...». La rassegnazione si coglie sui volti, nelle parole in sala, nei discorsi dei corridoi. Nel solco di Cariglia sfuma ogni residuo sogno di protagonismo. Dice Del Turco: «Il pds parlava bene di me, poi ha smesso. Ora parla bene di Benvenuto. I socialisti gli piacciono quando non sono più socialisti. E il psi gli piacerà quando non ci sarà più». Vale la pena di chiedersi quanto sia lontano quel momento. E intanto, proprio nel giorno dell'assemblea nazionale, su De Michelis, all'estero, si abbattono le accuse della segretaria Nadia Bolgan all'ex ministro. E allora «molestopoli» rimbalza sul psi prendendo le forme di solidarietà pecoreccia. «Ma quella è una racchiona - fa Signorile, con l'aria furbetta - solo uno come Casadei poteva andarci. Vedrete, ancora un po' di tempo e accuseranno il povero Gianni di abusare delle galline e delle pecore, di compiere atti contro natura». Tutti, dunque, contro di noi: «C'è un ebraizzazione dei socialisti - sostiene con enfasi spropositata Carmelo Conte - Siamo colpevoli di tutto». Forse un po' dipende anche dalle assenze, questo effettopsdi. Manca Craxi, manca Martelli, manca Amato, manca la Milo e manca Giugni. Non manca Manca. Né La Ganga che lì, in un angolo, dà un saggio di come anche il linguaggio della polemica interna si sia, improvvisamente, socialdemocratizzato. Dunque: «Erano già d'accordo su tatto, il pds gli avrebbe dato 20 seggi alla Camera e dieci al Senato. Poi, contrordine: "La battaglia dovete farla dentro". E Manca, che è uno stipendiato dalle Botteghe Oscure, che è il loro agente all'Avana, si è dato da fare. Così, Enrichetto il baro ha cominciato a trafficare. Vedrete che alla fine scriverà i discorsi ad Ottaviano. Alla fine gli dirà: "Ottaviano, c'è pure questo codicillo"». La Ganga prende fiato: «Dentro questa sala è valorizzata l'attitudine italiana alla faccia di bronzo. Benvenuto può parlare di tante cose, ma non della questione morale: ha fatto carriera all'ombra di Craxi». Poi, sul suo destino, assume un tono meditabondo: «Io potrei fare sia il pentito che il memorialista in galera. Scherzo. Sono stufo, me ne vado a casa. Aspetto solo le elezioni di Torino. Sono stanco di fare la sputacchiera». E cosa è stato, in fondo, il psdi per tanti anni? Un partitosputacchiera che tutti davano per morto, e invece, misteriosamente, regolarmente, scampava la fine e forse anche la malasorte. Vista dall'alto, la platea del Belsito faceva lo stesso effetto. La gloria dell'ideale alle spalle, l'ombra del psi a mezz'aria, e nessuno, ma proprio nessuno laggiù che avesse meno di trent'anni. Filippo Ceccarelli Augusto Minzolini Il neo-segretario «C'è il pericolo di diventare una riserva indiana per sfruttarne i vóti» La Ganga: «Sono stanco di fare il socialista sputacchiera» gvt Foto grande, il nuovo segretario Ottaviano Del Turco e qui sotto Enrico Manca Qui a sinistra ii segretario uscente Giorgio Benvenuto sopra Gianni De Michelis

Luoghi citati: Argentina, Avana, Collelongo, Ottaviano, Roma, Torino