«Nadia senza te non giocheremo più»

«Nadia, senza te non giocheremo più» La sua ultima poesia diventerà un poster sui muri della scuola «Nadia, senza te non giocheremo più» Nell'aula del dolore, il ricordo della bambina uccisa FIRENZE NOSTRO SERVIZIO Così i bambini scoprono il dolore. Cercano la loro compagna. Scrivono per lei riflessioni, poesie, piccoli pensieri. Nadia Nencioni, la bambina di otto anni e mezzo rimasta uccisa con la sua famiglia nell'esplosione che ha sventrato Firenze, è andata a scuola anche ieri. E' qui, presente nei ricordi dei suoi piccoli amici. Per loro è ancora seduta sul piccolo banco al secondo piano dell'istituto Lambruschini, un palazzo austero vicino al teatro Comunale, coi corridoi rallegrati da tanti disegni colorati. Anche l'aula della terza B, la sezione di Nadia, è tappezzata di disegni. Ci sono anche i suoi: prati, alberi, il sole. E una poesia, scritta pochi giorni fa, intitolata «Il tramonto». Piccole frasi, dolci, commoventi, di un animo candido ma anche maturo. Una poesia che è- la sua voce e diventerà quella di questa scuola: la signora Alda, maestra di quinta elementare, la sta fotocopiando e distribuendo a tutti. «Ne faremo un poster e lo lasceremo attaccato per sempre sui muri di questa scuola». «Era una bambina dolcissima, buona, molto sensibile ricorda tra le lacrime una delle sue tre maestre, Grazia Mangani - era brava, responsabile. Andava d'accordo con tutti, adorava la famiglia, amava la natura. Era una di quelle bambine per cui ci si alza la mattina con gioia». I suoi scolari ascoltano silenziosi. Arriva una mamma. Ha un mazzo di fiori d'arancio. «Sono per Nadia» sussurra mentre li posa delicatamente sul suo banco. Nessuno fa lezione. Tutti i bambini delle undici sezioni si raccolgono nella palestra-auditorium della scuola. Le maestre sono in un angolo. Hanno appena respinto telecamere e taccuini. «Questo dev'essere un momento tutto per noi, anzi per loro. E**per Nadia». A lei, alla loro piccola compagna che sorrideva a tutti, dedicano le loro riflessioni, buttate giù la sera prima. Aprono ad uno ad uno i quaderni, si alzano in piedi. «La prima volta che ci siamo conosciuti io sono andata accanto a lei - racconta un maschietto ci siamo parlati e scambiati segreti. Era bello parlare con lei». «Era proprio una bambina dolcissima, gentile - ricorda una sua compagna - mi mancherà tanto». Un'altra racconta le immagini viste in tv: «Una bomba, il fumo, la gente che correva. E il suo corpicino che non si trova. Io piango e mi chiedo perché». Ma la più toccante è Eliana, minuta, lunghi capelli castani sulle spalle, la sua amica del cuore. Si rivolge a lei come fosse lì davanti: «Ciao duchessa. Vieni a giocare con me al lupo mangiatutto? Ci divertiamo tanto insieme, scherziamo, ridiamo...». Comincia a singhiozzare. «Ma dove sei? Non ci sei più? E come faccio io. Ora senza di te non giocherò più». Si rifugia nel grembo di una maestra. I bambini non dovrebbero mai conoscere il dolore. «Maestra, perché proprio lei?». C'è silenzio in questa scuola. La signora Sciala, una giovane donna iraniana addetta alle pulizie, è chiusa nell'aula di Nadia. Spolvera la cattedra, sistema le sedie. Accarezza il banco di quella bambina che era diventata sua amica. «Martedì mi aveva portato i confetti del battesimo della sua sorellina. L'adorava. Mi raccontava che di notte non dormiva perché Caterina piangeva. Ma non era arrabbiata, capiva. «Sai - mi diceva - lei è piccola. Ha paura della notte». Una volta, dopo che aveva disegnato e sporcato il suo banco, mi chiese una spugna. «Perché? le chiesi - tanto pulisco io». «No, signora - mi disse - lo faccio io». Criticava i bambini che sporcavano e non rimettevano a posto. Era educata, i suoi genitori l'avevano allevata davvero bene». Una famiglia felice, unita. La ricordano tutti così, anche i genitori dei compagni di Nadia, disperati come se a morire fosse stato un loro figlio. Alcuni di loro hanno organizzato una raccolta di fondi: al¬ l'ingresso della scuola, su un tavolino, c'è una scatola bianca con su scritto «Per Nadia». Una parte del ricavato andrà ai senzatetto, un'altra sarà consegnata ai parenti della famiglia Nencioni perché la devolvano al «Telefono azzurro». Nadia era molto attaccata al padre, e ai nonni paterni, Alfredo e Lucia, entrambi settantenni. La piccola era andata spesso a trovarli ultimamente su, alla Romola, nelle colline senesi. Nonna Lucia è caduta di recente e si è fratturata un ginocchio. «Mi faceva compagnia. Era bella Nadia, tanto bella. E Caterina era un amore». Oggi non c'è più nessuno a rallegrarla. «Era una coppia davvero affiatata - ricorda Giancarlo Nencioni, cugino di Fabrizio, attuale presidente del Centro coordinamento viola club - una famiglia più unita di così non esiste». Lo dice mentre guarda quelle due bambine nella bara, nelle cappelle del commiato. Caterina ha una vestina bianca, Nadia un vestitino a quadretti gialli e rossi. Dopo un po' arrivano i dirigenti della Fiorentina insieme ad Antognoni.- Con loro-anehe tre ùltras della curva Fiesole, che depongono un mazzo di rose bianche tra le due piccole bare. Da una parte c'è don Pilade, parroco di San Carlo dei Lombardi, la chiesa della famiglia Nencioni, dove si svolgeranno stamani i funerali. Piange. «Se chiudo gli occhi vedo ancora il suo sorriso. Aveva otto anni, troppo pochi per morire. Era tanto contenta della nascita della sorellina. Il giorno del battesimo Nadia mi disse: "Sai don Pilade, il nome Caterina l'ho scelto io. Chissà, forse le porterà fortuna"». Brunella Ciullini Ieri nessuna lezione Promossa raccolta di fondi da destinare ai senzatetto e a Telefono azzurro L'amica del cuore: «Ciao Duchessa. Vieni? Ma dove sei? Ci divertivamo tanto, insieme» I compagni: «Maestra, perché proprio lei?» Jj6 A sinistra: è la notte della strage, un vigile del fuoco porta via un fagottino bianco: è Caterina Nencioni, la più piccola vittima dell'esplosione [foto sestinq A destra: Nadia Nencioni con la mamma. Qui sotto la sorellina [foto sestinij

Luoghi citati: Fiesole, Firenze