Eni al setaccio la gestione Reviglio

Dai verbali dell'ex presidente accuse al comitato d'affari di Larini, Cagliari e Locatelli Dai verbali dell'ex presidente accuse al comitato d'affari di Larini, Cagliari e Locatelli Eni, al setaccio la gestione Reviglio Beni Culturali, Ciampaglia (psdi) parla e torna a casa MILANO DALLA REDAZIONE Giornata di routine ieri a Palazzo di Giustizia. La tranquillità che precede la tempesta? E' presto per dirlo, ma si è notato un notevole andirivieni di polizia e carabinieri, quelli a cui di solito i magistrati consegnano i provvedimenti da eseguire. Il primo interrogatorio è stato quello di Alberto Ciampaglia, ex segretario amministrativo del partito socialdemocratico. Arrestato per soldi finiti al partito nell'ambito di lavori ordinati dal ministero dei Beni Culturali (all'epoca in cui era titolare la socialdemocratica Vincenza Bono Parrino), ieri è stato interrogato dal giudice delle indagini preliminari Italo Ghitti: ha risposto, evidentemente, dato che ha ottenuto subito gli arresti domiciliari. Un altro socialdemocratico, Roberto Buzzio, ex segretario di Giuseppe Saragat, è stato risentito in Procura e dopo di lui è toccato a Giorgio Moschetti, senatore democristiano di Roma a cui la procura di Milano ha già spedito parecchi avvisi di garanzia. Reinterrogato anche Pietro Tradico, amministratore della Tpl, la cui posizione si ricollega al tronconeEni dell'inchiesta. E sull'Eni parecchie cose aveva raccontato l'ex ministro e senatore psi Franco Reviglio, presidente dell'ente petrolifero dall'83 all'89. Davanti ai magistrati, che gli avevano inviato un avviso di garanzia, ha innanzitutto difeso il suo operato, affermando di aver riportato in attivo un bilancio in perdita di 1.500 miliardi, e di aver compiuto atti di «moralizzazione». Dice ad esempio: «Venne da me il presidente di Snam progetti dicendo che fin dai tempi di Mattei si usava dare contributi ai partiti utilizzando fondi neri all'estero e mi chiese cosa doveva fare. Per tutta risposta ho sostituito i vertici di Snam progetti». Ad accusare Reviglio per un versamento al psi era stato Gianni Dell'Orto, presidente della Saipem: «Non è vero niente - ribatte Reviglio - mi coinvolge per alleggerire la sua posizione processuale e perchè io ho sempre contrastato i disegni affaristici del gruppo composto da lui e da Silvano Larini, Gabriele Cagliari e Pompeo Locatelli». L'ex ministro ricorda anzi un episodio in cui Vincenzo Balzamo, ex segretario amministrotivo del psi, si sarebbe lamentato perchè non arrivavano contributi: «Mi mostrò provocatoriamente un foglio in cui era scritto Eni = 0 e mi disse: "cosa serve al partito un presidente come te?"». Reviglio sicuramente non ignorava che questo gruppo aveva forti legami con l'ex segretario del psi Bettino Craxi: «Larini - dice infatti - mi fu presentato da Craxi. Mi disse: "Se hai dei problemi per l'Eni rivolgiti a lui, è come se fossi io". Ed infatti era molto influente e informatissimo su tutto quanto avveniva nell'ente». Mentre escono i verbali di Reviglio, fanno ancora parlare quelli di Davide Giacalone. L'ex ministro Oscar Mammì dice che la società di cui è socio: «Ha la proprietà di un solo appartamento, dove ha sede il mio studio; nè io nè la società abbiamo niente a che vedere con le consulenze e le attività del signor Giacalone». Bruno Visentini, dal canto suo, ammette solo una telefonata: «Nel corso dell'87 la società Olivetti, di cui ero stato presidente, si trovò in presenza di un'inspiegabile stasi nelle sue normali forniture di telescriventi alle poste. De Benedetti mi pregò di segnalare la cosa al ministro Mammì: gli telefonai e mi rispose che in queste materie si rimetteva alle deliberazioni del consiglio di amministrazione del Ministero». Nes¬ sun altro intervento, dice Visentini, «e qualche tempo dopo seppi che la cosa aveva avuto un regolare svoglimento». Un'altra smentita a Giacalone arriva dal gruppo Marcucci («Videomusic»): «Ci ha offerto effettivamente la sua consulenza - spiegano - e a luglio '92 abbiamo scritto una lettera di intenti. Ma non gli abbiamo mai pagato la cifra concordata, 60 milioni. Oggi capiamo che il suo interesse per noi era solo quello di avere una carta in più da giocare nei confronti della Fininvest». Che gli pagò, invece, quasi mezzo miliardo. L'eprdeFrRehale de L'ex presidente dell'Eni Franco Reviglio ha respinto le accuse dei giudici

Luoghi citati: Cagliari, Milano, Roma