Caterina ha vissuto 50 giorni

Caterina ha vissuto 50 giorni Caterina ha vissuto 50 giorni E morta tra le macerie con la sorella e i genitori UNA FAMIGLIA CANCELLATA SFIRENZE ONO le 4,33 quando un vigile del fuoco esce di corsa dalla stretta via Lambertesca, in mezzo al fumo, al fuoco, alle macerie. Tiene stretto al petto un piccolo fagotto bianco. La piccola Caterina Nencioni, 50 giorni appena (era nata il 6 aprile 1993). «Forse respirava ancora, non so. In quel momento ho pensato solo che io, tutti, dovevamo fare il possibile per salvarla». La raccoglie un'ambulanza, ferma sul piazzale degli Uffizi. Attorno una folla ammutolita. E il silenzio che segue le grandi tragedie. Il medico a bordo tenta un ultimo, disperato massaggio cardiaco su quel corpicino. Invano. La piccola Caterina, dai capelli rossi, è morta. Il volto sfigurato, le braccia, le manine, i piedi coperti di sangue e terra. La camicetta e il pannolino sporchi, strappati. E' morta ancor prima di accorgersi di essere venuta al mondo. E la sua morte segna la fine di ogni speranza. La bomba ha spazzato via anche tutta la sua famiglia. Ad uno ad uno vengono estratti i corpi dei genitori, Fabrizio Nencioni, e Angela Fiume, e della sorellina Nadia, 8 anni e mezzo. Nadia ha indosso un pigiammo inzuppato di sangue. «Una cosa terribile», raccontano all'istituto di medicina legale. Le autopsie saranno eseguite oggi: se ne incaricherà il dottor Antonio Cafaro insieme al tecnico autoptico Tosco Venturi. La famiglia Nencioni, racconta chi la conosceva, era unita, serena. Aveva festeggiato di recente il battesimo di Caterina: tra le macerie un vigile urbano ha trovato le fotografie della cerimonia. «Una cerimonia bella, semplice - racconta un collega di Nencioni -. Fabrizio era felice per la nascita della seconda figlia. Da tempo sognava di allargare la famiglia». Amavano trascorrere le vacanze in montagna, Fabrizio Nencioni era appassionato di sci, quando poteva caricava la famiglia e partivano per le Dolomiti. Oppure andavano tutti su in campagna, alla Romola, nel Senese, dove vivono i nonni paterni. «Non abbiamo niente da dire, lasciateci soli col nostro dolore», mormora tra le lacrime un parente. Un attimo. «Ma come si fa a uccidere degli innocenti? Perché devono morire i bambini?». Se lo chiede sgomenta anche la maestra di Nadia, Lina Velia. «Era una bambina vivace, carina, con i pregi e i difetti di tutti i bambini della sua età. Andava bene a scuola...». Nadia, una massa di capelli castani e il sorriso dolce, frequentava la terza elementare alla scuola Lambruschini, in via Montebello. Da quando l'istituto si era trasferito, passava a prenderla ogni mattina un pulmino. La famiglia non voleva per questo trasferirsi: abitava in via Lambertesca dal 1981, da quando mamma Angela aveva vinto un concorso ed era stata assunta come custode alla vicina Accademia dei Georgofili. La donna non aveva ancora ripreso a lavorare, era ancora in maternità. «Il pulmino ci costa un po' - aveva confidato qualche giorno fa Fabrizio Nencioni ad un collega amico - ma così Nadia va a scuola protetta. E poi è felice, perché sta insieme ai suoi compagni». Ieri i suoi piccoli amici sono andati a scuola regolarmente. Ma la maestra non è riuscita a fare lezione. «Guardavano tutti quel banco vuoto... Ho provato a fargli capire qualche cosa, loro mi hanno guardata, cercavano Nadia. Ho parlato poi con tutti i genitori, per decidere cosa fare. Abbiamo mandato dei fiori. Ma è troppo poco. Tragedie così ti lasciano impotente». Brunella Ciullini Nadia Nencioni, 8 anni: è morta con i genitori e la sorellina di 50 giorni