Mancino: dietro la strage c'è la mafia

Summit con il presidente del Consiglio Ciampi che promette: intensificheremo la lotta Summit con il presidente del Consiglio Ciampi che promette: intensificheremo la lotta Mancino; dietro la strage c'è la mafia «E' una strategia per sviare l'attenzione da Palermo» FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO «Chi capisce quello che è successo qui capisce l'Italia». Alle 16,30, sugli scaloni della Prefettura, c'è la grande ressa dei giorni più neri. Ha ragione, Nicola Mancino, il ministro dell'Interno che s'infila nella selva di microfoni, che si ferma un attimo sulla porta come se dovesse aspettare qualcuno, un segnale, o chissacché, mentre intorno si fa più grande la mischia, di guardie del corpo, grandi ufficiali, ministri, carabinieri, giornalisti. Ma come si fa a capire quello che non si sa, che non ci fanno conoscere e che non ci hanno mai fatto conoscere, come facciamo noi a capire questo Paese martoriato a volte dai suoi stessi padroni? Prima di venire qui, al summit in Prefettura, Mancino era passato davanti a quel cratere, liberato dai detriti, e adesso grande come l'incubo che rappresenta, nell'ombra stretta delle case, profondo più di due metri, largo almeno tre. «Di fronte a quel buco», ha detto il procuratore aggiunto Francesco Fleury, «persino gli esperti sono rimasti allibiti, sconvolti. Per fare una cosa del genere ci sono voluti forse più di 100 chili d'esplosivo». E quella è davvero ima bomba della mafia, la potenza d'urto di Cosa Nostra fuori dalla sua Sicilia? Eppure, Piero Luigi Vigna, prò curatore della Repubblica di Firenze, ha appena risposto che «più che di mafia, parlerei di strategia terrorizzante, anche se la mafia ha usato quella stessa strategia per gli omicidi di Falcone e Borsellino. Un'azione del ge nere giova a chi vuole seminare il terrore, quindi a qualche grossa organizzazione criminale, ma non parlerei soltanto di mafia. E' .un episodio di terrorismo indiscriminato, una strage che non ha un obbiettivo tattico». Fra queste parole, c'è una folla silente, attonita per le strade e le piazze di Firenze. In questa città stranita, una bomba ha distrutto persone e valori e beni artistici. Anche per questo, signor ministro, è ancora più difficile capire. Adesso, alle 16,30, ci sono tutti, in quel summit, in Prefettura. Presiede Carlo Azeglio Ciampi, presidente del Consiglio. Prima di venire qui, ha mandato un telegramma: «Il governo è vicino alla città di Firenze, cuore della cultura italiana ed europea. Tutta la forza dello Stato sarà mobilitata per stroncare un terrorismo che si manifesta così torbidamente contro la civiltà comune». E prima di partire, anche il ministro Mancino aveva detto qualcosa: «Ci troviamo verosimilmente di fronte a una bomba che segue di pochi giorni quella di Roma. Dobbiamo esaminare il fatto avendo di fronte un problema che si aggrava: l'uso di tipo terroristico dei mezzi di offesa contro la gente è ancora più forte rispetto a Roma, perché questa volta ci troviamo di fronte a morti e feriti». Va bene. Mafia o terrorismo, allora? «Vediamo. Nell'una e nell'altra ipotesi non so quale sia la più traumatica. Guardiamole come un'offensiva in atto da parte di gruppi la cui strategia bisogna attentamente sottoporre a revisione critica». E' una riunione drammatica, quella della Prefettura. Ci sono anche i ministri Barucci e Spini, c'è il capo della polizia Parisi, ci sono i giudici Vigna e Chelazzi, il comandante dei carabinieri Federici, e Berenghi della Guardia di finanza. Si decide, in questo summit, di rafforzare le misure di sicurezza a tutela di possibili obiettivi della strategia terroristica: stazioni ferroviarie e aeroporti. Si teme un'escalation. Prima via Fauro, oggi gli Uffizi, e poi? Il prefetto Elveno Pastorelli dice che hanno raccolto detriti dell'esplosione fino a un chilometro di distanza dal cratere. «Certo, le analogie con via Fauro ci sono. Questa volta, però, la quantità dell'esplosivo era maggiore», commenta Mancino. Poi, alle 18,30, la porta si spalanca e il ministro dell'Interno è inghiottito dalla ressa dei cronisti, circondato dai microfoni, illuminato dalle luci. «Chi capisce quello che è successo qui capisce l'Italia». E allora, signor ministro? Ora sembra che non ci siano più dubbi: è terrorismo mafioso, dice Mancino. «L'analisi che è stata fatta concorda nel ritenere che si sia intensificata un'offensiva criminale. Anche rispetto all'attentato di Roma. Colpire Firenze dà al mondo intero l'immagine di un terrorismo di tipo mafioso che aggredisce l'Italia». Pausa. Ripete, Mancino: «C'è nelle analisi concordia nell'identificazione di questa matrice». Poi: «Bisogna intensificare la vigilanza non solo a Firenze e contrastare sempre più la criminalità organizzata. Non abbassare la guardia, ma alzarla». S'incrociano le domande. Ne coglie una al volo: quale strategia sta dietro quest'attentato? «Potrebbe essere quella di allentare l'attenzione su Palermo e ovunque operi la criminalità organizzata, perché la mafia è presente dappertutto. E potrebbe essere questa una risposta alla riunione convocata da me a Roma con 42 ministri degl'Interni». Proprio lei 10 giorni fa parlò del pericolo di nuovi attentati. Su quali basi fece quelle affermazioni? «Sulla base di quel che sta accadendo». Cioè? «Lo dirò oggi in Parlamento. Vorrei non avere ragione». Fuori, in via Cavour, c'è molta gente. Qualche fischio e qualche applauso. Niente di scomposto. Ecco Ciampi: «E' un episodio di eccezionale gravità. Il Paese deve rispondere con determinazione. La nostra lotta alla criminalità e al Narcotraffico sarà aumentata». Il corteo passa in piazza della Signoria. Altro bagno di folla. La gente che urla, chiede «verità, verità». Davanti a quel cratere, davanti alle immagini di rovine, come quelle del tempo di guerra, sempre lo stesso strazio. Davvero, è terrorismo di mafia? Noi, signor ministro, continuiamo a non capire. Pierangelo Sa pegno A destra il ministro dell'Interno Nicola Mancino: «Chi capisce quel che è successo qui, capisce l'Italia». Domenica scorsa a Catania aveva lanciato l'allarme: ci saranno altre bombe