Addio Letizia coraggiosa figlia di Svevo

D E' morta a Trieste, aveva 96 anni. Fu la vestale del padre, crocerossina e attivista politica Addio Letteia, coraggiosa figlia di Svevo Lo scrittore Voghera: i miei pomeriggi al caffè con Saba e «Zeno» D TRIESTE OPO una lunga malattia è morta a 96 anni Letizia Fonda Savio. Era la figlia unica di Italo Svevo. Madre di tre figli, due morti in Russia e l'altro ucciso a Trieste nel '45 durante la guerra di Liberazione, insieme con la madre Lidia Veneziani è stata un punto di riferimento importantissimo per la divulgazione e la promozione dell'opera del grande scrittore. L'affettuoso legame tra padre e figlia fu interrotto un giorno del '28, quando Svevo morì in un incidente automobilistico a Motta di Livenza. «La promessa di smettere di fumare - raccontava ai pochi che avevano accesso alla sua casa piena di ricordi - mio padre la faceva anche a me, bambina. Ma non riuscendo a mantenerla cercava di conquistare il mio perdono regalandomi giocattoli di ogni tipo». «In casa - diceva ancora - non si parlava mai di letteratura. Per mio padre era un semplice hobby che si concedeva dopo il lavoro nella fabbrica di vernici». Ma, anche grazie a lei, nel corso del tempo quell'hobby è diventato altro: l'autore della Coscienza di Zeno è uscito dalle secche della critica che per molto tempo lo ha considerato un dilettante. Un ruolo di vestale «sui generis» che Letizia Fonda Savio aveva accettato, ma senza annullare se stessa e gli altri. Madre toccata dalla sventura, donna di grande intelletto e di grande sensibilità, ha dedicato gran parte della sua vita a alleviare i dolori altrui. Medaglia di bronzo per la sua attività di capogruppo delle crocerossine volontarie negli anni della guerra, presidente dell'Associazione dispersi in Russia, Letizia Fonda Savio ha ascoltato e sostenuto la causa di decine di vedove e di madri rimaste senza i figli. Altrettanto intensa la sua attività politica, che l'ha vista fino a dieci anni fa presidente della Lista per Trieste, il movimento autonomistico di cui è stata tra i fondatori. Negli ultimi giorni è stata assistita dalla nuora e dalla nipote, che porta il suo stesso nome. I funerali si terranno domani alle 9,30 al Cimitero di Sant'Anna. [e. max.] Lo scrittore Giorgio Voghera, 85 anni, è uno dei maggiori testimoni della cultura triestina e dei suoi grandi protagonisti. Ha scritto fra l'altro il Quaderno d'Israele, in cui racconta gli anni dell'esilio dopo l'emanazione delle leggi razziali in Italia. Gli abbiamo chiesto un ricordo della famiglia Svevo. ELLA famiglia Svevo e di Letizia Fonda Savio ho tre ricordi ancora chiari nella mente. Il primo ap partiene alla mia giovinezza. A quando, in qualche pomeriggio sul finire degli Anni Venti, andavo da mio padre Guido al Caffè Municipio. Qui si raccoglievano Umberto Saba, Giorgio Fano, Vittorio Bolaffio e, in mezzo a loro, con quegli occhi incredibili, un po' sporgenti che lanciavano attorno sguardi avvolgenti e indagatori, anche Italo Svevo. Se ne stava seduto al tavolo del caffè apparentemente senza aprire bocca. Io, da parte mia, ero troppo giovane per rivolgergli la parola. Mi bastavano i suoi occhi. Qualche anno più tardi la mia famiglia acquistò una «catavilla» - neologismo coniato da mia madre per indicare una casa che è metà catapecchia e metà villa - adiacente alla bella Villa Letizia che apparteneva a Svevo. Di tanto in tanto mio padre si affacciava su quel muricciolo che divideva il nostro giardinetto dal loro. Ma io, anche se apprezzavo già i suoi scritti, non davo molta importanza al fatto di avere un vicino tanto stimato dalla ristretta cerchia degli artisti triestini. Di tanto in tanto mi capitava di vedere il profilo della moglie, Lidia Veneziani, e della figlia Letizia con la quale, essendo una decina di anni più grande di me, solo molti anni dopo ho avuto modo di parlare. Eravamo, è questo il terzo ricordo, negli Anni Cinquanta. Avevo scritto alcuni saggi e articoli su Svevo. Su consiglio di Anita Pittoni, le chiesi un appuntamento per avere un suo giudizio. Mi accolse nella stanza più cara della sua casa, la stanza di Svevo. Quando finì di leggere i miei scritti, mi guardò negli occhi e con poche parole, come era nel suo carattere, mi disse senza cerimonie che, pur non ritrovando la figura del padre, potevo tuttavia pubblicar li. Apprezzai la sincerità delle sue parole come l'acqua fresca di una sorgente. Giorgio Voghera Di lui ricordava il vizio delfumo: «Quanti regali per farsi perdonare» La famiglia Svevo. Sopra Giorgio Voghera

Luoghi citati: Israele, Italia, Motta Di Livenza, Russia, Trieste, Voghera