«la dc non si farà archiviare»

Allarme di Spadolini: le elezioni anticipate senza riforme sarebbero rovinose Allarme di Spadolini: le elezioni anticipate senza riforme sarebbero rovinose «la de non si farà archiviare» Martinazzoli: no alle finte aggregazioni ROMA. E' insolitamente allarmato Giovanni Spadolini, presidente del Senato, la seconda carica della Repubblica. Ma il timore che la riforma elettorale si impantani nel contrasto tra de e pds lo ha spinto a dire con fermezza che, se non si approvasse la riforma entro luglio, le elezioni anticipate a ottobre sarebbero rovinose. Perché si svolgerebbero «in un clima di sfacelo e di disintegrazione, con il sistema maggioritario per il Senato e la vecchia legge proporzionale per la Camera». Una alternativa «così anomala e così assurda» da dovere indurre tutti ad approvare veramente le riforma dando però il tempo alle Camere di approvare anche la riforma dei collegi elettorali. Dal che si deduce che si dovrebbe arrivare a primavera. Di fatto, la posizione di Spadolini sembra non tener conto che Ciampi ha promesso un intervento risolutivo del governo nel caso le Camere non approvassero la riforma a luglio. Impostazione ultimativa condivisa, a quanto pare, dal Presidente della Repubblica. La presa di posizione del presidente del Senato sarà certamente apprezzata dai democristiani (che temono le elezioni ravvicinate), ina anche dal fronte dei vecchi alleati della de che vivono giorni di grande confusione e sbandamento, ben sapendo che presi singolarmente non sopravviveranno col nuovo sistema elettorale. E, rivolto probabilmente a loro, Spadolini spiega che la riforma elettorale è non più rinviabile ma non basta. Occorre una «riplasmazione» dei partiti con «grandi aggregazioni». Che è esattamente quel che sostiene anche il socialista Giuliano Amato, il quale parla della necessità di un «amalgama». Che vuol dire una miscela in cui non si riconoscono più le sigle dei partiti originari, ma tutti starebbero insieme, dai de rinnovati di Martinazzoli al transfuga Segni, da pezzi di repubblicani, liberali, socialdemocratici e dalla maggioranza del psi, sino ad arrivare ad una fetta del pds. Dietro questo progetto c'è il convincimento che l'Italia non sia ancora pronta per un sistema di alternanza al governo tra progressisti e conservatori. Ieri queste linee sono diventate esplicite durante un convegno romano al quale hanno partecipato i socialisti Amato ed Acquaviva e il segretario della de, Martinazzoli. Acquaviva, in particolare, ha detto che l'Italia va governata dal centro ed è parso pronto a cercare accordi con la de, così come potrebbe fare un'ala minoritaria del fronte laico, più attento alle relazioni con i cattolici. Ha replicato subito «La voce repubblicana», denunciando una operazione che «ha il sapore di una riproposizione del centrosinistra come se nulla fosse avvenuto». In realtà, Martinazzoli ha detto chiaro ad Amato che non ha alcuna intenzione di dissolvere la de e che il partito popolare di massa «non è un aggeggio da archiviare ma un bene da preservare». L'esatto contrario di quel che si aspettavano i laici. Per di pia Martinazzoli ha definito la de un partito «moderato» e ha fatto capire che diffida assai di quanti «predicano il nuovo sposando posizioni di tipo euristico». Bello sarebbe uno schieramento di centro-sinistra, ha detto il segretario della de con una punta di ironia ai suoi interlocutori, se dietro le sigle ci fossero anche i ceti rappresentati. Come dire, siete scatole vuote. Da una parte la de che imbarazza i laici definendosi «moderata», dall'altra Occhetto che li imbarazza riproponendo una «confederazione della sinistra», possibilmente battezzata dai «grandi vecchi» della sinistra De Martino, Foa, Lama, Ingrao. Insomma de e pds si preparano al sistema alternativo, malgrado i dubbi dei laico-socialisti. Ieri Amato si è incontrato con Segni per esporgli i suoi progetti e cercare il consenso del capo referendario. Alberto Raptsarda Mino Martinazzoli

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