Addio alla Sala rossa Cambia dopo 235 anni

Sarà adeguata al nuovo Consiglio di 50 seggi Sarà adeguata al nuovo Consiglio di 50 seggi Addio alla Sala rossa Cambia dòpo 235 anni Sala rossa, addio. O meglio, addio a «questa» Sala rossa, chiusa dal giorno dell'ultima sconfitta politica della città. Dopo le sedi dei partiti, il «nuovo» travolge anche lei, custode di memorie e suggestioni che hanno scritto la storia di Torino: le modifiche nella composizione del Consiglio comunale, previste dalla legge, sono incompatibili con l'attuale disposizione dei banchi. Per questo, ieri mattina, il segretario generale Francesco Incandela ha riunito i suoi vice, Aldo Narducci e Roberto Sbrana, e l'ingegnere capo Franco Pennella: «Un primo ragionamento, ancora nulla di conclusivo. Ma che modifiche ci saranno è sicuro» dice il segretario. Primo problema. I seggi saranno soltanto 50, da 80 che erano. Quindi i posti a sedere risulterebbero esuberanti. Fin qui niente di male, al limite ogni consigliere avrebbe più spazio per sé. Ma l'articolo 1 della legge prevede che «il Consiglio sia presieduto dal consigliere anziano o dal presidente eletto dall'assemblea». Si può scegliere, dunque. Ma un fatto è certo: sullo scranno più alto troverà posto uno dei 50 eletti in Sala rossa. E non il sindaco, come è sempre avvenuto. . Se non intervenissero i muratori, il primo cittadino potrebbe soltanto sedersi sui banchi della giunta, insieme con i suoi 8 assessori (tutti esterni al Consiglio). Che fare? «Potremmo studiare una disposizione simile a quella delle Camere» anticipa il segretario. Quindi: presidente dell'assemblea in alto, sindaco e «governo» in posizione subordinata ma comunque di fronte all'ala destra e sinistra della sala (che non ha seggi in centro). Ulteriori complicazioni potrebbero nascere se ài decidesse di sistemare da una parte la maggioranza e dall'altra l'opposizione. Chi siederà a destra? E~chi a' sinistra? O i gruppi rinunceranno al significato ideale assunto da quelle che un tempo erano pure indicazioni logistiche? Il futuro sindaco, e i gruppi, forniranno indicazioni ai tecnici, che già stanno studiando la materia. La Sala rossa ha 235 anni di vita. A inaugurarla, nel 1758, fu il re in persona (senza fare grande fatica perché di casa stava a Torino). Era parte del primo ampliamento dì Palazzo civico, che a sua volta rientrava nel disegno di rifacimento della piazza. Lì si trasferì il Consiglio, in precedenza ospitato nella Sala congregazioni o nell'attuale ufficio del sindaco. A proposito di sindaco: allora erano due, e rappresentavano i ceti più abbienti o più poveri. Ma a uno di serie B tocca l'onore di essere raffigurato nel dipinto che sovrasta i banchi di destra: è Gian Francesco Bellezia, sindaco di seconda classe nel 1630, anno della peste. Nel 1758 la Sala era già addobbata dai velluti cremisi (colore simbolo del potere costituito e vietato all'uso civile) che le hanno dato il nome. Precisa la dottoressa Roccia, direttrice dell'archivio storico comunale: «Se potessimo viaggiare nel passato ed entrassimo nella sala così com'era il giorno dell'inaugurazione,, quasi certamente la riconosceremmo. Anche se i cambiamenti ci sono stati». E che cambiamenti! Il balcone per il pubblico (seconda metà dell'800), i dipinti che raffigurano Carlo Alberto e il voto alla Consolata per il colera del 1835, l'affresco allegorico di Casella che orna il soffitto (trasferito dalla Sala congregazioni), il bassorilievo che ricorda il consigliere comunale Camillo Benso conte di Cavour. E fili, cavi elettrici, altoparlanti. Ma rossa era e rossa rimarrà l'antica sala della politica torinese. Come quando, 235 anni fa, Carlo Emanuele III di Savoia vi fece il suo ingresso trionfale. A chi toccherà tra pochi giorni? Giampiero Pavido Si dovrà adattare la Sala rossa del Comune alla nuova legge, che prevede 50 seggi invece di 80 e assegna la presidenza dell'assemblea a un consigliere e non al sindaco

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