La Ortese rifiuta 50 milioni «I premi non mi interessano» di Giulio Ferroni

polemica. Dice no a Campiello e Scanno: si riapre la disputa sui concorsi polemica. Dice no a Campiello e Scanno: si riapre la disputa sui concorsi La Ortese rifiuta 50 milioni «I premi non mi interessano» ]ROMA INCREDIBILE ma vero. Dal mondo dei premi arriva la notizia della stagione. La scrittrice più riservata, la più magica, circondata da un alone di fascino e di mistero, Anna Maria Ortese, conferma clamorosamente il suo personaggio e offre un bell'esempio a Premiopoli. Fedele a se stessa, all'immagine di persona che vive immersa nella sua solitudine, profondamente legata solo alla letteratura, ancora una volta si è sottratta alle luci della ribalta: l'autrice dell'Iguana - di cui è da poco in libreria U bellissimo libro II cardillo addolorato, pubblicato da Adelphi ha respinto alcune seducenti proposte (per buona parte dei suoi colleghi) di partecipazione ad ambiti premi letterari. La scrittrice quasi ottantenne - è nata a Roma nel 1914, ha vissuto a lungo a Napoli e dal 1975 si è trasferita a Rapallo invitata a partecipare al Campiello ha cortesemente detto di non essere disponibile. E lo stesso ha fatto con il Premio Scanno, dove si sarebbe trovata a gareggiare con grandi firme internazionali da Garda Màrquez a Saul Bellow. Ma non è stata certo la paura di perdere il motivo che l'ha spinta a tenersi lontana da ogni agone. Al contrario, si può dire paradossalmente che è stato il timore di vincere. Il suo libro ha costituito uno degli avvenimenti letterari dell'anno, celebrato dalla critica, ammirato dal pubblico. Avrebbe avuto più di una carta per assicurarsi il primo posto al premio veneziano. Lo stesso sarebbe potuto accadere allo Scanno: la schiva Ortese, che ha pochissimi contatti personali, che non risponde mai al telefono, tramite la sua casa editrice ha fatto sapere al presidente della Fondazione che organizza il premio, Riccardo Tantum, che ringraziava ma che non acconsentiva ad entrare in Uzza. Insomma la narratrice, che non è certo ricca - nell'86 il governo, secondo la legge Bacchetti, per aiutarla a sopravvivere le ha concesso il contributo di 24 milioni l'anno - ha rinunciato, oltre alla bella ricompensa dello Scanno (50 milioni in lingotti d'oro), alle migliaia di copie che avrebbe venduto in più. Il suo editore, Roberto Calasso, come la vede questa decisione che indubbiamente sottrae qualche zero al suo fatturato? «Non me ne importa niente, rispetto la volontà della scrittrice afferma Calasso - i libri non sono editi per i premi. Sono talmente soddisfatto di avere pubblicato l'opera della Ortese che nessun altro pensiero mi sfiora». In anni lontani la scrittrice aveva vinto il Viareggio nel '53 con II mare non bagna Napoli e lo Strega con Poveri e semplici nel '67. Ma il suo gesto oggi ha un sapore particolare. Suona quasi come un ammonimento qualcuno che rifiuta quattrini, successo, onori nel movimentato universo in cui, proprio in questi giorni, l'agitazione è in crescendo, le linee telefoniche sono incandescenti per la contrattazione dei voti e le serate sono ricche di cocktails e di cene per tessere ((trame vincenti». E' di ieri la notizia che Clara Sereni, in gara allo Strega con II gioco dei Regni, rinuncia a candidarsi al Viareggio proprio perché già in corsa al premio romano. Il «caso» Ortese rilancia la polemica sui premi e sulla necessità che mani pulite cominci ad operare anche in letteratura: «Me l'aspettavo afferma convinto il critico e storico della letteratura Giulio Ferroni - è nel suo stile. E' la giusta affermazione d'indifferenza da parte di una grandissima scrittrice nei confronti della vacuità, dell'universo della chiacchiera, della contrattazione più bieca e meschina. Il comportamento della Ortese corrisponde perfettamente alla sua particolare natura, ma è anche uno schiaffo in faccia al sistema dei premi che funziona oggi sempre più a vuoto. A scorrere gli elenchi dei premiati negli Anni Cinquanta-Sessanta ci si accorge che in altre epoche tutto l'apparato aveva un senso. La maggioranza degli scrittori che saliva nell'Olimpo era rappresentata da nomi che sono diventati parte integrante della nostra letteratura. Così i giurati che decretavano una vittoria svolgevano un compito di reale mediazione tra l'editoria e il pubblico. Adesso il meccanismo sfugge a qualsiasi controllo e il valore, la qualità di un'opera vengono presi in considerazione solo raramente». Lo scrittore Alessandro Baricco se la prende con lo scarso rigore con cui nei premi vengono formulati i giudizi e afferma che colpirebbe volentieri con un «avviso di garanzia» più di un giurato: «Certo, la Ortese si può anche permettere di non gareggiare. Ma è un lusso concesso a pochi, poiché per un autore il problema fondamentale è di riuscire a farsi leggere». I premi sono un trampolino nella promozione e quelli che contano sono lo Strega, il Campiello, il Via¬ reggio, «che però si orientano - dice Baricco - sempre più verso lo stesso tipo di libro. Prendiamo il Campiello: da anni i giurati sono orientati verso una narrativa memorialistico-familiare in cui lo stile è elegante ma non innovativo. I casi della Marami, della Bossi Fedrigotti e di Maldini parlano chiaro. I miei libri, che sono un po' più complessi, sono stati penalizzati. Lo Strega premia invece la carriera, tiene lontani i più giovani, com'è accaduto l'anno scorso con la Capriolo e con Riotta». Ma un invito ad andare più cauti nella condanna alla macchina che macina autori ed opere, ma che è anche una risorsa economica per gli scrittori, viene da parte di Walter Pedullà, critico letterario e presidente della Rai e anche nella giuria dello Scanno e del Campiello; do credo che la motivazione dell'Ortese sia assolutamente privata. Lei si colloca al di sopra degli altri e probabilmente il fatto di ricevere un premio è una bella fatica. Da anni faccio parte di parecchie giurie e di premi ne ho consegnati personalmente parecchi. L'esperienza m'insegna che, mentre gli autori spendono in pubblico parole di fuoco contro la deplorevole istituzione, poi, in privato si attaccano al telefono e cercano, raccomandazioni. Mi ricordo, tra i tanti, che una volta fece così anche Manganelli. Ma anche Gadda ha scritto libri per essere premiato e dalle mie mani è stato "incoronato" persino Ceronetti. E poi, quali autori di razza, dal dopoguerra ad oggi, non sono entrati in una rosa, in una cinquina o addirittura non sono, stati dichiarati vincitori? Pochissimi. Dunque, i riconoscimenti colpiscono anche nel segno». Baruffe, speranze, delusioni, tutto quello che anima il vario mondo dei premi non ha mente che fare con la decisione della Ortese: lo scrittore Alberto Bevilacqua, nella giuria dello Scanno, ne è convinto: ((La Ortese, che io ho conosciuto tanti anni fa, ha coltivato il suo piccolo mito d'isolamento. I premi non c'entrano. Il suo rifiuto rientra in questa strategia di se stessa. Fermo restando il valore della sua scrittura, questo mito fa colpo e ha un certo effetto sull'Italia più provinciale». Ma che vi sia la necessità di una nuova «moralità» che condizioni le istituzioni letterarie lo pensa il cri tico Alfonso BerardineUi: «I premi diventano veramente deplorevoli quando si assegnano a libri brutti. Ma nessuno si sarebbe mai sognato di mettere sott'accusa critici come Cecchi o Debenedetti quando dava no prestigiosi riconoscimenti alla Morante o a Parise. Dunque il di scorso investe il cattivo stato di sa Iute, nel suo complesso, della no stia cultura letteraria. I premi dovrebbero anche evitare che i buoni romanzi o i buoni libri di poesia vengano riconosciuti solo dai po sten. Lo fanno? Non mi pare, non accade'quasi mai». Mirella Serri Calasso: «Mi basta averla pubblicata. Pedullà: «Anche vincere è una fatica». Ferroni: «E' nel suo stile» La scrittrice vive grazie alla legge Bocchelli. Baricco: «Avviso di garanzia per certi giurati» Nella foto grande, la Ortese nel '67 mostra l'assegno dello Strega Sopra, Baricco. A sinistra Roberto Calasso. Sotto, Giulio Ferroni

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