«I Salvo avevano il numero di telefono di Andreotti»

«I Salvo avevano il numero di telefono di Andreotti» La vedova del vicequestore assassinato, feccia a faccia in aula con Totò Riina accusato di essere il mandante dei killer «I Salvo avevano il numero di telefono di Andreotti» Laura Cassare ai giudici: i due esattori svolgevano un ruolo decisivo nella mafia PALERMO. Gli esattori Salvo, che Giulio Andreotti nega di aver mai frequentato, disponevano di un suo numero di telefono riservato? L'ha detto, pur precisando di «parlare per sentito dire», Laura Cassare, moglie del vicequestore Ninni Cassarà, il vicecapo della squadra mobile assassinato il 6 agosto 1985 a Palermo con l'agente della scorta Roberto Antiochia, di appena 20 anni. La vedova ha deposto come parte lesa nell'aula bunker dell'Ucciardone nel processo per l'agguato organizzato dalla mafia. Cassarà dava fastidio a Cosa Nostra, era un bulldozer, un poliziotto colto pronto a rischiare la vita pur di arrivare ai grandi capi delle «famiglie» allora tutti latitanti. Fu eliminato con 100 colpi di Kalashnikov mentre rincasava. «Mio marito mi parlò di Andreotti» ha affermato la signora, però non ha aggiunto altri particolari. Laura Cassarà dopo l'agguato rimase con due figli che ora hanno 19 e 17. Bella donna, sicura di sé, docente di tedesco al «Garibaldi», il liceo classico più importante della città, la signora si è costituita parte civile. Ha guardato senza timore, ma si può star certi provando una forte emozione, l'unico imputato in aula: Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra in Sicilia, che è stato rinviato a giudizio come il principale responsabile dell'omicidio, di cui sarebbe stato il mandante. Ma sull'ex presidente del Consiglio, che per le dichiarazioni di cinque pentiti ha ricevuto dalla procura di Palermo l'avviso di garanzia che ha tanto fatto discutere, la vedova di Ninni Cassarà tutto sommato è stata cauta. «Non so bene, forse il numero fu trovato ai Salvo durante una perquisizione», ha dichiarato fra l'altro aggiungendo che il marito le aveva parlato a lungo del ruolo nella mafia dei cugini Nino e Ignazio Salvo. Il primo morto di tumore nel 1986 in una clinica di Bellinzona, a pochi giorni dall'inizio del maxiprocesso numero 1 in cui era imputato di associazione mafiosa, il secondo assassinato nel settembre scorso dopo essere stato condannato nello stesso processo sempre per mafia. E a proposito dei due esattori, ricchissimi e potentissimi, citati più volte anche per la loro amicizia con l'eurodeputato Salvo Lima, sostenitore di Andreotti in Sicilia e pure ucciso il 12 marzo dell'anno scorso, Laura Cassarà ha contestato il Giornale di Sicilia, il più antico quotidiano dell'isola che a suo dire avrebbe subito una certa influenza da parte degli esattori e che «ovviamente - ha precisato si schierò dalla parte dei Salvo». La signora ha ricordato che nel 1984, deponendo a Caltanissetta nel processo per la strage Chinnici, U marito aveva dichiarato che il consigliere istruttore del tribunale assassinato nella strage nel luglio 1983 era intenzionato a far arrestare i Salvo. Una circostanza in seguito smentita dall'allora capo della squdra mobile Ignazio D'Antone e da alcuni giudici di Palermo ma confermata da Paolo Borsellino e da un ufficiale dei carabinieri, il capitano Angiolo Pellegrini. Prima che Cassarà quel giorno tornasse da Caltanissetta, dopo aver deposto, la signora ricevette una telefonata anonima: «Vi uccideremo tutti come cani», sibilò minacciosamente un uomo che interruppe subito dopo la comunicazione. Antonio Ravida Laura Cassarà moglie del vicequestore assassinato dalla mafia durante la deposizione di ieri nell'aula bunker

Luoghi citati: Caltanissetta, Palermo, Sicilia