In Siberia un gasdotto d'oro di Eugenio Cefis
In Siberia un gasdotto d'oro In Siberia un gasdotto d'oro Cefis: cento miliardi attraverso il pei ROMA. Soldi per tutti. L'Eni di Eugenio Cefis pagava stabilmente i cinque partiti di governo tramite l'Italcasse di Arcami. Ma anche le opposizioni non venivano dimenticate. Pagine pubblicitarie per i giornali di destra come «Il Borghese» o di sinistra come «Paese Sera». Spiegazione: «Talvolta avevamo bisogno che determinati provvedimenti di particolare importanza per l'Eni in sede legislativa non incontrassero forti opposizioni». E poi provvigioni miliardarie, non si sa se dirette a Mosca o a Botteghe Oscure, quando si trattò di costruire il gasdotto siberiano. Eugenio Cefis si è confidato con i giudici di Mani pulite. Li ha aiutati a ricostruire un'epoca lontana della corruzione in Italia. E la sua deposizione è finita alla Camera, a supportare la richiesta di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi e Claudio Martelli per la vicenda del conto Protezione. Ma l'anziano boiardo di Stato ha parlato un po' di tutto. Vicende, di trent'anni fa, ma sempre attuali. Cefis ha parlato, ad esempio, dei repubblicani. «Sovente riuscivano a ottenere versamenti di entità superiore a quella che sarebbe stata strettamente proporzionale alla loro rappresentanza parlamentare». Ha raccontato poi di come i partiti di governo venissero regolarmente finanziati. «Ad occuparsi di tutto era direttamente Arcaini, che costituiva il referente specifico e anzi l'incaricato all'uopo dei partito politici di governo». Cefis racconta anche come, pagando, nel 1967 l'Eni superò la crisi di Suez. «In tale occasione, sempre attraverso l'Italcasse, si erogò un contributo straordinario a favore dei partiti di governo». Ottenne, in cambio, l'aumento del prezzo della benzina. Ma Cefis ricostruisce soprattutto la storia del gasdotto siberiano. Nel 1969 l'Eni inizia le trattative con Mosca. Cefis stesso ha numerosi incontri con Kossighin. Ma qualcosa non marcia per il verso giusto. Aldo Moro pone il suo veto e impone l'Olanda come partner all'Eni. Le trattative riprendono dopo le elezioni del 1972. Ed entrano in scena gli intermediari italiani, ovvero i comunisti Luigi Longo, Giorgo Amendola, Giancarlo Pajetta e Amerigo Terenzi, responsabile della stampa comunista. «Le trattative - racconta Cefis - ripresero con vigore; quando io andavo a Mosca per portarle avanti, Pajetta mi precedeva di qualche giorno per preparare il terreno». E finalmente si arriva alla stretta finale. Suslov chiede a Cefis «una certa somma» per chiuedere. «Vi fu un mercanteggiamento fra me e Terenzi, il quale mi diceva che provvedeva a riferire a Rijov e mi riportava le relative richieste. Alla fine si concordò il versamento di oltre 12 milioni di dollari a titolo di contributo da parte del gruppo Eni per il buon esito delle trattative». L'Eni pagò dunque una cospicua intermediazione: una cifra considerevole, che oggi potrebbe valere un centinaio di miliardi. Ricorda ancora Cefis: «Fu Terenzi a comunicarmi i dati del conto svizzero sul quale effettuare i versamenti». E' il conto «Rodetta», facente capo a una finanziaria del Liechtenstein. Conclusioni di Cefis: «Non so chi fosse il beneficiario di tale conto, né quale fu l'utilizzo dei fondi su esso pervenuti, giacché Terenzi nulla disse al riguardo». Francesco Grìgnetti Eugenio Cefis
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