«Mani Pulite abbiamo scoperto tutto» di Fabio Poletti

Il procuratore aggiunto di Milano: l'inchiesta ormai può considerarsi conclusa Il procuratore aggiunto di Milano: l'inchiesta ormai può considerarsi conclusa «Mani Pulite, abbiamo scoperto tutto» D'Ambrosio: de epsi avevano occupato lo Stato MILANO. «Il quadro adesso è completo. Abbiamo capito il "sistema" per quello che è stato negli ultimi dieci anni, a partire dalla voracità dei partiti». E' quasi seccato al telefono Gerardo D'Ambrosio, procuratore aggiunto a Milano, uno dei magistrati del pool «Mani pulite». Quella sua mezza frase all'Europeo anticipata dalle agenzie, «L'inchiesta è finita», ha provocato un terremoto. E adesso, da casa, il magistrato non fa che rispondere alle chiamate di precisazioni, spiegazioni, distinguo. D'Ambrosio dà una fotografia precisa di Tangentopoli. Un anno e mezzo di indagini hanno messo a nudo quel «sistema», fatto di corrotti e corruttori, concussi e concussori. «Ci sono dentro tutti», ripetono da mesi a palazzo di giustizia. I sette milioni di Mario Chiesa? Preistoria. Adesso si indaga su de, psi, pri, pli, psdi e ancora pci-pds. Le imprese? Tutte le più importanti, sia private (Fiat e Olivetti) che pubbliche (Eni, Iri). Appunto, il «sistema». Scusi, D'Ambrosio, proprio lei ha dichiarato che l'inchiesta «Mani Pulite» è finita. E che vuol dire? «Quando dico che l'inchiesta è finita mi riferisco al fatto che oramai è venuto fuori lo spaccato del sistema dei poteri. Se scopriremo altri episodi non potranno che fare parte di questo "sistema" di cui abbiamo già scoperto tutto». Allora le indagini non sono concluse? «Come magistrati abbiamo l'obbligo di continuare ad indagare. Forse scopriremo altre mille filoni d'inchiesta, ma sono solo i dettagli che ci mancano. Il "sistema" lo abbiamo oramai inquadrato globalmente». Potreste scoprire il coinvolgimento di altri partiti, di altri imprenditori? «Le ripeto, il quadro è completo. Mancano solo i dettagli. Noi non ci meravigliamo più se indagando sulle tangenti pagate per gli appalti Enel scopriamo poi quelle per le Poste o per i telefoni di Stato. Sono solo altri episodi di un quadro che abbiamo già scoperto tutto». Quanto ci vorrà prima che l'inchiesta sia veramente conclusa? Quattro giorni fa, parlando a Napoli a un convegno dell'Associazione magistrati, lei ha detto di essere ottimista e che forse basterà meno di un anno. «A Napoli ho anche detto che l'inchiesta oramai è in discesa. Quando anche i due più importanti gruppi industriali privati, cioè la Fiat e la Olivetti, danno la loro collaborazione alle indagini, il velo di quel "sistema" è squarciato». Nell'intervista all'Europeo il procuratore aggiunto sul «siste¬ ma» si dilunga. E dice: «Oggi lo scenario è nitido: de e psi, i due partiti di maggioranza, si finanziavano attraverso meccanismi illeciti, basati sulla corruzione». Aggiunge D'Ambrosio: «Per attivare questi meccanismi avevano occupato tutti gli spazi di potere a disposizione: parastato, enti pubblici, apparati della burocrazia e altro. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: l'economia e la democrazia del Paese sono state inquinate, messe in pericolo. In Italia c'è stata la stagione dello stragismo, del fattore "K", e poi è venuta l'epoca della corruzione e dell'occupazione sistematica dello Stato. La magistratu¬ ra ha fatto il proprio dovere facendo saltare quel tappo di illegalità che soffocava il Paese». Sì, si moltiplicano i segnali per arrivare presto alla conclusione delle indagini. Niente colpi di spugna, però, quelli ai giudici del pool non piacciono proprio. Come il decreto Conso, nato e defunto in 48 ore, che provocò le ire dei giudici. Si pensa ad altro, a palazzo di giustizia. E la «vecchia» proposta di Gherardo Colombo viene ripresa, aggiornata e corretta dal giudice Italo Ghitti. Condono, la parola magica: chi collabora ha uno sconto, non va in carcere ma viene interdetto per un certo periodo dagli incarichi pub¬ blici. Ma quella frase di D'Ambrosio sulla «fine vicina» piace ai repubblicani. E in una nota della Voce, l'organo dell'edera ha scritto: «Non si può non convenire con D'Ambrosio quando dice di de e psi. Non significa certo mascherare o sminuire i coinvolgimenti di altri partiti. Non siamo ipocriti. Ma politicamente e storicamente è un giudizio oramai conclusivo il dire che la vita italiana, a tutti i livelli, era stata ridotta ad un tavolo verde dove c'erano due giocatori fissi a riscuotere, quelli di cui parla D'Ambrosio». Fabio Poletti ■ Gerardo D'Ambrosio, procuratore aggiunto di Milano

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