Addio miti degli Anni 80 Il consumatore svolta

Addio miti degli Anni 80 Il consumatore svolta RIVOLUZIONE DEL GUSTO In un libro la classifica dei 10 nuovi status-symbol degli italiani Addio miti degli Anni 80 Il consumatore svolta LI hanno chiamati ((prodotti chiave degli Anni 90». Il mercato del neoconsumismo è loro, dicono, perché rispondono a nuovi «dogmi» dai quali l'italiano di fine Secolo non prescinde: natura, naturalismo, naturalezza. Dieci prodotti in tutto. Eccoli: i cosmetici ecologici «Body shop», il settimanale «Cuore», gli yogurt e le spremute d'arancia «Fattoria Scaldasole», la bevanda energetica «Gatorade», i mobili «Ikea», l'abbigliamento «Max and Co.», il walkman per bambini «My first Sony», le scarpe «Reebok», gli orologi «Sector» e i vestiti «Tasmanian». Dopo averli individuati con una ricerca, su questi magnifici dieci un gruppo di sociologi ha scritto un saggio appena uscito da Sperling & Kupfer e prefatto dal professor Alberto Abruzzese. Titolo, «I nuovi boom». Tesi del libro è la svolta nei consumi che in questi primi Anni 90 s'è prodotta rispetto agli Ottanta. Abruzzese lo definisce «passaggio dalla dimensione industriale, fondata sulla visibilità dell'immagine, a quella post-industriale che sperimenta altri linguaggi, all'insegna dell'ecologia tra individuo e prodotto». Tradotto dal sociologhese vuol dire che la gente che compra, qualsiasi cosa compri, bada di più alla qualità. I valori di riferimento non sono edonismo, forma, bellezza fine a se stessa, ma semplicità, trasperenza, comodità. Valori sani e concreti, insomma. Dice ancora Abruzzese che il nuovo consumatore non si fa dominare dal prodotto: lo domina, procedendo tra le offerte del mercato «obliquamente», come un «cavallo nel gioco degli scacchi». Di qui il successo dei cosmetici naturali, delle «Reebok» che soppiantano le «Timberland», della «Scaldasole» che va a ruba. E del «Cuore» di Michele Serra che fa ombra a «Repubblica», «perché passa attraverso il nuovo bisogno di resistenza umana, l'interclassismo comico e il linguaggio aggregante» analizza Abruzzese. A «Cuore», in redazione, il primo commento è laconico: «Ma va». Il secondo è meglio articolato: «Noi vendiamo 110 mila copie, "Sorrisi e canzoni" ne vende 2 milioni. Che cos'è questa ossessione religiosa che il pubblico sia un tutt'uno? Sono tante persone diverse, invece, ognuna con la sua testa. In prima eie-, mentare ci hanno insegnato che non si sommano le pere con le mele. E poi, si vendono anche moltissime uova». Discorso non condiviso da sociologi e antropologi. Quelli di «Cuore» devono ammettere che un motivo ci sarà se nessuno va più in giro con la toga e tutto il mondo usa i blue jeans. L'antropologa Cecilia Gatto Tracchi dà ragione alla tesi del saggio: «Primo, i consumatori non sono beoti. Secondo, scelgono in base alle mitologie, e le mitologie degli Anni 90 sono complesse, mi sembra che si assista al trionfo di quelle che già si affacciavano negli Anni 80. Oggi abbiamo il mito-natura, il mito-corpo, il mito-efficienza non tecnologica». Sì, ma che cos'ha di naturale il «Sector»? «Nulla, è mito allo stato puro. I miti sono costruiti culturalmente. Mio figlio per Natale lo voleva, quell'orologio. Costa una fortuna: 1 milione e 800 mila lire. E voleva anche le "Reebok" con la pompetta per gonfiare la punta. Quelle gliele ho comprate in America, carissime: 100 dollari. Eppure mio figlio non è un cretino. Mi ha spiegato che quelle due "cose", rispetto alle varie offerte del gene¬ re, hanno il migliore rapporto qualità-prezzo». Il figlio della professoressa Gatto Tracchi è un «consumatore attento». Federico Boario, presidente dell'Editoriale Largo Consumo, ha individuato questa categoria e spiegato la sua crescita costante: erano il 12,9 per cento dei consumatori italiani nel 1986, oggi sono più del 18 per cento. E secondo i sondaggi il 91 per cento dei consumatori italiani, attenti o no che siano, ha un «timore elevato» dell'impatto che gli imballaggi degli alimenti possono avere sull'ambiente. Tutto «convince», secondo il sociologo Luigi Manconi. Ma resta una domanda, anzi due: «I prodotti di cui parla la ricerca che Abruzzese ha prefatto non sono prodotti di élite? E se sono manifestazioni di un'opzione di naturalezza, non sono anche esito di poderose strategie di mercato?». Eva Ferrerò Trionfano i prodotti naturali e semplici Il sociologo Abruzzese: «Tramonta l'immagine a favore dell'ecologia individuo- prodotto» i cosmetici ecologici «BODY SHOP» gli yogurt.lì le spremute d'arancia «FATTORIA I MAGNIFICI SCALDASOLE» DIECI

Luoghi citati: America, Scaldasole