Un premio a Milvia Carrà
Un premio a Milvia Corrà Un premio a Milvia Corrà L'AIPE, associazione italiana piccoli editori, ha assegnato alla signora Milvia Carrà, che per anni ne è stata presidente, il premio «Il Segnalibro» «per la dedizione assoluta, l'impegno intellettuale e culturale che ha dato alla causa e allo sviluppo delle piccole case editrici in Italia». Le edizioni Milvia Carrà nascono nel 1974 allo scopo di ricostruire la storia dei paesi con origini medioevali, protagonisti i castelli. Tra le più recenti iniziative, la collana di narrativa «Jeans Book», riservata ai giovanissimi. L'AIPE ha eletto il nuovo presidente nella persona di Elena Salem, responsabile della casa editrice «Bridge», fondata a Milano nel 1990, specializzata in marketing. vincitrice quest'anno del Premio Editore Donna dello Zonta, teme il troppo parlare delle donne tra loro, «ho sempre avuto paura della ghettizzazione, continuo ad averla». Il problema così posto ha suscitato reazioni anche accese al tavolo dietro il quale, accanto alla festeggiata, sedevano donne certo non ferme ai gradini intermedi della «professione cultura»: Maria Rosa Cutrufelli, scrittrice e femminista storica; Gabriella d'Ina direttore editoriale della Feltrinelli (una «casa» ora molto attenta anche alle nuove leve femminili ma dove, ci ricorda Erige, la «padrona», «quando arrivai io si parlava solo macho»); la Mafai, columnist di «la Repubblica», cui si è aggiunta l'algerina Assia Djebar, a Torino per partecipare alla convention del Grinzane sulle letterature del Mediterraneo e che ha disegnato un quadro del suo Paese nel quale le donne dopo un'avanzata formidabile ri¬ schiano ora un arretramento pericoloso. Rischio che non incombe solo al di là del mare, come ha sottolineato in un intervento estemporaneo Marisa Rusconi: «Bisogna essere vigili da subito, le avvisaglie di restaurazione sono lampanti, c'è un Bossi che proclama "le donne tornino a casa"...». Gabriella d'Ina non condivide tanta ansia e porta con grande concretezza il frutto delia sua esperienza che è sostanzialmente quella di «non privilegiare le donne, non giudicare mai le scrittrici mettendo sulla bilancia anche il peso delle loro passate frustrazioni. No, noi donne dell'editoria non siamo tenere madri che partoriscono il libro-figlio. Qualità, ecco l'imperativo, poi ciascuna autrice porterà con sé i suoi problemi, perché le donne non dimenticano certo la loro storia. Ora dobbiamo andare avanti, siamo a buon punto». D'accordo naturalmente, ma da
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