Azionisti contro la politica ignobile di Maurizio Assalto

Azionisti contro la politica ignobile Azionisti contro la politica ignobile Galante Garrone discute con amici e discepoli ETORINO A imo strano effetto, di questi tempi, trovarsi a parlare di «nobiltà della politica». Sembra quasi un'ironia. Eppure avevano intenzioni più che serie Norberto Bobbio e gli altri relatori riuniti ieri al Salone del Libro per ragionare su questo tema davanti a un pubblico incontenibile e attentissimo. Lo spunto era fornito dalla presentazione di Libertà liberatrice (ed. La Stampa), una raccòlta di articoli scritti su questo giornale da Alessandro Galante Garrone nel corso di una collaborazione quasi quarantennale. La «libertà» del titolo, spiega l'autore, «è una libertà creatrice, che si concreta di fronte ai piccoli problemi. I suoi necessari requisiti, necessari alla nobiltà della politica, sono il coraggio del non conformismo, la capacità di assumersi sempre le proprie responsabilità, l'inesorabile obbedienza alla legge». Un programma impegnativo, forse obsoleto. La politica può essere ancora, anche, una cosa nobile? Sì, risponde Bobbio, e cita una figura che è stata la dimostrazione vivente di questa possibilità: Sandro Pertini. In realtà, ricorda il filosofo, ci sono sempre state due idee opposte della politica: «Quella che sottolinea il "carattere demoniaco del potere", rappresentata da Machiavelli e dai teorici della ragion di Stato, per cui la politica e la morale sono distinte. E quella che le contrappone il "potere dal volto umano", che ha avuto la sua espressione nell'Utopia di Tommaso Moro». La nobiltà della politica contro la politica ignobile. Meglio di tutti ha parlato Kant, dice Bobbio ricordando un passo che amava citare agli studenti: «Il diritto degli uomini deve essere tenuto come cosa sacra...». (Il filosofo fa una pausa: «E qui tacciamo sul presente...», poi prosegue con Kant). «... anche se ciò dovesse costare sacrifici al potere dominante. Ogni politica - ecco una bella espressione - deve "piegare le ginocchia" davanti alla morale». Ma forse la virtù dell'individuo non basta a nobilitare la politica. E' quanto rileva Massimo Salvadori: «Ci vogliono buone intenzioni, come diceva Rousseau, ma occorrono anche, come sostiene Robert Dahl, le condizioni di una democrazia funzionante, ossia una società civile matura. E questa presuppone un certo grado di sviluppo materiale: quando gli uomini non possiedono quel quantum di benessere che dà concretezza ai diritti, la politica entra in una zona oscura, diventa luogo della guerra di tutti contro tutti, e anziché nobile si trasforma nella sede dell'abiezione». Con l'intervento di Gian Enrico Rusconi il dibattito entra più direttamente nel merito del libro di Galante Garrone. Il politologo - da tempo impegnato in un serrato confronto con il pensiero azionista, di cui Bobbio e Galante sono fra gli ultimi rappresentanti - cita un lontano articolo del giurista su «Mito e realtà della Resistenza». «Se leggiamo senza pregiudizi questo breve testo - dice Rusconi - vi troviamo alcuni punti su cui oggi possiamo andare avanti a ragionare, senza paura del "babau" revisionista. Il più delicato riguarda il rapporto quantitativo fra la Resistenza e la maggioranza attendista: su questa dobbiamo tornare a riflettere e lavorare». «Certo - riconosce Galante Garrone -, ha ragione De Felice quando parla di due minoranze che si combattevano nella Resistenza, e di una maggioranza cauta, indifferente, egoista. Il suo peso l'abbiamo sentito bene, tanti mali dell'Italia di oggi sono il frutto di quella maggioranza opaca». Ma la questione sullo sfondo è un'altra: è quella stessa già sviscerata nella polemica sull'azionismo iniziata da Galli della Loggia. Se l'Italia è diventata quel che sappiamo, qualche addebito va ascritto a un difetto di elaborazione politica degli azionisti? Gianni Vattimo si assume la parte dell'avvocato difensore: «Spesso si rimprovera agli azionisti di avere accompagnato come "compagni di strada" - o, con un'espressione peggiore, come "utili idioti" - il progetto comunista. Ripensando a questi scritti di Galante Garrone ci si rende conto che l'azionismo come rivendicazione dei diritti "borghesi" nell'ambito della sinistra classica alla fine ha vinto. Se certi valori si sono affermati ben prima che crollasse il Muro, e hanno impedito ai comunisti italiani di diventare come quelli francesi, è anche per merito di articoli come quelli di Galante Garrone, che parlava di divorzio, aborto e altri diritti civili quando nel pei questi erano visti come temi borghesi, roba americana». Maurizio Assalto Rusconi: la sfida del revisionismo Vattimo: i meriti degli «utili idioti» Qui accanto Galante Garrone e Bobbio. Il filosofo cita Kant: «La politica deve piegare le ginocchia davanti alla morale». A sinistra Vattimo, Rusconi e Salvador!

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