Il mondo raccontato dai registi

Il mondo raccontato dai registi Il mondo raccontato dai registi Loach: «La mia Inghilterra, povera e depressa» CANNES. Insieme cai i grandi eventi divistici (le Epparizioni di Elizabeth Taylor, di Stallone, di De Niro) celebrati dall'entusiasmo della folla, daia frenesia dei fotografi, dai glandi titoli sulle prime pagine cei giornali, si consumano durate il Festival molti altri avvenmenti: meno rumorosi, ma importanti per chi vede il cinema ;ome modo attraverso cui conoscere meglio le culture e i problemi degli altri Paesi. Ken Loach, per esempio, l'autore inglese che Ih diretto nel '72 «Family Life» e die oggi presenta al Festival 1 suo nuovo «Raining Stones», dipinge un quadro significatho della Gran Bretagna di oggi, aiflitta da una povertà sempre crescente e guidata da un governo «che non riesce a promuov<re il cambiamento». Dice il ngista: «Negli Anni 60, quando ho iniziato a fare questo mesiere, c'era il boom economico, la gente lavo¬ rava, si viveva in un discreto benessere e la sinistra era molto forte. Adesso la disoccupazione ha toccato livelli altissimi, l'indigenza, soprattutto nella parte a Nord del Paese, è tremenda e il paradosso è che la sinistra non ha alcun potere. Nonostante tutto questo la gente non ha dimenticato la speranza e soprattutto, come ho voluto raccontare nel mio film, non ha perso la capacità di reagire. Un mese fa sono andato in Scozia, a visitare una fabbrica dove erano state licenziate molte operaie: erano in sciopero da giorni VIDEOGAME di Curzio Maltese Quelli che andavano in gita in Cina, in trecento, e adesso c'hanno trecento miliardi di debiti, oh yes (Fabio Fazio, Porca Miseria, Raitre) e combattevano con un'incredibile tenacia. Quando si vedono esempi del genere si sente forte la responsabilità di agire, di aiutare chi si trova in certe condizioni». Definito di recente dal «New York Times» «cineasta della classe operaia», Ken Loach non ha smesso di credere nella possibilità del cambiamento: «Al punto in cui siamo è impossibile non pensare che qualcosa dovrà pur succedere: non sarà la rivoluzione, ma così non si può più andare avanti». Anche Hou Hsiao Hsien, il quarantaseienne regista di Taiwan che partecipa al concorso con «Il maestro di marionette», discute dei grandi mutamenti che intressano, in questa fase, il suo Paese, la Cina popolare e Hong Kong. «Spero in un futuro unito per le tre Cine: una specie di federazione sul modello di quella americana, senza un controllo centrale, con pieno rispetto delle autonomie, dei lin- guaggi e delle culture». E proprio in nome dell'indipendenza culturale di Taiwan, per «una migliore conoscenza della mentalità e della specificità cinese», Hou Hsiao Hsien (Leone d'Oro al festival di Venezia dell'89 per «Città dolente») ha realizzato «Il maestro di marionette». «Nel film descrivo cose reali, che ho conosciuto attraverso i racconti dei nostri nonni e dei nostri genitori. Vorrei che il pubblico capisse qualcosa del popolo cine¬ se, della famiglia, della morale tradizionale». Tra i progetti del regista, anche se solo sotto forma di pensiero, c'è anche quello di realizzare un film sulla Lunga Marcia di Mao: «E' un soggetto molto affascinante, perché quel periodo è stato estremamente interessante e rappresentativo di quello che è l'animo cinese». Senza tempo, invece, nei modi, nell'aspetto, nella maniera di guardare la realtà e poi raccon- tarla sul grande schermo, è il maestro portoghese Manoel de Oliveira, ottantacinquenne pieno di allegra vitalità invitato alla Quinzaine des realisateurs con «Valle Abraao», storia di una Madame Bovary del Portogallo. «Se mi daranno la possibilità farò in autunno un nuovo film scritto da me e intitolato "Identità di una famiglia". Non posso smettere di lavorare, altrimenti rischio di invecchiare». lf.c] E Hou Hsiao Hsien sogna una Cina unita che somigli all'America Ken Loach il regista inglese che girò «Family Life» dipinge un quadro desolante della Gran Bretagna attanagliata dalla crisi economica ma si dice convinto che la gente abbia voglia di reagire