Il comunismo è finito, Hemingway lascia Milano

Il comunismo è finito, Hemingway lascia Milano Washington taglia le spese, la Biblioteca americana dell'Usis (30 mila volumi) costretta a chiudere Il comunismo è finito, Hemingway lascia Milano «L'Italia non è più a rischio, adesso i nostri testi servono all'Est» -f*\ MILANO I ' AUSA fine della Guerra I Fredda, chiude la biblio1 i teca americana dell'Usis. vd| Non che in via Bigli lo dicano proprio così, ma questo è il senso di un provvedimento che sembra ormai inevitabile. Resteranno senza un punto di riferimento amatissimo Fernanda Pivano, Claudio Gorlier, Marisa Bulgheroni, e tutti gli americanisti del Nord Italia che alla Biblioteca si appoggiavano a Margherita Uras. Ma alla tristezza di chi dal 1948 ha potuto usufruire delle belle stanze dell'Usis affacciate su un giardino segreto, e dei suoi libri di letteratura americana, dei giornali e degli archivi, si aggiunge la curiosità storica, il segno che «le cose cambiano», come dice David Mamet, e i costi del «Servizio informazioni» americano nell'Europa occidentale non si giustificano più, alla luce dei mutamenti politici e del debito pubblico. «Il Congresso ha fatto pressione sul governo perché sospenda le spese per le biblioteche in Paesi che possono permettersi di mantenerle da soli - spiega il direttore dell'Usis di Milano, Patrick Corcoran -. A noi dispiace moltissimo, ma la situazione è tale che stanno chiudendo molte biblioteche anche in Ernest Hemingway America. Non abbiamo un piano veramente definito per la chiusura, ma in effetti è cosa abbastanza certa. Attendiamo soltanto il via da Washington». Che è previsto entro l'estate. Ma quel che colpisce, oltre al danno culturale che ne avranno Milano e tutte le università del Nord Italia (resterà in funzione per tutti solo la biblioteca dell'Usis di Roma), è come si sia spostata la frontiera. Dal bel palazzo patrizio di via Bigli, i diecimila volumi e le microfiche della Library of American Civilization (pari ad altri 19 mila volumi, preziosissimi per tesi di laurea e saggi) potrebbero anche partire per Vilnius, o per Cracovia, o per Tirana. Non è più come negli Anni 50, quando l'Italia usciva dall'autarchia fascista, affamata di nuovi testi, e all'Usis si potevano leggere Hemingway e Dos Passos e Cummings, e una gran quantità di testi scientifici nuovissimi: ora chi si trova in stato di necessità sono le nuove democrazie dell'Est e la Russia. «La caduta del comunismo obbliga quest'organizzazione a ripensarsi - spie¬ ga la direttrice della biblioteca, Paola Gargiulo, master in biblioteconomia a Berkeley -. Dopo Yalta, l'Usis aveva come funzione la promozione dei valori democratici nei Paesi del Patto Atlantic^ in opposizione ai regimi totalitari». E ora, come affrontare il problema che il nemico è sparito? Secondo la valutazione un po' semplicistica del californiano Pete Stark, tagliando costi divenuti ormai superflui: come quelli delle biblioteche in Francia, Italia ecc., visto che ormai questi Paesi non sono più «politicamente e economicamente instabili» e soprattutto non hanno più «l'Urss sull'uscio di casa», come ha detto al Congresso. Per dargli manforte, un collega ha aggiun¬ to: «Non so quanti di voi siano stati a Parigi, e io non ho mai fatto quest'esperienza, ma mi dicono che non si può nemmeno entrare in un ristorante tanto ci hanno in' antipatia laggiù. Quindi non capisco che cosa vengano a fare nella nostra biblioteca». Inutile dire che tesi come queste cadono nella più discreta quanto evidente costernazione tra i funzionari di via Bigli. Oltretutto, il Congresso potrebbe ottenere il suo obiettivo di far risparmiare ai contribuenti 30 milioni di dollari l'anno, soltanto chiudendo la stazione radio americana a Cuba. Ma Cuba non si tocca. Qui invece tutto si sfascia, e non si vede perché i contribuenti americani dovrebbero desiderare di mantenerci acculturati sul¬ l'America, quando le nostre biblioteche non sono nemmeno in grado di accogliere la raccolta dell'Usis. «Pare incredibile - dice piena di amarezza Fermarla Pivano - che in questa trottola di miliardi di miliardi rubati non si sa per che cosa, non si possa trovare qualche lira per salvare una delle glorie della vera propaganda americana in Italia: dico vera perché si riferisce alla cultura e non al consumismo». Lei pensa a Berlusconi, qualcun altro a Ronchey, mentre si prova a trattare con la Biblioteca dell'Università Cattolica. E' una speranza tenue, per tutti gli americanisti del Nord Italia. Ma è sempre meglio di Vilnius. Livia Matterà Fernanda Pivano: «Una gloria della propaganda culturale, ma nessuno cerca di salvarla» Ernest Hemingway. I libri dell'Usis milanese finiranno a Vilnius?