Mani Pulite «avvisa» anche la Malfa di Susanna Marzolla

L'ex segretario pri, accusato da Giacalone: «Mi fu presentato come un contributo lecito» L'ex segretario pri, accusato da Giacalone: «Mi fu presentato come un contributo lecito» Mani Pulite «avvisa» anche la Malfa «Incassò 400 milioni di tangente» MILANO. Giorgio La Malfa aveva già messo le mani avanti parlando di soldi ricevuti da Davide Giacalone. Si aspettava, è probabile, la «tegola» che puntualmente è arrivata: avviso di garanzia per lui; manette per l'ex capo della sua segreteria politica, Giorgio Medri. Giacalone, per chi non lo ricordasse, è l'ex enfant prodige del pri che a neanche trent'anni si trovava a fare il braccio destro dell'allora ministro Oscar Mammì. E che, mentre da esperto preparava la legge sulle tv, si occupava «anche» di tangenti. Finite tutte al suo partito. In parte, secondo l'accusa, a Mammì; in parte a La Malfa, tramite Medri. Quanto? Miliardi. Anche all'ex segretario del partito. Quei soldi di cui aveva parlato lo stesso La Malfa (400 milioni) dicendo che gli erano stati presentati come «un contributo lecito e volontario» vanno forse decuplicati. E per la procura di Milano sono tutt'altro che leciti: ricettazione e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti sono infatti i reati ipotizzati nell'informazione di garanzia. E' la prima volta che La Malfa entra nell'inchiesta tangenti. Finora infatti aveva ricevuto un «avviso» solo nell'ambito dell'inchiesta sui fondi dell'Assolombarda. In quel caso davvero poca cosa, anche se aveva provocato le sue dimissioni da segretario: una cinquantina di milioni utilizzati per la stampa di manifesti elettorali e non messi a bilancio. Stavolta invece la vicenda è ben più pesante. E lo vede inquisito assieme a Medri, ex parlamentare, che invece nell'inchiesta era già comparso (ed arrestato) per le tangenti all'Enel. La Malfa, in un comunicato, conferma che per lui «i fatti» sono quelli già raccontati (i 400 milioni). E aggiunge: «Vedo invece che si parlerebbe di cifre di molti miliardi, percepite da Giacalone in accordo di spartizione con altri soggetti e partiti. La cosa mi rende stupefatto ed indignato, nii auguro per primo che si faccia piena luce sulla vicenda e sulla destinazione di tali cifre». La Malfa ricorda poi di essere uscito dal governo, cosa «impossibile se fossi stato legato da tali vincoli incestuosi con il sistema della spoliazione nazionale. Non basta un avviso di garanzia conclude - a cancellare tutto ciò che abbiamo fatto per impedire che il nostro Paese affondasse in un sistema infettato di illeciti». Le accuse a La Malfa e a Medri si basano, come quelle a Mammì, sul racconto di Giaca¬ lone, che conferma quanto aveva già dichiarato Giuseppe Parrella, ex direttore generale dell'Azienda telefonica di Stato. Da lui dice di aver ricevuto «in più occasioni plichi in busta chiusa contenenti denaro». Quanto non lo sa esattamente: «Quando Parrella mi segnalava disponibilità di somme - racconta sempre Giacalone - io chiedevo istruzioni a Mammì. I soldi sono stati utilizzati per pagare le sue campagne elettorali». Era stato proprio l'ex ministro a chiedergli «di fare da interfaccia con Parrella», giacché il suo capo di gabinetto, Aliprandi, non ne voleva assolutamente sapere. E oltre a Mammì c'era Medri: anche a lui «in alcune occasioni» Giacalone avrebbe fatto versamenti. Sempre legato alla telefonia l'altro arresto di ieri (ma i mandati di cattura firmati sono almeno sei): Luigi Montella, amministratore delegato della Sirti, la società del gruppo Stet specializzata in cavi. E di questo si tratta: tangenti per miliardi pagate per ottenere dall'Asst l'appalto di posa in opera dei cavi telefonici. Montella è accusato di corruzione: il week-end lo passerà sicuramente a San Vittore, perché solo lunedì sarà in¬ terrogato dal gip. Non di telefoni, ma di computer, si tratta invece per Franco Castiglione, senatore del psi, destinatario di un'informazione di garanzia per corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Secondo l'accusa, nel '91, quando era sottosegretario alla Giustizia, avrebbe accettato la promessa di una tangente dal gruppo Olivetti: il tre per cento sulla fornitura di computer al ministero. Un appalto che, nella prima stesura dell'avviso di garanzia, appariva uno sproposito: 5600 miliardi. Colpa di un errore (i miliardi erano infatti 5,6) così come per errore a Castiglione si erano imputate anche tangenti per il teleriscaldamento di Torino. «Sono sbalordito», aveva detto l'esponente socialista. Poi il chiarimento: «E'-vero, alla vicenda del teleriscaldamento è del tutto estraneo», spiegavano in procu^ ra. Resta però la vicenda dei computer. Castiglione contesta anche quella: «Non ho commesso alcun fatto di corruzione, né mai ho discusso interventi con dirigenti Olivetti, dietro promessa di compenso». Susanna Marzolla Giorgio La Malfa entra nell'inchiesta tangenti. Finora aveva ricevuto un «avviso» solo nell'ambito dell'inchiesta sui fondi Assolombarda

Luoghi citati: Milano, Torino