Ridateci Costa in camice bianco; una via per i martiri della mafia

s LETTERE AL GIORNALE Ridateci Costa in camice bianco; una via per i martiri della mafia Spostare il ministro che brutta idea Potete spiegarmi perché il ministro Raffaele Costa, che alla Sanità stava operando molto bene, è stato improvvisamente trasferito ai Trasporti e alla Marina mercantile? Non dubito che anche lì farà bene, ma certo il trasferimento appare molto negativo. Chi lavora non va cambiato; vanno cambiati invece quelli - e sono tanti che non lavorano o lavorano male. Costa lavorava - e bene alla Sanità: dovevano lasciarlo. Artemisia Bianchi S. Rocco al Porto (Mi) Quanti compiti aspettano Ciampi Ora che il nuovo presidente del Consiglio, Ciampi, si appresta a varare la manovra fiscale da 13.000 miliardi c'è da sperare che, non essendo legato direttamente ai partiti, abbia il coraggio e la volontà, prima di chiedere altri sacrifici ai cittadini, di mettersi una mano sulla coscienza e cominciare a dare un taglio decisivo agli sperperi, ai lussi dei vari Palazzi. Dovrebbe eliminare il servizio di ristorante della Camera (oltre 80 dipendenti), ridurre drasticamente il numero dei commessi della Camera (circa 30 dipendenti), eliminare tutte le auto blu con i relativi autisti, togliere le scorte ai ministri (in particolare a quelli non più in carica come ad esempio a Craxi che ha a sua disposizione ben tre auto e dodici tra agenti e autisti), eliminare tutto il personale dei vari ministeri che sono stati chiusi (esempio ministero delle P.S., ministero del Turismo, ministero dell'Agricoltura ecc.), chiudere quegli enti inutili che vivono ancora da decenni (sono ancora oltre 300, con personale a ranghi più o meno completi), dovrebbe concretizzare e non solo a parole le privatizzazioni, dovrebbe fare sì che i partiti restituiscano subito i soldi avuti da tangenti. Attuando quanto sopra si vedrà che ben poco manca per arrivare ai 13.000 miliardi, ma soprattutto si saranno create le basi perché dal 1994 le spese siano veramente in calo. Riuscirà Ciampi a fare questo? Marcello Mulassano Oderzo (Tv) Per non dimenticare Falcone e Borsellino Le tremende stragi di Capaci e di via D'Amelio, a Palermo, e la rabbia provocata nella gente comune da questi efferati affronti alla coscienza civile del nostro popolo, hanno determinato un più fermo e coraggioso impulso delle istituzioni nel combattere la delinquenza organizzata. In molte persone questi fatti - atroci quanto, purtroppo, preventivati - hanno destato preziose riflessioni sul valore eccezionale di tanti magistrati e agenti dell'ordine (in buona parte di origine meridionale) e sul loro convinto ed ammirevole attaccamento a principi di giustizia e umanità, che hanno contribuito a scuotere dalle fondamenta radicati pregiudizi etnici, sociologici e corporativi. Ritengo perciò che dedicare a qualcuno di questi autentici eroi alcune vie o piazze fra le principali di ogni città, oltreché doveroso omaggio della nazione ai suoi figli migliori, rivestirebbe l'alrissimo significato di simbolo della volontà di ristabilire un costume di civiltà smarrito e di promozione d'una superiore, motivata, solidarietà fra persone di varia estrazione sociale e geografica. Queste considerazioni sorgono tanto più spontanee alla mente di chiunque si soffermi per un momento a considerare le stranezze della ordinaria toponomastica cittadina, pigramente e grettamente ancorata a personaggi insignificanti, beneficiari per lo più d'un cortigianesco ossequio verso i potenti di ogni epoca. Perché - ad esempio - nelle strade di Torino non si sosti¬ tuisce il nome di Giovanni Falcone a quello di una Regina Margherita, quello di Paolo Borsellino ad una pressoché sconosciuta principessa Clotilde, quello di Antonino Cassare ad una qualunque Madama Cristina, e così via? In questo Paese ormai giunto ai limiti del collasso econo¬ mico e morale (perché troppi suoi cittadini, nella ricerca del benessere o del quieto vivere, si son lasciati sedurre dalla pratica delle furbizie illegali o del ripiegamento di fronte alle soperchierie), ogni targa che rechi il nome di questi generosi ed eccezionali difensori della legalità costituirebbe una lezione di inestimabile valore educativo. Cesare Bollatto, Torino La camorra dei tassisti Vorrei segnalare una situazione spiacevole che si crea all'arrivo dall'aeroporto di Fiumicino al terminal F.S. di Roma Ostiense. Il giorno 11 maggio, alle ore 22,45, all'arrivo in tale terminal dall'aeroporto di Fiumicino è stato impossibile utilizzare i taxi gialli, regolari. I taxi gialli che si trovano in fila negli appositi spazi all'uscita del terminal sono rimasti senza autista anche quando ci si è accostati con i bagagli e si è domandato del conducente. Nell'attesa siamo stati avvicinati dagli «abusivi» che fanno constatare che non c'è altro modo di tornare a casa ed invitano ad utilizzare il loro servizio. La novità consiste che questi «abusivi» non sono tali in quanto accompagnano alle stesse auto gialle ferme nel parcheggio; tuttavia rifiutano di accendere il tassametro e di rilasciare la ricevuta fiscale per il rimborso spese dalla ditta. I taxi gialli hanno l'apposita targa con numero ma il nome della cooperativa di appartenenza coperto o assente. Ha rappresentato una soluzione la presenza dell'autobus Atac per la stazione Termini, che è stato preso da tutti, fra le minacce rivolte dai tassinari all'autista. Tutto ciò è poco rassicurante per rientri ad ora tarda o con molti bagagli e per persone anziane o donne, vulnerabili in un clima di intimidazione. Su chiamata telefonica polizia e carabinieri non agiscono in quanto richiedono un esposto scritto, mentre la pubblica conoscenza della situazione può evitare a chi prende in buona fede il treno, di mettersi in situazioni oggettivamente pericolose. Maurizio Galgano, Roma A Sarajevo muore l'Europa Fino a poco tempo fa, quando mi chiedevo come potevano i tedeschi del Reich hitleriano «non sapere», pur abitando a poca distanza dai luoghi dell'orrore e dello sterminio, non riuscivo a darmi una risposta persuasiva. Adesso però ho capito, e senza bisogno di ricorrere a ragioni di patologia sociale. I tedeschi che abitavano le loro linde casette attorno ad Auschwitz, a Dachau, a Mauthausen siamo noi che abitiamo a Roma, a Torino, a Trieste. A poche decine di chilometri dai confini italiani si sta perpetrando un altro genocidio - quello del popolo bosniaco di religione musulmana - e noi europei, pur sapendo e vedendo, nulla facciamo se non inviare aiuti che, per estremo oltraggio a quelle povere popolazioni, chiamiamo «umanitari». Un importante uomo politico americano ci ha dato degli «ipocriti». E' proprio così. Il cinismo della vecchia Europa, prudente e scaltra come un marabù, mai come ora mi è parso evidente. Dopo aver incoraggiato (e foraggiato) per miopi motivi di mercato l'indipendentismo interno alla Jugoslavia, ci siamo messi buoni buoni alla finestra a contemplare il massacro, magari gonfiando di quando in quando i muscoli o minacciando a gran voce, ma come si fa al teatro dei pupi, in realtà con la segreta speranza che qualcun altro (l'America, ancora una volta?) venga a toglierci d'impaccio. L'Europa unita? Maastricht? Oggi mi paiono meri «flatus vocis». Come quasi ottantanni fa, l'Europa muore a Sarajevo. Ci toccherà assistere impotenti ad un'altra «gaia Apocalisse»? Claudio Salone, Roma