Tangenti al Festival Condannato Aragozzini
Avrebbe pagato 870 milioni per scalzare la concorrenza Sanremo, la pena più dura al patron che per 5 anni non potrà curare la rassegna Tangenti al Festival Condannato Aragozzini SANREMO. Si è conclusa dopo sei mesi, 26 udienze e dieci ore di camera di consiglio il processo per le tangenti al Festival di Sanremo del 1989, il primo organizzato dalla Oai di Adriano Aragozzini. Sei condanne e sei assoluzioni per non avere commesso il fatto. La pena più pesante - 4 anni di reclusione - è stata inflitta ad Adriano Aragozzini, patron delle ultime 5 edizioni del Festival. I giudici lo hanno riconosciuto colpevole di avere versato mazzette (870 milioni, secondo il capo d'accusa) per scalzare il Clan Ravera da Sanremo e aggiudicarsi l'organizzazione della più prestigiosa e redditizia sagra di canzonette del Belpaese. Quattro anni di prigione (di cui due condonati) e due pene accessorie che dovrebbero tenerlo lontano da Sanremo e da tutte le manifestazioni appaltate dagli enti pubblici: 4 anni di interdizione dai pubblici uffici e 5 di divieto dalì'intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione. Condannati anche l'ex assessore al Turismo del pri, Giuseppe Fassola (3 anni e 8 mesi); l'impresario artistico e grande accusatore, il marchese Antonio Gerini (2 anni); l'avvocato Roberto Taurini e l'ex direttore dell'Ufficio manifestazioni del casinò, Sergio Nanni, rispettivamente a 2 anni e 4 mesi e 3 anni, e infine il commercialista di Aragozzini, Armando Bordoni (1 anno e 8 mesi). Tutti assieme dovranno pagare i danni al Comune. Assolti per non avere commesso il fatto l'ex sindaco e attuale consigliere regionale Leo Pippione; l'ex assessore ai Servizi sociali, Agostino Carnevale; l'ex assessore alla Polizia amministrativa, Guido Goya, tutti de; il giornalista Roberto Basso; e due personaggi minori, Guido Feri, manager del complesso I Santa- rosa, ed Eraldo Capitini, attivista del msi. Il pm Paola Calieri, che un mese fa aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati (ad eccezione di Feri) a pene varianti dai 2 anni ai 4 anni e sei mesi, ha annunciato il ricorso in appello. I giudici hanno respinto il teorema tracciato in una requisito¬ ria di nove ore dall'accusa, secondo il quale le due chiamate di correo «congruenti e convergenti» formulate da Germi e Taurini dovevano considerarsi sufficienti per una sentenza di condanna anche senza precisi riscontri bancari. Le indagini della Guardia di finanza e della magistratura avevano dimostrato un prelie¬ vo di denaro dalla «disponibilità di Aragozzini e Gerini» (all'epoca della corruzione soci, poi rivali); il passaggio dei quattrini nelle mani di Taurini e Nanni e la consegna di 200 milioni (di cui erano state trovate tracce inequivocabili) all'assessore Fassola. Per gli altri solo accuse, precise e circostanziate, ma senza la «prova provata» della corruzione. Pippione, Carnevale e Goya, dopo il rinvio a giudizio richiesto nello scorso autunno dal gip Eduardo Bracco, erano stati costretti a dimettersi dal Consiglio comunale per evitare i ricorsi per incompatibilità subito annunciati dall'opposizione. Si ripresenteranno alle elezioni del prossimo ottobre? Difficile dirlo. Soprattutto alla luce dell'inchiesta-bis sul Festival, relativa all'edizione dei quarant'anni che aveva avuto per teatro il nuovissimo mercato dei fiori di Valle Armea. Due gli imputati presenti ieri in aula: il marchese Gerini e Roberto Basso. Gli altri hanno preferito attendere le telefonate dei difensori, quasi tutti big del diritto: Franco Coppi di Roma, Marcello Gallo di Torino, Gustavo Pansini deiruniversità di Urbino e Michele Gentiloni Silverj, rappresentante dello Stato francese nella vicenda di Ustica. Commenti nessuno. Solo il marchese Germi ha espresso il suo dissenso per «una sentenza inspiegabile». Gian Piero Moretti Avrebbe pagato 870 milioni per scalzare la concorrenza Adriano Aragozzini (a destra) ha organizzato le ultime S edizioni del Festival di Sanremo. A sinistra l'ex sindaco Leo Pippione, assolto
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