«Ma questo giorno arrivare prima»

«Ma questo giorno «Ma questo giorno arrivare prima» ILJ'ACCUSE DEL PADRE DELLA RAGAZZA " ROMA EI corridoi del palazzo di giustizia ormai lo riconoscono tutti. Da tre anni Claudio Cesaroni, padre di Simonetta, vaga per questi uffici, in attesa di parlare coi magistrati e di sapere chi ha assassinto sua figlia. Adesso, su una panca del sesto piano, attende fuori dalla stanza del gip: è il giorno in cui il pubblico ministero ha scritto su una richiesta di rinvio a giudizio il nome del presunto assassino di Simonetta e di chi l'avrebbe aiutato. «Io non so se sono colpevoli - dice Cladio Cesaroni col suo tono di voce basso ma deciso, volitivo -, lo dirà il processo. Ma ho grande stima e fiducia del giudice Catalani. E' stato sempre corretto, forse anche troppo. Se si fosse preoccupato un po' meno di tutte le garanzie, forse questo giorno sarebbe arrivato prima». Cesaroni parla del ragazzo che secondo l'accusa ha ucciso Simonetta, e di un'indagine che ha sempre trovato ostacoli. «Quello che mi ha insospettito e mi insospettisce ancora è il metodo uti¬ lizzato dalla famiglia e dall'avvocato del ragazzo. Dicono che è innocente e che da più di un anno è sotto stress. Ma se uno è innocente si mette a disposizione e cerca di chiudere al più presto, così finisce pure lo stress, mentre loro hanno fatto di tutto per tirarla per le lunghe». Se la prende un po' anche con gli investigatori, Claudio Cesaroni: «E' chiaro che l'assassino andava cercato tra coloro che frequentavano quel palazzo. Perché non si è arrivati prima a Valle? C'era l'architetto novantenne, ma c'erano anche i suoi parenti. Invece si sono seguite altre strade... Mi sembra che si è perso molto tempo». Un tempo che passa ma che non cancella il dolore e la sete di giustizia. Potrà mai perdonare, Claudio Cesaroni, chi ha ucciso Simonetta? «Vorrei che a questa domanda rispondessero tutti i genitori. Penso direbbero tutti la stessa cosa. Sarei pronto a fare un referendum su questo... ». Davanti all'ufficio del gip, oggi non ci sono gli avvocati di Federico Valle. Uno di questi è il padre del ragazzo, Raniero, che continua a rovesciare accuse sul pubblico ministero Catalani che accusa suo figlio. «Questa richiesta - commenta al telefono cellulare - mi indigna, ma non mi stupisce. Che cosa ci si poteva aspettare da un magistrato che dice che uno è da considerarsi colpevole finché non gli dimostra la sua innocenza? Comunque noi siamo tranquilli, e finalmente adesso le chiacchiere sono finite, parleranno i fatti. E i fatti sono che Federico è innocente, chi non ha fatto niente non può temere niente». Ma il signor Cesaroni dice che voi avete fatto di tutto per perdere tempo... «Si vede che non conosce gli atti dell'inchiesta, ha letto solo i giornali». A poche centinaia di metri dal palazzo di giustizia c'è via Carlo Poma. E c'è Pietrino Vanacore, che continua a fare il suo lavoro di portiere. Innaffia le piante del cortile, scuro in volto e scontroso, mentre dice che lui su questa storia non vuole più dire niente. Non ha parlato nemmeno davanti al magistrato, qualche giorno fa, nell'ultimo interrogatorio. «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere», ha detto allora e ripete oggi. Nessun commento nemmeno da sua moglie Giuseppa, scura in volto e contrariata almeno quanto il marito: «Lasciateci in pace, qui ogni giorno ne succede una». Al citofono l'anziano Cesare Valle dice che lui senza l'avvocato non parla con nessuno. E ripete ciò che ha già detto suo figlio, l'avvocato Raniero: «Basta con le chiacchiere, se ne sono fatte troppe». [gio. bia,] «Perso troppo tempo Se si ritengono innocenti perché hanno intralciato il lavoro dei giudici?» A sinistra Pietrino Vanacore il custode dello stabile in via Poma A sinistra il supertestimone Roland Voller A destra Federico Valle

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