«Niente soldi al pds solo a dc e psi» di Renato Rizzo

In carcere a Genova si dimette il sindaco Burlando. l'imprenditore confessa In carcere a Genova si dimette il sindaco Burlando. l'imprenditore confessa «Niente soldi al pds, solo a de e psi» Romanengo: «Non erano delle tangenti ma libere elargizioni ai partiti» GENOVA. Ha ottenuto subito gli arresti domiciliari Emanuele Romanengo, il presidente della «Irg» arrestato per l'affaire del sottopasso di Caricamento, insieme al sindaco Claudio Burlando, all'assessore comunale Vittorio Grattarola, agli ingegneri dell'Ansaldo e ai funzionari di Tursi. L'imprenditore è una pedina importante nello scacchiere dell'accusa. Presidente del consorzio costituito per la costruzione del sottopasso e imprenditore di livello nazionale, potrebbe avere molto da dire, hanno pensato i giudici. Qualcosa, in effetti, Romanengo l'avrebbe detta, ma non nella direzione perseguita dai due sostituti. Di soldi, finanziamenti, tangenti o altro, a Burlando e quindi al pds, l'imprenditore non ha parlato. Ma ha detto di avere fatto elargizioni in denaro a due altri partiti, de e psi. Come presidente dell'Irg avrebbe versato 350 milioni alla democrazia cristiana genovese e 100 milioni al psi genovese. Romanengo avrebbe anche aggiunto che si è trattato di finanziamenti ai due partiti non finalizzati all'acquisizione di alcun lavoro, ma solo come contributo a movimenti politici con cui simpatizzava. Ieri, intanto, il sindaco Burlando è stato a lungo interrogato dal sostituto procuratore Valeria Fazio per la vicenda del sottopasso. Burlando avrebbe risposto sempre «con grande precisione e tranquillità», affermano i suoi legali. Ma il nocciolo dell'accusa rimane questo: il primo cittadino e gli altri avrebbero fatto lievitare almeno del trenta per cento i costi del sottopasso, [at. lu.j GLI dei non cadono, al massimo scivolano e, soprattutto, dopo queste discese un po' forzate dall'Olimpo, trovano, a terra, sempre i loro fedeli: ammirati, inquadrati e coperti ad attendere l'inevitabile risalita. Il popolo pidiessino di Genova, in queste ore che hanno decapitato il vertice del partito e della città con l'arresto del sindaco Claudio Burlando e dell'assessore Vittorio Grattarola, si schiera compatto: «Siamo convinti - recita un volantino distribuito ad ogni angolo - che Burlando e Grattarola abbiano agito con onestà, nell'interesse della città e nel rispetto delle regole di correttezza e trasparenza ottenendo risultati che era difficilissimo raggiungere». Un breve viaggio dentro la base del pds genovese, tra i duri e puri delle sezioni di Rivarolo e Sampierdarena, rimanda l'immagine di un partito combattuto tra la necessità di dare il massimo credito alla magistratura e l'obbligo di dimostrare accorata ed incrollabile stima al sindaco e all'assessore in manette: «La verità - sintetizza Gianlucca Angusti, studente, nella sala dell'U¬ nione pds di Sampierdarena che raccoglie le sei sezioni del quartiere - e che c'è, sì, fiducia nella magistratura, ma c'è una fiducia ancora maggiore in Claudio e Vittorio». La fiducia nei giudici. Ecco il leit motiv che lega quasi tutte le dichiarazioni degli iscritti, seppure con sfumature diverse. Come quella disegnata da Gianni Crivello, operatore del servizio di salute mentale e segretario della sezione Neruda di Rivarolo, il quale spiega che, a lui, questi arresti, seppur non ispirano l'idea di un complotto, almeno «qualche dubbio lo lasciano». Dubbi, Crivello? E quali? «A qualcuno poteva dare fastidio che il pds si presentasse alle elezioni d'autunno con l'orgoglio di un partito non compromesso con Tangentopoli». Poi dà un colpo al cerchio e precisa che quel «qualcuno» non si riferisce ai giudici, anche se (colpo alla botte) il metodo con cui è stato compiuto l'arresto «lascia perplessi: in manette come gli ultimi dei delinquenti». «Mica del tutto vero - fa eco da Sampierdarena Ivano Bergami in un sussulto di appassionato qualunquismo -. I delinquenti veri non li arrestano». E', forse, l'unico momento di rabbia raccolto in questo pomeriggio che mette in vetrina lo sgomento («Quando abbiamo saputo degli arresti siamo rimasti per un attimo tramortiti», confessa Ketty Cavaliere con parecchi altri compagni) e la solidarietà («Siamo convinti che Burlando e Grattarola dimostreranno presto la loro completa estraneità» è il coro). Ferruccio Galdi, di Sampierdarena, allo sconcerto per queste ore buie aggiunge la paura di ore ancora più buie: «Sappiamo che Claudio e Vittorio sono due persone oneste e capaci che si erano dedicate totalmente al servizio della collettività. Li hanno "ripagati" così e questo allontanerà sempre più dalla politica e dall'amministrazione pubblica uomini onesti e capaci come loro». Ma, poi, che cos'è questa accusa di truffa aggravata ed abuso d'atti d'ufficio? Per il popolo pidiessino i reati o non esistono del tutto o, se proprio esistono, sono stati compiuti in buona fede. Sergio Merlo butta nella discussione la sua esperienza di consigliere di quartiere: «Certo, il sindaco e l'assessore firmano le delibere, ma il loro è un avallo politico, non tecnico-economico». E Bruno Parodi, che ha la¬ vorato per molti anni nel settore dell'edilizia, si affanna a spiegare la normalità delle «revisioni prezzi in corso d'opera». Lo ascoltano in pochi: oggi, più dei ragionamenti contano i moti del cuore. E il cuore dice: «Innocenti. Tutt'al più...». Tutt'al più che cosa, Angusti? No, per carità, nessuna crepa nelle convinzioni: «Burlando e Grattarola, magari, sono stati "traditi" dall'ansia di fare presto e bene». Tutte le teste attorno al tavolo assentono. E Angusti spiega: «Opinione pubblica e mass media premevano sull'amministrazione perché Genova non perdesse il treno dell'Expo. Bisognava accelerare i lavori, snelli¬ re le pratiche di affidamento. Forse sindaco e assessore sono, senza neppure accorgersene, caduti proprio in questa fretta necessaria: non reati, ma errori di percorso». L'altra sera, in un ribollente attivo in Federazione, il segretario della Cgil, Andrea Ranieri, aveva spiegato che con le manette a Burlando era finito in carcere più il sindaco di Genova che il leader del pds. Ma la base sembra rifiutare questa distinzione: «Era il sindaco del partito oltreché di tutta la città», ribatte Merlo. E Crivello quasi si sdegna: «Rappresentava il pds alla guida di questa amministrazione. Su lui tutti noi avevamo puntato e, ancora, puntiamo». Si scalda, Crivello, ma quando ci vuole ci vuole: «Eh, sì, belin, parliamo piuttosto della magistratura: escluderne la malafede non vuol dire mica che non possa fare cappelle». «Già, già - borbotta Merlo -. E non dimentichiamo che occuparsi di reati connessi, in qualche modo, alle tangenti è diventato oggi una sorta di pedigree per i giudici». Renato Rizzo Tra i «duri e puri» della base pidiessina a Rivarolo e Sampierdarena Nella foto grande a sinistra: Claudio Burlando, sindaco pds in carcere da mercoledì Sopra: Emanuele Romanengo il presidente del consorzio per la costruzione del sottopasso