Il nuovo psi ha già un nome di Augusto Minzolini

Il nuovo psi ha già un nome Il nuovo psi ha già un nome Con l'ex leader, Spini, Giugni e Manca RETROSCENA TRA LE MACERIE ROMA. «Ha telefonato Antonella Santoro e ci chiede se per caso la guardia di finanza è andata al terzo piano di via del Corso, oggi?». Enzo Mattina, ex-capo della segreteria del psi, con la cornetta del telefono in mano rigira la domanda a Giorgio Benvenuto, ex-segretario del psi, spaparanzato su una sdraia. Sono le 19 di ieri pomeriggio e nel terazzino al sesto piano della palazzina B della galleria di via del Tritone, nello studio di Enrico Manca che ha sulla porta una targhetta improbabile, Isimm, che vuol dire Istituto per lo studio dell'innovazione dei mass media, sta per essere scritta una pagina di storia: in quel terrazzino, infatti, che dista poche decine di metri dalla redazione centrale dell'Unità, si stanno mettendo le premesse per l'ennesima scissione socialista. Dentro quello studio, uno dei pomeriggi più drammatici del psi, ci sono passati un po' tutti quelli che daranno vita nei prossime mesi ad una nuova esperienza politica che ha già un nome provvisorio, Alleanza socialista per la federazione democratica. Chi c'è dentro questo progetto? L'ex-segretario Benvenuto, l'ex-antagonista alla segreteria e ministro, Valdo Spini, l'ex-presidente del psi e ministro, Gino Giugni, eppoi i veri artefici del gran passo, Enrico Manca e Mario Raffaeli! Dietro a loro, a sentire le cifre che dà Manca, «dai 12 ai 20 parlamentari» e un altro nome illustre, l'ex-segretario della Cisl, Pierre Camiti. Guai, però, a parlare dentro quelle stanze di «scissione». Anche se tutti hanno già fatto fagotto dal palazzone di via del Corso, anche se si preparano a fare un'assemblea aperta per conto loro, anche se lunedì prossimo non parteciperanno alla direzione del partito, anche se a giugno daranno vita ad una loro costituente, tutti si inalberano a sentir quella parola. «Ma quale scissione! - risponde duro Raffaelli -. Casomai sono gli altri gli scissionisti, visto che dalla nostra parte ci sono i due candidati alla segreteria dell'ultima assemblea nazionale e il presidente del partito». Stesso discorso fa Manca, S quale, però, nello slancio ammette che non c'era nessun'altro modo per staccarsi dalla parte malata del partito. «Cacciarli non potevamo - spiega ironico - se non con la pistola». Così, non potendo cacciare gli «altri», il segretario e i suoi hanno fatto le vabgie per andarsene. D. piano è semplice: quando nei prossimi mesi ci sarà la nuova federazione della sinistra saranno loro a rappresentare i socialisti. Sì, con questo ultimo atto, Benvenuto ha acceso la miccia della polveriera che farà esplodere il psi. Ieri, gli «altri», quelli che il segretario di volta in volta ha definito gli «inquisiti», i «fantasmi del passato» o l'opposizione al «rinnovamento», se ne sono accorti all'ultimo momento, di quello che stava avvenendo. Solo quando hanno sentito nella riunione della segreteria Benvenuto confermare le proprie dimissioni, tutti hanno capito che il psi, almeno quello di una volta, era finito. E se nella riunione il solo a fare le spese delle decisioni di Benvenuto, è stato il fido Mattina che si è sentito apostrofare dalla Magnani Noya («sei tu che hai screditato il partito»), e da Giusi La Ganga («dici cose poco intelligenti»), fuori dalla porta più di qualcuno ha gridato al ((tradimento». «Sì - ha accusato ad esempio, Beppe Garesio, condirettore dell'Avanti! che, per reagire, ha tentato di far apparire sul giornale di oggi un'intervista a Francesco Cossiga quello di Benvenuto può essere considerato davvero un alto tradimento. Lui è un grande stronzo, pezzo di merda. Ha messo nei guai anche chi come me o Caldoro, o Nencini, gli è stato vicino». «Quello se ne va - gli ha fatto eco Felice Borgoglio - perché ha paura dei debiti». Ma cosa farà quest'altra parte del psi per resistere? L'impresa è ardua se non impossibile, ma la di¬ sperazione spinge a tentare ogni cosa. «Qui - ha spiegato ieri Gianni De Michelis, a quel gruppo di votati al sacrificio - siamo di fronte ad un scontro di potere. Per cui è inutile cercare di dare una spiegazione politica sul perché Benvenuto ci ha dato un pugno sul naso. Siamo ormai in una vera rissa, visto che i magistrati hanno abolito ogni regola. E in questo scontro sono legittimi anche i calci nelle palle. Benvenuto, secondo me, aveva un solo obiettivo: impossessarsi della sigla del partito e portarla in dote al pds. E per farlo ha cercato di eliminare l'intero gruppo dirigente del psi». Un'analisi che è ritornata anche nei discorsi che intorno alle 14 di ieri si sono fatti ad un tavolo del ristorante «Il cartoccio d'Abruzzo». Di fronte ad un gruppo di fedelissimi commensali, l'ex-segretario del psi e ex-padrone del partito, Bettino Craxi, ha elencato i suoi sospetti sugli obiettivi delle ultime mosse di Benvenuto. «Secondo me - ha detto - Giorgio ha cercato ogni pretesto per andarsene. Questa storia non può avere una spiegazione diversa. In più ho la netta sensazione che il suo vero obiettivo era quello di portare il psi su un piatto al pds». Sospetti gravissimi e parole, che però non hanno aiutato nella ricerca di trovare una soluzione. Ieri i «capi corrente» del psi - non c'era Craxi - si sono riuniti prima del- l'assemblea dei deputati nella stanza di La Ganga a Montecitorio: hanno trovato un accordo sul fatto che il nuovo psi deve diventare un partito federato sul piano regionale; hanno messo da parte per il momento la questione delle alleanze, cioè se andare con la de o con il pds; ma, soprattutto, su chi deve guidare questa fase di transizione fino al prossimo congresso è rimasto il buio più compiette. Qualcuno ha pensato a un organismo collegiale composto da giovani. Idea scartata, per non dare all'esterno l'immagine di un partito sbandato. Così, alla fine nella discussione sono usciti fuori i nomi di Nicola Capria e di una «craxiana» non pentita, come Margherita Boniver. E Amato? L'inventore di «Età Beta» è stato per tutto il pomeriggio evocato tra i disperati del psi. Salvo Andò gli ha telefonato per chiedergli di accettare la carica di segretario. Ma invano. L'ex-presidente del Consiglio se ne è rimasto in disparte. Anzi, dopo un colloquio notturno con Benvenuto, ieri pomeriggio ha di nuovo telefonato al segretario dimissionario per mantenere i buoni rapporti anche con questa scheggia di psi che se ne va: «Io non sapevo - gli ha detto - che saresti arrivato a dimetterti, ma ti capisco». E alla fine, ieri sera, a guardare le macerie di un psi che ormai c'è solo sulla carta è rimasto solo Formica e qualche socialista incallito come Dell'Unto e Pirro: «Che devo dire? - si è sfogato -. Che Benvenuto farebbe un gravissimo errore ad andarsene, domani tenteremo di farglielo capire. E che sbaglia chi crede di ricevere aiuto da Amato: lui è troppo furbo per farsi convincere a scegliere l'albero dove essere impiccato». Augusto Minzolini

Luoghi citati: Abruzzo, Roma