E sotto le rovine di Tangentopoli Giugni riscoprì lo Stato sociale

r NOMI E COGNOMI E sotto le rovine di Tangentopoli Giugni riscoprì lo Stato sociale CHE singolare destino ha il governo Ciampi. S'è appena insediato con le stimmate del governo dei tecnocrati senz'anima, pronti a sbaraccare senza colpo ferire la fortezza dello Stato sociale con l'arroganza dei partiti, e subito ripullula al suo interno il populismo assistenziale, protagonista di un'interminabile stagione politica di cui sono ancora da censire i danni. Tra le prime esternazioni ministeriali che hanno suscitato ansietà, oltre a quella del neoministro democristiano della Sanità, Maria Pia Garavaglia, che si dice certa dell'esistenza della copertura finanziaria per l'aumento del numero dei ticket sanitari, si segnala quella del ministro del Lavoro Gino Giugni. I dipendenti dei partiti - ha detto in un'intervista radiofonica - sono lavoratori come gli altri. Perciò diamo anche a loro cassa integrazione e indennità di disoccupazione. Il professor Giugni è un gran galantuomo e di certo nella sua veste di ministro della Repubblica non gli fa velo il ruolo di presidente del psi, il partito che più degli altri sta affogando nella procella finanziaria, al punto da non poter più pagare gli stipendi dei 440 dipendenti. Ma la proposta che ha lanciato ci sembra francamente indecente, quanto e più di quella contenuta nel decreto «Colpo di spugna» del governo Amato, poi ritirato su richiesta del presidente della Repubblica, in base al quale si incentivavano prepensionamenti ed esodi anticipati. Il rischio - dice Giugni - è che gli effetti di Tangentopoli ricadano tutti sulla testa dei dipendenti dei partiti. Preoccupazione sacrosanta per tutti e soprattutto per chi, come lui, si sente più ministro dei lavoratori che del Lavoro. Ma come si fa a paragonare i partiti, che hanno vissuto istituzionalmente di malaffare, alle imprese in difficoltà di mercato e gli uscieri di via del Corso ai minatori del Sulcis? Diciamo istituzionalmente a ragion veduta: i dipendenti dei partiti iscritti all'Inps sono 2717 e il loro costo è di 135 miliardi, 25 miliardi più di quanto i partiti hanno riscosso legalmente in base alla legge sul finanziamento pubblico. Sia pure presumibilmente incolpevoli, questi impiegati son stati stipendiati con mezzi fraudolenti e bastava osservare questo dato per scoprire l'esistenza di Tangentopoli prima di Di Pietro. Giugni chiede che non paghino soltanto loro. Ma come si può pensare che a pagare siano tutti gli italiani, che hanno chiesto plebiscitariamente l'arretramento della piovra dei partiti? Perché fornire lo strumento legislativo per perpetuare l'attuale dispotico apparato? E perché mettere tutti i partiti sullo stesso piano? Il pds, per esempio, ha da alienare un patrimonio di tutto rispetto per far fronte ai propri impegni. L'unico grande partito alla bancarotta totale è il psi. Il che, visti i primi conti di Tangentopoli, fa pensare che sia la chiesa più povera con i frati più ricchi. Giugni è un giureconsulto di grande scienza. Perciò se non vuol mettere in strada quelle 2717 famiglie e se i caveaux dei suoi fraticelli sono ormai irraggiungibili, inventi marchingegni più equi. Gli diamo un'idea. Si faccia dire dalla dirigente amministrativa del suo partito, Maria Magnani Noja, quali sono le banche più compromesse col psi e vada a chiedere a quei banchieri perché hanno tollerato gli sconfinamenti sui fidi. E, visto che nessuno li caccia, che cosa pensano di fare per riparare all'errore. A Giugni possiamo rivelare, se vuole, che una sola banca, la Banca di Roma, incagliata per 60 rniliardi, ha consentito uno sconfinamento psi di oltre 20 miliardi. Se il professor Giugni voleva lanciare, come si dice, una provocazione non poteva scegliere argomento migliore che i disoccupati di Tangentopoli, mettendo insieme la dissoluzione politica dei partiti e le ragioni della solidarietà sociale. Ma noi temiamo che non si tratti di una provocazione, pensiamo piuttosto che la mistica dell'ammortizzatore sociale sia viva e vegeta, che la seduzione dell'assistenzialismo sia irresistibile. E' bastato che il ministro della Funzione pubblica professor Cassese accennasse a una proroga del blocco della contrattazione degli statali e alla necessità di frenare l'assunzione indiscriminata di precari per veder riaffiorare tutto l'armamentario ideologico veterosindacale, di cui speriamo che il professor Giugni colga l'inattualità. Se il presidente Ciampi, tecnocrate senza cuore, dovesse aver difficoltà a controllare l'esuberanza «sociale» di alcuni suoi ministri, non gli resterà che citare le parole del papa: bisogna abbandonare la logica del posto sicuro attraverso una nuova cultura del lavoro. Alberto Staterà ara^J

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