«lo Amato il privatizzatore» di Roberto Ippolito

L'ex presidente del Consiglio si confessa: parla di ostacoli e trabocchetti L'ex presidente del Consiglio si confessa: parla di ostacoli e trabocchetti «lo, Amato, il privatixzatore» «Ci ho provato, ma ho trovato dei macigni» TRASOGNI E LOBBIES VROMA OLERE non è potere. Giuliano Amato racconta. E spiega che non bastano le buone intenzioni per privatizzare. Lui, dice, ce l'ha messa tutta. Ma svela, venti giorni dopo aver lasciato a Carlo Azeglio Ciampi la presidenza del Consiglio, i mille trabocchetti e gli infiniti ostacoli incontrati sul cammino della cessione delle aziende pubbliche. A mettergli i bastoni fra le ruote sono state innanzitutto le stesse aziende in vendita. «Non ho mai capito se il Credito Italiano voleva farsi vendere o no» fa presente Amato a studenti e giornalisti che lo hanno bersagliato di domande. L'amarcord dell'ex presidente socialista viene snocciolato all'Università La Sapienza dove ottiene un riconoscimento per l'impegno a favore delle privatizzazioni: il Club dell'economia gli consegna il premio intitolato a Ezio Tarantelli, l'economista assassinato dalle Brigate rosse. Proprio la vicenda del Credit, dichiarato vendibile dal 9 settembre ma ancora non ceduto, consente ad Amato di raccontare come si muovono gli antiprivatizzatori. «A un certo punto rievoca l'ex capo del governo mi arrivò una telefonata e mi dissero che l'acquirente straniero ci poteva essere, ma c'era il disco rosso della Banca d'Italia. Chiamai la banca centrale che mi rispose che non vi era alcun disco rosso. Pensai che evidentemente qualcuno non voleva vendere e si era inventato il disco rosso». Problemi creati artificiosa- mente. Problemi tecnici reali. Per rallentare le privatizzazioni c'è solo l'imbarazzo della scelta. Per esempio, non è ancora stato possibile mettere sul mercato l'Ina perché la compagnia di assicurazioni svolge anche funzioni per conto dello Stato che devono essere staccate dalla normale attività economica. «L'Ina - rammenta Amato - doveva andare sul mercato con grande rapidità. C'è stato il problema che una commissione ha impiegato tre mesi a sbrogliare le attività pubbliche dell'Ina che devono essere scorporate prima di privatizzare». Nella ricostruzione dell'ex presidente del Consiglio non manca una stoccata per il de Giuseppe Guarino, ministro dell'Industria nel suo governo. Ma a sorpresa Guarino è riabilitato: non viene indicato lui come il nemico numero uno delle privatizzazioni, anche se Amato con un decreto gli tolse i poteri in materia e inventò per Paolo Baratta l'inedito incarico di ministro per le privatizzazioni. Quel provvedimento (ecco la stoccata) fu la reazione ai tentativi di riproporre le superholding, cioè i raggruppamenti delle imprese pubbliche che avrebbero dovuto attirare i risparmiatori invece di cedere singole aziende. «Non ero convinto puntualizza Amato - di una tesi in cui vedevo più un rafforzamento del pubblico e non una privatizzazione. E ci vedevo un uso delle risorse bancarie cioè del risparmio degli italiani più per tappare i buchi delle imprese che non per investimenti». Comunque Guarino (che lo ha ascoltato all'università vicino all'eterno rivale, il riconfermato ministro del Tesoro Piero Barucci, di simpatie democristiane) non è stato crocifisso. Per Amato infatti non è stato il problema delle superholding «quello che ha portato tempi effettivamente più lunghi di quelli indicati per alcune operazioni». E le manovre ostruzionistiche attribuite all'ex ministro dell'Industria? «Può darsi che Guarino passasse tutte le notti a creare ostacoli? Non ci credo». Anzi per Guarino ci sono gli elogi (arrivati addirittura dallo stesso Barucci) per aver concepito la trasformazione in società per azioni di Iri, Eni, Enel e Ina, anticamera della vendita di aziende pubbliche. Proprio quella scelta, uno dei primissimi atti del governo Amato, creò problemi a non finire, I più grossi li ha posti la Corte dei conti che è ricorsa alla Corte Costituzionale perché si sente espropriata del diritto di vigilare sui grandi enti pubblici una volta diventati spa. Ma Amato è sarcastico contro la Corte dei conti, accusandola di «aver piantato una grana per aver perso i suoi esponenti nei consigli di amministrazione». L'ex presidente non ha dubbi che il problema sia tutto qui: «E' questa la mia spassionata opinione sull'argomento. E' nata tutta una storia perché avremmo violato gli articoli 100 e 101 della Costituzione perché stavamo sottraendo al controllo della Corte enti che continuavano a vivere con il contributo dello Stato. Spiegai alla Corte che il contributo non avremmo potuto darlo anche se avessimo voluto a causa della Comunità europea». Fra i tanti scogli contro cui si sono arenate le privatizzazioni non mancano ovviamente le dispute sul prezzo. La vicenda più singolare riguarda la vendita dell'Imi da parte del Tesoro alla Cariplo e alle altre Casse di Risparmio (operazione che è improprio definire privatizzazione, visto che queste banche sono organismi pubblici). Nella voglia di sfogarsi, Amato non si è preoccupato troppo di rivelare particolari delle trattative (ancora in corso). L'ex presidente ha ricordato che disponeva di «una valutazione fatta dal perito designato di 7600-8000 miliardi di valore», mentre si vide «offrire 7200 miliardi con l'acquisto della maggioranza». Non era possibile accettare quella cifra più bassa: «Visto che si vende una proprietà pubblica, chi la vende a quel prezzo, compresa la maggioranza, va dalla Corte dei conti e fino alla settima generazione paga la differenza». Intoppi, barricate, impedimenti di ogni tipo, ma Amato non ha sbagliato mai? Lui ammette un «unico rimpianto». Riconosce che «ci fu troppa fretta per l'Efim» messo in liquidazione nel luglio scorso. Il commissariamento, fa presente adesso Amato, «ha creato un danno alla credibilità internazionale finanziaria dell'Italia che poi ha finito per riflettersi, rallentandolo, sul processo di privatizzazioni». Anche Amato ha commesso un errore. Roberto Ippolito A fianco Amato e (sopra) l'ex ministro dell'Industria Guarino

Persone citate: Barucci, Carlo Azeglio Ciampi, Ezio Tarantelli, Giuliano Amato, Giuseppe Guarino, Paolo Baratta, Piero Barucci

Luoghi citati: Italia