Monica la mia vita scombinata

Parla la Vitti, appena diventata scrittrice con la sua «biografìa involontaria» Parla la Vitti, appena diventata scrittrice con la sua «biografìa involontaria» Monica/ la mia vita scombinata «Voce e sguardo? Prima erano solo dei difetti» TORINO. Monica Vitti, mentre parìa, si toglie e si mette le scarpe. Le scarpe devono essere un'ossessione per l'attrice. L'altra sera a Torino, dove presentava il suo libro «Sette sottane», si diceva sicura che tutti i giornalisti «calzino sempre e solo scarpe marrone. Tutti, davvero - e ridendo Monica Vitti ha guardato i piedi di Nico Orengo che l'intervistava -. Lo vede? Sono di color marrone anche le sue!». L'attrice, punzecchiata dallo scrittore Carlo Frutterò, che si fingeva stupito su come abbia potuto «un tale disastro di donna scrivere un libro così bello», recitava la parte dell'offesa: «Ma chi è questo qua? Io non l'ho mai visto?». Poi ha raccontanto la sua infanzia, la sua voce, il suo sguardo. «Parlo così perché ho un corda vocale che vibra poco, dicevano che non avrei mai fatto l'attrice. Allora minacciai un medico: "O lei sul certificato scrive che va tutto bene, o io mi butto sotto a una macchina"». «Il mio sguardo magnetico? E' che io sono contemporaneamente astigmatica, miope e presbite, ma i francesi non lo hanno mai saputo». «Io ho paura dell'aereo, e della fame. Mangio molto, una volta volevo diventare anoressica per attirare l'attenzione degli altri. Soffrivo, poi ho capito che nessuno ci badava, e allora mi sono fiondata in cucina». Racconta la sua vita sotto lo sguardo «materno» del suo compagno Roberto Russo, con cui divide la casa di Piazza del Popolo a Roma. «Vi ho solo portato disordine», ammette ridendo l'attrice. E descrive uno studio, piccolo piccolo, con ima scrivania colma di carte e tanti scatoloni da trasloco imminente. In questo studio Monica Vitti ha scritto la sua «(biografia involontaria», quel «Sette sottane» che sta accompagnando in giro per l'Italia. Episodio isolato di un'artista abituata a dare strappi alla carriera «per mettersi a fare altro». Perché tanti improvvisi cambiamenti di rotta? «E' come per le case. AU'improwiso, per qualche ragione, devo lasciarle e non tornarci più. Forse mi piace ricominciare. L'inizio è il momento migliore, perché non si sa cosa succederà: è un condensato di speranze. Si va, si parte, ci si butta. Si rischia poco. Perfino di non deludere, perché non c'è uri prima con cui confrontarsi. Scrivere è il lavoro più libero del mondo». Questa libertà non l'ha spaventata? «Al principio sì. Non sapevo che farci di tutta la mia vita e di quei fogli di carta vuoti. Poi mi sono consolata pensando che avevo accettato la proposta del mio amico Garraro solo perché non mi aveva imposto di vincolarmi con un contratto. Ho scritto immaginando che dopo avrei buttato tutto. Fino all'ultimo non sapevo se avrei accettato di pubblicarlo oppure no. Ci sono stati d'animo, sensazioni, colori, emozioni. Ci sono eventi minuscoli che per me hanno contato infinitamente più dei grandi episodi storici cui ho assistito». Le ha fatto bene? «Mi pare di essere più contenta. C'erano cose che non avevo mai avuto il coraggio di raccontare, cose su cui non m'ero mai fermata, ma che mi avevano lasciato un segnetto dentro, cose che mi pareva di aver dimenticato. Tirarle fuori è stato un modo per accettarmi e volermi più bene». Si è commossa? «Poco. Ho la fortuna di vivere e vedermi vivere. E questo, anche nella tragedia, mi aiuta a trovare l'aspetto comico dell'esistenza. Quando sto per sprofondare faccio un salto e scappo via». [si. ro.] Monica Vitti: «La mia voce rauca è dovuta a una corda vocale che vibra poco, dicevano che non avrei mai fatto l'attrice»

Persone citate: Carlo Frutterò, Monica Vitti, Nico Orengo, Roberto Russo

Luoghi citati: Italia, Roma, Torino