I Gracchi vittime di Tangentopoli di Anacleto Verrecchia

Società' e Cultura Le battaglie dei tribuni della plebe: un latinista scopre curiose analogie I Gracchi vittime di Tangentopoli Così nell'antica Roma vinsero ladri e corrotti GLI storici moderni, in genere, tendono a presentare i Gracchi ammantati da una veste di sociali I smo sentimentale alla De Amicis. Tiberio, in particolare, viene raccontato come un idealista, un sognatore mite e dalla lacrima facile, in conformità del ritratto che ne fa Plutarco. Al contrario il latinista Luciano Perelli, in una sua recentissima monografia edita da Salerno nella collana Profili, lo tratteggia come un uomo dal carattere impulsivo e passionale, nonché inflessibile nella sua dedizione alla causa popolare. Altra differenza notevole, e per certi versi modernissima in quanto rispecchia in parte l'attuale situazione italiana, è questa: non è vero che i Gracchi, come s'insegna nelle scuole, furono soprattutto, se non esclusivamente, gli autori delle leggi agrarie a favore dei contadini poveri. Perelli, nel riconoscere il motivo umanitario e filantropico che li animava, afferma anche che quello fu uno strumento secondario di fronte al progetto globale di riforma e di democratizzazione dello Stato romano. Specie per Caio Gracco, tale progetto si traduce infatti in una molteplicità di iniziative innovatrici. Uno degli aspetti dell'azione politica di Caio, su cui Perelli getta nuova luce, sono le leggi per la moralizzazione della vita pubblica. Il tribuno voleva tutelare i sudditi dalle prepotenze e dalle estorsioni operate dai magistrati dell'oligarchia dirigente. Durante il corso del II secolo a. C. si erano verificati casi scandalosi di governatori e magistrati che, ingordi e rapaci, avevano spogliato i «provinciali». Le inchieste, allora come sempre, furono insabbiate o si conclusero con assoluzioni scandalose. Per ottenere un giudizio favorevole, gli accusati si avvalsero delle amicizie altolocate e del danaro corruttore. Nel 149 a. C, fu istituita una corte permanente di giudici tratti dai membri del Senato per le cause di concussione e di peculato. La pena, per gli imputati riconosciuti colpevoli, consisteva semplicemente nella restituzione delle somme estorte. Ma l'iniziativa non ottenne alcun effetto sulla moralizzazione della vita pubblica: i giudici, appartenenti alla stessa classe dei magistrati oggetto di inchiesta e spesso legati a loro da vincoli di parentela, di amicizia o di partito, conclusero i processi con vergognose assoluzioni. Il caso più clamoroso fu quello di Manlio Aquilio, che, mandato in Asia per sistemare la nuova provincia, si era arricchito con le tangenti. Ritornato a Roma e accusato di corruzione, fu assolto dalla giuria senatoriale. E' evidente l'attualità di simili comportamenti. Vale dunque la pena riportare alcuni passi del discorso pronunciato da Caio Gracco: «Cittadini, se volete essere saggi ed onesti, troverete, per quanto cerchiate, che nessuno di noi sale qui alla tribuna senza un prezzo. Tutti noi che vi parliamo chiediamo qualcosa, nessuno si presenta davanti a voi per alcun altro motivo, se non per portar via qualcosa». E quelli che tacciono? Sono «i più pericolosi, perché ricevono danaro da tutti e vi ingannano». Così egli fece approvare ima nuova legge giudiziaria, che colpiva tutti i reati di concussione, di peculato e di estorsione commessi dagli amministratori di ogni ordine e grado. Erano imputabili anche i padri e i figli. La legge, inoltre, non cercava di bloccare solo le estorsioni vere e proprie, ma anche i regali di ima certa consistenza. Le testimonianze venivano raccolte con cura, e i testi falsi, o reticenti, venivano puniti. Poiché esistevano anche allora servi che si sacrificano al posto del padrone e che, pur di non denunciarlo, sarebbero andati volentieri in galera, non venivano accolte le deposizioni degli schiavi. Meno che mai erano prese in considerazione quelle dei delinquenti, pentiti o non pentiti che fossero. La pena per i colpevoli, generalmente, era la restituzione del doppio di ciò che avevano rubato. Il progetto più ambizioso di Caio Gracco, però, era una riforma della Costituzione che diminuisse il potere dell'aristocrazia e accrescesse il peso politico dei cittadini, compresi quelli delle classi più basse. Ma di fronte alla minaccia di perdere i privilegi, gli aristocratici insorsero ed eliminarono il tribuno. Lo stesso avevano fatto, dodici anni prima, con il fratello Tiberio. Il programma sociale di Caio Gracco fu ripreso quasi un secolo dopo da Giulio Cesare, che riuscì ad attuarlo grazie all'appoggio dell'esercito. Il grande condottiero che, a differenza dei Gracchi, non era un profeta disarmato, riuscì a realizzare un'effettiva trasformazione del sistema politico sopprimendo l'assemblea popolare, strumento anacronistico ed inadatto al governo di un enorme impero. Ma se c'erano tanti corrotti e corruttori, come si spiega la perfetta amministrazione dell'impero romano, che aveva una superficie quasi doppia di quella dell'Europa? Qui più che la storia ci aiuta l'archeologia: basta visitare i resti di una qualsiasi città romana, per esempio nell'Africa settentrionale o nell'Asia Minore, per rendersi conto dell'altissimo livello di civiltà ed efficienza a cui si era arrivati. Poi vennero i barbari e cadde la notte: ci vollero secoli perché si imparasse di nuovo a costruire un ponte e molti di più per riprendere l'abitudine di lavarsi. Alla domanda, dunque, si può rispondere così: allora si rubava, ma ancor più si faceva. Oggi, viceversa come è stato osservato da più parti - si ruba e basta. Tocqueville dice: «La storia è una galleria in cui ci sono pochi originali e moltissime copie». Si potrebbe anche dire che la storia è una serie di variazioni sullo stesso tema. Ciò dipende dal fatto che la natura umana, in qualsiasi epoca e sotto qualsiasi cielo, in fondo è sempre la stessa. Per questo nel libro di Perelli si narra di cose che sembrano accadute ieri. Anacleto Verrecchia L'«Ara Pacis Augustae». I Gracchi non furono soltanto gli autori delle leggi agrarie, ma anche i padri di un rivoluzionario progetto di riforma dello Stato: fu questo a condannarli a morte

Luoghi citati: Asia, Asia Minore, Europa, Roma, Salerno