La donna primo alleato dei boss

La donna, primo alleato dei boss Dalla moglie di Riina a quella di Nitto Santapaola: custodi dei terribili segreti della mafia La donna, primo alleato dei boss Una vita nell'ombra, complici per amore L'ALTRA META' DI COSA NOSTRA CATANIA DAL NOSTRO INVIATO La signora Carmela Minniti rimarrà famosa per il suo senso dell'ospitalità, ma anche per la fedeltà verso il marito. La polizia aveva appena abbattuto la porta della masseria sorprendendola nel sonno accanto a «Nitto il cacciatore», un nugolo di agenti aveva cercato il suo uomo inerme dentro il pigiama. Lui, il boss Santapaola, la guardava un po' impacciato per via della canna della pistola d'ordinanza che premeva sulla vena del collo. Ma la signora Carmela non si è scomposta, ha chiesto il permesso di poter lasciare il letto ed è andata di filato in cucina. «Commissario, io faccio il caffè. Lo prendete anche voi?». Che forza le mogli dei boss. Sono loro, spesso, il punto di riferimento dei mariti. Li consigliano, li proteggono, li fanno stare sereni anche in pieno stress da latitanza. Certo, ogni tanto i padrini qualche «marachella» se la concedono: perbacco, non sono dei santi e così - contravvenendo alle regole di mamma mafia che sconsiglia ai boss la vita disordinata può accadere che cedano alle tentazioni della carne. Ma loro, le mogli, fingono di non sapere. Preferiscono soprassedere: tanto, pensano, «a casa deve tornare». Cosa Nostra brucia le carriere dei padrini «ricottali», cioè frivoli. Già, la coppia di mafia è inseparabile. Divorzio? Non usa. Denunce per maltrattamenti? No, non si può: le caserme, i commissariati sono interdetti a maschi e femmine. E allora? «Finché morte non vi separi». E spesso è proprio così: le compagne dei mafiosi trascorrono una vita all'ombra dei loro uomini, accettano rischi e disagi trasformandosi in discrete custodi di terribili segreti o di irripetibili progetti. Qualche volta venendo travolte da destini tragici che la «regola» vorrebbe riservati solo agli uomini. La mafia non risparmia più le donne. Ne sono morte tante e non sempre per motivi estranei al ruolo che svolgevano. Da un pezzo l'angelo del focolare mafioso ha cambiato pelle e ha indossato i panni del «coprotagonista». Ma loro perseverano: rimangono fedeli, negano l'evidenza e preferiscono accreditare i mariti come vittime della giustizia o delle «infamità» dei pentiti. Ninetta Bagarelia, la compagna di Totò Riina, per amore si è sottoposta persino ad una clandestinità ventennale. S'è sposata in gran segreto e ha vissuto con l'incubo dei carabinieri che bussano alla porta. Eppure ha fatto quattro figli e guai a mettere in dubbio la «correttezza» o la «bontà» del suo Totò. Quando il padrino fu arrestato, Ninetta non era con lui. La trappola degli investigatori scattò per strada e il boss era accompagnato da un suo uomo di fiducia. Passò un giorno e Ninetta si presentò a Corleone attorniata dai quattro figli. Bussò alla porta della casamadre, pronta a crescersi i ragazzi e a sopperire all'assenza del padre. E che dire della signora Saveria Benedetta Palazzolo? Anche lei è tornata da poco a Corleone, ma del marito - Bernardo Provenzano - si sa poco. Lei conosce la sorte che gli è toccata, ma si guarda bene dal comunicarla. Ufficialmente è latitante, come lo era lei fino a qualche mese fa. Ma c'è chi sospetta che «Bino» Provenzano possa essere venuto meno, anche per cause naturali. Tocca a lei, quindi, tenere i contatti col mondo. La donna dimostra grande temperamento: nessuno ha potuto rubarle il segreto della sorte toccata al marito. Non un indizio, fosse anche una lacrima. Una buona moglie fa la fortuna del boss. Non è un caso che un mafioso che conduce una vita matrimoniale irrequieta venga sottoposto a duri giudizi e censure, se non addirittura all'allontamento da Cosa Nostra. Un boss che lascia la moglie viene «posato». La regola non è stata inventata per vocazione femminista. La logica è un'altra: una donna tradita può cercare la vendetta denunciando l'uomo fedifrago e tutti i suoi amici. Nel caso dell'adulterio matrimoniale, poi, il rischio sarebbe doppio perché il pericolo può venire dalla moglie e dall'amante che vorrebbe prenderne il posto. Per questo i matrimoni vengono seguiti con molta attenzione e spesso sono al centro di investigazioni. Un tempo accadeva a Palermo che i genitori di due «promessi sposi» prendessero le dovute informazioni sulle rispettive famiglie: origini, appartenenza, ascendenze e discendenze. Insomma l'amore non bastava. E' illuminante la storia di Giu¬ seppe Marchese. Il giovane, prima di «pentirsi» era stato precocissimo uomo d'onore. Affiliato a soli 17 anni, imparò presto le regole di Cosa Nostra. Era amico di Salvatore Maniscalco ed assistette alla sua rovina, quando Cosa Nostra lo «posò» perché troppo interessato alle donne ed al gioco. Marchese era tutto casa e «famiglia»: l'unica cosa che gli provocava apprensione era Rosaria. La conosceva da quando aveva 13 anni, voleva sposarla ma c'era un problemino. I genitori di lei erano separati: gli anziani glielo dissero chiaro che quella famiglia non era per lui. Come fare? Il fratello di Giuseppe un'idea se la fece venire: uccidiamo il padre e tutto si risolve. La figlia di una coppia separata non avrebbe potuto sposarla, ma un'orfana sì. Quante tragedie nella vita delle mogli dei boss. Concetta Di Benedetto morì a Catania a 53 anni. Si prese due palle in testa. Avrebbero preferito piantarle sulla faccia del marito, Pippo Di Mauro detto «Puntina», ma quello non usciva spesso. In quel caso si capovolse il rituale della tragedia mafiosa: il primo ad accorrere sul cadavere della moglie fu il «Puntina» e pianse, si disperò e maledì gli assassini. Si disperò anche un altro boss, Pippo Alleruzzo, quando un killer lo rese vedovo sparando una fucilata contro Lucia Anastasi, vero e proprio temperamento da capo. La lista potrebbe essere molto lunga. Eppure accade raramente che la donna del boss abbandoni il marito quando questi è in difficoltà. Ogni padrino che si rispetti viene sorpreso sempre accanto alla moglie. Giacoma Gambino cadde accanto a Giuseppe Sirchia, quando la nuova mafia decise di saldare il conto ad un vecchio troppo invadente. Furono finiti dentro un'auto ferma davanti all'Ucciardone, il boss era in semilibertà e stava per rientrare in cella. Francesca Citarda, moglie di Giovanni Bontade, invece non si accorse di nulla. Andò ad aprire, vide due divise da carabiniere e li fece entrare. «Vado a fare il caffè», disse al marito che ignaro andava incontro agli assassini. Una scarica di piombo la fece cadere in cucina. Giovanni glielo massacrarono accanto. Francesco La Licata Pronte anche a perdonare le «scappatelle» dei mariti Costrette a seguirli nella clandestinità o a morire con loro NsCdPc Ninetta Bagarelia (a sinistra con la figlia Concetta) è la moglie di Riina. Sotto, Bernardo Provenzano, sposato con Saveria Palazzolo A destra Carmela Minniti, moglie di Nitto Santapaola. Sopra, Giuseppe Marchese, compagno di Concetta Di Benedetto

Luoghi citati: Catania, Corleone, Palermo