«Don Totò, pensateci voi»

«Don Telo, pensateci voi» «Don Telo, pensateci voi» Decine di lettere a Riina in cella APPELLI AL PADRINO PPALERMO ROPRIO come ogni personaggio celebre Totò Riina riceve in carcere un gran numero di lettere. Ogni volta scatta la censura, prevista per tutti i detenuti particolarmente pericolosi. La posta indirizzata al boss dei boss di Cosa Nostra catturato in gennaio dopo 23 anni di latitanza viene quindi regolarmente girata al procuratore della Repubblica Gian Carlo Caselli. Il presidente della corte d'assise di Palermo che sta giudicando il capo della mafia per alcuni processi su gravi delitti, Gioacchino Agnello, ha dato notizia nell'aula-bunker di aver trasmesso alla procura alcuni messaggi, fra i quali un telegramma, indirizzati all'Ucciardone a Riina. Il telegramma è firmato da una donna. Il testo esorta Riina «a intervenire» con i magistrati perché «qui le cose vanno male». Naturalmente gli inquirenti si domandano se il nome in calce al telegramma sia autentico e se l'invito a Riina a «pensarci lui» sia veritiero o non si tratti piuttosto di una mistificazione: per far credere che c'è gente pronta ancora a rivolgersi alla mafia per ottenere giustizia. Si indaga anche per risalire a Sergio Senistru, autore di un volumetto di poesie spedito con dedica a Riina. In una delle odi intitolata «Carnevale» (un'allusione al giudice Corrado Carnevale?) è scritto fra l'altro: «Al tempo in cui i leoni ridevano travestiti da pecore, viva le pecore!». L'avvocato Nino Mormino, uno dei difensori del boss, ha detto: «Non ne so proprio niente. Quando lo vedrò, gli chiederò notizie in proposito». La posta indirizzata a Riina viene bloccata negli uffici della direzione e consegnata all'autorità giudiziaria quando una sola parola sembra possa sottintendere qualcosa di sospetto. «Per far scattare la censura, può bastare una sola virgola», ha spiegato uno dei giudici della procura della Repubblica che si occupano di mafia. Intanto, dopo la protesta inscenata dai detenuti dell'Ucciardone martedì pomeriggio e durata due ore, che aveva fatto scattare nella prigione sovraffollata il dispositivo di emergenza, Totò Riina è stato trasferito d'urgenza nel carcere di Rebibbia a Roma. Qui era stato rinchiuso dopo la cattura il 15 gennaio. C'è il dubbio che la protesta (oggetti metallici sbattuti contro le inferriate, urla, striscioni con slogan che reclamavano minor rigidità nell'applicazione del regolamento car- cerario), l'altro ieri a poche ore dall'arresto nel Calatino di Nitto Santapaola, sia stata organizzata per favorire proprio il trasferimento di Riina. Il capo delle cosche siciliane e numero uno del clan dei corleonesi, data la sua impossibilità ad assistere alle udienze essendo stato trasferito da Palermo, otterrà necessariamente il rinvio dei dibattimenti in cui è imputato qui. E' una strategia del boss quella di scegliere i «tempi lunghi» dei giudizi a suo carico? Già dopo la cattura, durante la sua prima detenzione quest'inverno nel carcere di massima sicurezza a Roma, mentre all'Ucciardone venivano realizzati alcuni ambienti a prova di bomba destinati a lui, Riina si era visto rinviare più volte i processi sulle vendette trasversali e sull'omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e dell'insegnante ele¬ mentare Filippo Costa. Questi ultimi furono assassinati da un commando la sera del 20 agosto 1977 mentre erano in villeggiatura con i familiari nel bosco della Ficuzza a nove chilometri da Corleone. In questo processo Riina è imputato assieme al fratello della moglie Leoluca Bagarella, Michele Greco, Bernardo Provenzano e Pino Greco, detto «Scarpuzzedda», quasi certamente morto per «lupara bianca». Per il duplice omicidio Russo-Costa, dopo le dichiarazioni rese a suo tempo da Tommaso Buscetta, sono stati condannati all'ergastolo i pastori Salvatore Bonello e Vincenzo Mule, e a 26 anni Casimiro Russo. Gli altri, Riina in testa, sono stati accusati in un secondo tempo da Francesco Marino Mannoia e rinviati a giudizio per un ulteriore processo. Da lunedì a giovedì prossimi i giudici della corte d'assise di Palermo si trasferiranno in Germania per un supplemento di indagini alla ricerca della completa verità sull'uccisione di un pentito e dei congiunti di altri due collaboratori della giustizia. Antonio Ravidà Tra la corrispondenza anche telegrammi e poesie con dedica La magistratura indaga sui mittenti Totò Riina riceve in carcere lettere che lo invitano a intervenire per «salvare l'Italia»

Luoghi citati: Corleone, Germania, Italia, Palermo, Roma