«Santapaola irrigava i campi per noi» di Fabio Albanese

£ Parlano i titolari del fondo dove è stato bloccato il boss, da ieri trasferito in Lombardia £ Parlano i titolari del fondo dove è stato bloccato il boss, da ieri trasferito in Lombardia «Santapaola irrigava i campi per noi» Starà una settimana in isolamento Nessun capo d'accusa per la moglie CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Non sapevamo chi fosse. Per noi era il signor Santo Boncompagno, che avevamo assunto un mese fa come fattore». Si difendono così davanti ai carabinieri Carmelo e Maurizio Boninelli, padre e figlio, titolari del fondo di Granieri dove è stato arrestato Nitto Santapaola. Per i due, che hanno alcuni precedenti penali, ieri è stato confermato l'arresto, così come per il vero Santo Boncompagno, il bidello titolare della carta d'identità che il boss esibiva, sfruttando una notevole rassomiglianza. Sono tutti accusati di associazione mafiosa. Al giudice, Carmelo Boninelli ha poi detto di aver dato questa versione al figlio ed ha aggiunto: «Sapevo che non era così, ma non immaginavo che potesse essere Santapaola». Gli investigatori adesso stanno accertando eventuali rapporti dei Boninelli, che vivono a Lentini, con il boss locale Sebastiano Nardo, alleato di Santapaola. Il boss catanese si troverebbe adesso in un carcere di massima sicurezza della Lombardia. Il numero due di Cosa nostra per una settimana resterà in isolamento: non potrà vedere nessuno né potrà presenziare ad alcun processo, neanche come testimone. I magistrati di Catania per il momento gli han- no notificato il solo reato di detenzione illegale d'arma, per la pistola che gli è stata trovata sul comodino al momento della cattura. Ma i giudici di mezza Sicilia dovranno consegnargli nove ordini di custodia cautelare per reati che vanno dall'associazione mafiosa, all'omicidio, al traffico di stupefacenti, alle rapine; oltre ai provvedimenti di condanna: l'ergastolo per la strage della circonvallazione di Palermo dell'82, 10 anni per la rapina miliardaria alle Poste centrali di Catania, all'inizio degli Anni 80, quattro anni e quattro mesi per associazione mafiosa. Negli uffici della questura, dove è rimasto per una decina di ore, Santapaola ha solamente espletato le formalità di rito e ha visto uno dei suoi due difensori, l'avvocato Armando Veneto, che ora dice: «In otto anni che curo i suoi interessi, i contatti sono sempre avvenuti tramite i familiari; in particolare con la moglie e con i figli». Contro Carmela Minniti, la moglie del capomafia rilasciata poche ore dopo l'irruzione nel casolare di Granieri, non esiste alcuna accusa. La signora Santapaola è stata accompagnata nell'abitazione di famiglia, al 15 di via De Chirico, una traversa di via Sgroppino, alla periferia Nord della città, dove vivono anche i tre figli. Ma per tutta la giornata di ieri porta e finestre di casa sono rimaste sbarrate. I Santapaola occupano un appartamento di una piccola palazzina a tre piani. Tutte le aperture sono protette da inferriate. Chi risponde al citofono, una voce matura di donna, ripete che «la signora non è in casa, e in clinica perché è molto malata». Silenzio anche in via Vecchia Ognina, dove abita la famiglia del fratello maggiore di Nitto Santapaola, Salvatore, arrestato il 16 ottobre scorso. E' quello il quartiere degli interessi di famiglia: i bar, ì negozi e, una volta, le concessionarie di automobili. E' la zona-bene di Catania, tra corso Italia, viale Libertà, viale Vittorio Veneto. A pochi metri da quella casa, che adesso sembra chiusa, c'è anche quel viale Jonio che gli inquirenti dicono essere centrale per le attività dei Santapaola. Lì c'è la rimessa di Salvatore Faro, arrestato lo scorso 18 dicembre assieme ai due figli maschi di Santapaola, poi rilasciati, e ad altre persone. Secondo i giudici della Dia, in quel garage avvenivano gli incontri per pianificare le attività della cosca. Qualcuno dice che lì si è visto pure il «Malpassotu», il braccio destro di Santapaola Giuseppe Pulvirenti, l'ultimo latitante catanese di rango. Un fatto è certo: una volta quella era l'officina della Pam Car, la concessionaria Renault attraverso la quale, alla fine degli Anni 70, il boss intratteneva cordiali rapporti con i migliori ambienti della città. A poche decine di metri, in piazza Europa, c'è anche il bar Epoca, un elegante ritrovo che lo scorso anno è stato posto sotto sequestro assieme al «gemello» di corso Sicilia, nel centro finanziario della città. Appartengono entrambi a Francesco Mangion, cognato del boss. Ora sono in amministrazione controllata con altri beni, 18 mibardi, di proprietà anche di un altro cognato di Santapaola, Giuseppe Ercolano, e di Sebastiano Cannizzaro: negozi di abbigliamento in via Etnea, una fabbrica di confezioni, una concessionaria di auto, una ditta di costruzioni, una di trasporti, una profumeria, appartamenti, automobili di lusso. Il «regno» che per anni ha fatto dire ai catanesi «è di Santapaola» ogni qual volta si apriva un nuovo negozio. Adesso in città tutti dicono «era ora». Lo dice anche Mario Busacca, procuratore aggiunto, che riconosce: «Forse si poteva prendere prima, se ci fossero state le condizioni». Lo dicono perfino nell'antico San Cristoforo, il degradato quartiere dove «il Cacciatore» è nato ed ha cominciato la sua carriera criminale. Ma in questa città non c'è solo chi festeggia: in tanti sono presi da forti timori, dalla paura che il boss parli. Coinvolgendo tutte quelle persone che per anni gli hanno garantito l'impunità o con lui hanno fatto affari. Fabio Albanese £ Nitto Santapaola viene condotto in questura dopo l'arresto

Luoghi citati: Catania, Lentini, Lombardia, San Cristoforo, Sicilia